Con l’inizio
dell’anno scolastico si ripropongono gli annosi problemi della scuola che la rendono sempre più instabile. L’abbandono scolastico è uno dei più gravi e ci obbliga ogni anno a riparlarne
tra amarezze e possibili rimedi. Ogni volta che un ragazzo abbandona la scuola
apre una ferita all’interno della società non rimarginabile. Accanto a
problemi, quali: il precariato, la mancanza di personale, specialmente per il
sostegno, l’assegnazione delle cattedre, e tanti altri, la dispersione si pone in tutta la sua
gravità e ci obbliga a riflettere su come intervenire. Interventi e progetti
vengono effettuati ma risultano del tutto insufficienti visto che il problema permane e investe essenzialmente le zone più
disagiate. Quali sono i motivi che spingono i ragazzi all’abbandono?. Innanzitutto
la loro fragilità, specialmente nella
fase adolescenziale, la scarsa considerazione che hanno della scuola, non supportata dalla
famiglia, la poca fiducia nelle proprie capacità, il guadagno
apparentemente veloce che miete
costantemente vittime, a beneficio della strada. I ragazzi purtroppo, sono
facili prede, e affascinati dall’apparire, sono facilmente aggirabili con false
chimere; la formazione delle baby gang e
il fenomeno del bullismo lo dimostrano. Il problema diventa sempre più
preoccupante dato che, nonostante l’impegno di volontari, degli insegnanti e di
progetti mirati, non si riesce ad arginarlo. Perdere un ragazzo, è uno smacco
per l’intera società, un fallimento, poiché
dimostra la nostra incapacità di trattenere i ragazzi nelle aule per un adeguato processo di educazione e di formazione. È chiaro, che la gravità del
problema richiede un impegno collettivo, attivo e costantemente partecipato.
Sul piano educativo, limitare il numero degli studenti per classe, potrebbe
aiutare, specialmente nel biennio. Sul piano didattico, bisogna rivedere
programmi e metodologie, individuando strumenti e strategie capaci di suscitare in ogni discente interesse e
curiosità, uscire dai testi e lasciare che il pensiero navighi libero da
coercizioni programmatiche; ce lo suggeriscono gli stessi ragazzi quando dicono
che non sono interessati, che si annoiano. Sul piano personale bisogna che acquistino
fiducia e autostima, fondamentali per credere nelle proprie capacità e operare
scelte critiche e consapevoli. È necessario che la scuola dia loro sicurezza e speranza; che li renda
artefici di se stessi nel ruolo di protagonisti,
in cui il sapere diventi saper fare, con la libertà di inventare, di creare e di modellare le proprie conoscenze secondo i
propri interessi; che li guidi al corretto utilizzo degli strumenti della comunicazione; che usi
la sinergia dei linguaggi espressivi aprendo
loro il mondo della “bellezza”, attraverso
la musica e le arti.
Educhiamoci ad
educare! Questo deve essere il nostro slogan.
Famiglie,
istituzioni, l’intera società è chiamata a rispondere delle proprie responsabilità. Il
dialogo deve vincere sul silenzio e diventare un punto di convergenza per l’ascolto,
per un’analisi circostanziata dei fenomeni negativi che investono i ragazzi,
per confrontarsi, uscire dal proprio isolamento e operare cambiamenti e
riforme, frutto dell’esperienza di chi vive
dal di dentro la vita scolastica nelle sue problematiche quotidiane, e non calate dall’alto, col rischio che il
tutto risulti fallimentare. Bisogna assolutamente allontanare i ragazzi dalla noia e dalla
solitudine, dare loro certezze e l’affettività
di cui hanno bisogno, una speranza che li
tiri fuori dal guscio che li separa dal contesto sociale, il senso di appartenenza, di comunità in cui i
valori della vita prendano forma e aprano i loro occhi ai valori planetari,
senza rifiuti e distinzioni. È necessario che nella società e in particolare
nelle scuole, gli adulti si interroghino sul proprio agire e retrocedano
consapevolmente da comportamenti sbagliati e violenti che in prospettiva si
riflettono sui ragazzi. Ognuno a scuola deve riprendere il proprio ruolo e dare in
concreto un pieno significato alle parole “regole”, “dignità” e
“rispetto”, sia a livello individuale che collettivo e contro ogni forma
di violenza e di prevaricazione riconoscere alla cultura il suo ruolo storico e
alla scuola l’alveo capace di assicurare un domani a tutti. Contro le
incertezze devono prevalere: la passione all’insegnamento, l’impegno e la dedizione,
realizzabili solo con tenacia e volontà e
con progetti finalizzati al recupero, la
cui completa vittoria non sarà la lode del primo ma il ritorno e l’inserimento dell’ultimo. Al
punto in cui siamo, il compito non si presenta né facile né immediato, dobbiamo tuttavia agire e ai ragazzi che si
allontanano dobbiamo offrire serietà, impegno e la vicinanza dell’intera
società. Ma per operare in modo costruttivo e finalizzato, non bastano gli sforzi
individuali e collettivi che sebbene elogiabili, risultano insufficienti a durare
nel tempo se le Istituzioni non prendono in cura la scuola, restituendole
l’”autorità” dovuta e intervenendo con un costante impegno economico e con
finanziamenti a largo raggio, nella piena e convinta consapevolezza che
investire in cultura è la più grande
ricchezza del nostro paese sia nel presente che in una prospettiva futura e che
il valore della scuola deve essere anteposto a qualsiasi investimento in altri
settori, perché la cultura è un’arma
insostituibile contro ogni forma di prevaricazione ed è l’unica e vera base di ogni società in progress.
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