domenica 31 ottobre 2010

Amore: Voi siete l’alba ed io sono la sera


                                                    Tranquillo Cremona, Attrazione, 1874


Sbirciando e sfogliando tra  libri vecchi, smussati e polverosi di una bancarella del mercatino, mi è capitato  tra le mani un libro del  1955, di piccole dimensioni e ancora incartato con una carta trasparente. Leggo il titolo  I poeti minori dell’Ottocento a cura di Ettore Janni volume secondo. Poesia della Patria ed eredità del Risorgimento. Rizzoli Editore e decido di prenderlo, perchè lo trovo  proprio giusto per approfondire il mondo degli affetti e dei sentimenti, nell'ambito del  Risorgimento,  di cui parlo nel mio libro Addio mia bella addio…La storia del Risorgimento tra parole, immagini e musica che a giorni uscirà.
Lo sfoglio e leggo due poesie di Francesco Dall’Ongaro, (Mansuè di Oderzo, 1808 – Napoli, 1873), patriota, letterato, combattente, poeta e giornalista.  Sono l’espressione più tipica dell’amore romantico-risorgimentale e le faccio mie.
Mi  soffermo poi su  una frase, mentre ne scorro la biografia, e decido di riportarla dato che invita a riflettere:
Un giorno che Cavour gli domandò:-Come mai, signor Dall’Ongaro, lei ha lasciato la politica per gli affari?-, il poeta rispose:- Lei sa che vi sono affari tanto grandi da diventare politica e politica tanto piccola da diventare affare-.


Amore

Quando io ti vidi, e l’aura
il suon della tua voce a me portò,
quando i tuoi rai mi volsero
quel primo sguardo che obliar non so,

quando la man, che trepido
ti strinsi, trepidò nella mia mano,
e il tuo secreto palpito
mi palesò  ch’io non t’amava invan,

allor, diletta, parsemi
che alle mie ciglia fosse tolto un vel:
più bello il mar, più florida
vidi la terra, e più sereno il ciel.

Amor fremevan l’aure,
amor le piante e gli animali amor;
e da ogni parte un cantico
sorger parea che mi beasse il cor.

Aperto avrei le braccia
al mio nemico, e l’avrei stretto al sen:
felice era, e partecipe
l’universo io volea d’ogni mio ben.


L’alba e la sera

Voi siete l’alba ed io sono la sera,
crepuscoli ambedue di questa vita:
la vostra luce è limpida e sincera,
la mia è nubilosa e scolorita.
Voi siete una speranza lusinghiera,
io la memoria d’un’età fuggita.
Deh! Che disdetta che non sia concesso
ritrovarci una volta al punto istesso,
e nell’ora fugace che m’avanza
riunir la memoria e la speranza!
Ahi! Per noi non ritorna primavera!
Voi siete l’alba, ed io sono la sera!



Tranquillo Cremona (Pavia, 1837 – Milano, 1878)