Tranquillo Cremona, Attrazione, 1874
Sbirciando e sfogliando tra libri vecchi, smussati e polverosi di una bancarella del mercatino, mi è capitato tra le mani un libro del 1955, di piccole dimensioni e ancora incartato con una carta trasparente. Leggo il titolo I poeti minori dell’Ottocento a cura di Ettore Janni volume secondo. Poesia della Patria ed eredità del Risorgimento. Rizzoli Editore e decido di prenderlo, perchè lo trovo proprio giusto per approfondire il mondo degli affetti e dei sentimenti, nell'ambito del Risorgimento, di cui parlo nel mio libro Addio mia bella addio…La storia del Risorgimento tra parole, immagini e musica che a giorni uscirà.
Lo sfoglio e leggo due poesie di Francesco Dall’Ongaro, (Mansuè di Oderzo, 1808 – Napoli, 1873), patriota, letterato, combattente, poeta e giornalista. Sono l’espressione più tipica dell’amore romantico-risorgimentale e le faccio mie.
Mi soffermo poi su una frase, mentre ne scorro la biografia, e decido di riportarla dato che invita a riflettere:
Un giorno che Cavour gli domandò:-Come mai, signor Dall’Ongaro, lei ha lasciato la politica per gli affari?-, il poeta rispose:- Lei sa che vi sono affari tanto grandi da diventare politica e politica tanto piccola da diventare affare-.
Amore
Quando io ti vidi, e l’aura
il suon della tua voce a me portò,
quando i tuoi rai mi volsero
quel primo sguardo che obliar non so,
quando la man, che trepido
ti strinsi, trepidò nella mia mano,
e il tuo secreto palpito
mi palesò ch’io non t’amava invan,
allor, diletta, parsemi
che alle mie ciglia fosse tolto un vel:
più bello il mar, più florida
vidi la terra, e più sereno il ciel.
Amor fremevan l’aure,
amor le piante e gli animali amor;
e da ogni parte un cantico
sorger parea che mi beasse il cor.
Aperto avrei le braccia
al mio nemico, e l’avrei stretto al sen:
felice era, e partecipe
l’universo io volea d’ogni mio ben.
L’alba e la sera
Voi siete l’alba ed io sono la sera,
crepuscoli ambedue di questa vita:
la vostra luce è limpida e sincera,
la mia è nubilosa e scolorita.
Voi siete una speranza lusinghiera,
io la memoria d’un’età fuggita.
Deh! Che disdetta che non sia concesso
ritrovarci una volta al punto istesso,
e nell’ora fugace che m’avanza
riunir la memoria e la speranza!
Ahi! Per noi non ritorna primavera!
Voi siete l’alba, ed io sono la sera!
Tranquillo Cremona (Pavia, 1837 – Milano, 1878)