lunedì 17 giugno 2019

Il “Gioco della civetta” restaurato grazie ai bambini di Friends of Florence


 Gioco della Civetta

È stata presentata nel Giardino di Boboli la statua in marmo bianco raffigurante “Gioco della Civetta” di Giovanni Battista Capezzoli, restaurata grazie al contributo di Friends of Florence. L’intervento è stato eseguito sotto la direzione di Alessandra Griffo dalla restauratrice Miriam Ricci ed è stato reso possibile grazie al dono dei bambini del Florence Chapter della Fondazione.
“Inaugurare questo restauro è per noi motivo di grande orgoglio, perché questo è il primo progetto sostenuto dai piccoli Friends of Florence – sottolinea la Presidente Simonetta Brandolini d’Adda - Esso rappresenta il futuro non solo della nostra Fondazione, ma anche l’opportunità di proseguire nella nostra missione ossia di conservare per le future generazioni l’importante patrimonio artistico di Firenze e della Toscana”.
“Gli interventi sulle sculture del giardino sono molto importanti - aggiunge il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt – perché insieme al meraviglioso patrimonio arboreo e floreale di Boboli costituiscono l’anima di questo unico parco mediceo”.



L’opera
Commissionata intorno al 1775 dal Granduca Pietro Leopoldo, l’opera doveva sostituire un originale in pietra che all’epoca versava in pessimo stato conservativo. L’opera è collocata tra il “Prato delle Colonne” e l’ingresso di Porta Romana all’interno del Giardino di Boboli davanti al gruppo dei Caramogi di Tomolo Ferrucci del Tadda. In origine la statua prevedeva tre figure, ma oggi sono presenti solo due sculture in marmo bianco.



L’intervento di restauro
Quando fu deciso il restauro, l’opera presentava sulle sue superfici alghe, muschi e licheni, macchie nere di origine biologica, fenomeni di decoesione della struttura cristallina e erosioni di alcune zone in aggetto, dovute alla particolare esposizione agli agenti atmosferici all’interno del giardino (pioggia battente, umidità, caldo e gelo). Dopo un’accurata verifica della resistenza superficiale e della solidità strutturale, l’intervento di restauro, condotto da Miriam Ricci, è stato realizzato rimuovendo le polveri a secco con aspirazione meccanica e mediante pennelli morbidi. Si è poi  proceduto a una pulitura con acqua demineralizzata utile per asportare le patine biologiche presenti in superficie. Una volta eseguita questa fase, sono stati effettuati cicli di applicazioni di benzalconio cloruro con successivi risciacqui e spazzolature per la totale asportazione di alghe muschi e licheni ed è stato effettuato poi un trattamento per prevenire la formazione ulteriore e futura di tali strati. Sono inoltre state rimosse le vecchie integrazioni in stucco dei perni e sono state sostituite da nuove stuccature più idonee alla superficie originale.

Comunicato stampa

domenica 2 giugno 2019

I tesori di Gerace

Cattedrale, cripta greco-bizantina


Viaggiando nella Locride si entra nel cuore della Magna Grecia. Ogni angolo  è storia, arte e cultura. Reperti archeologici, necropoli bizantine, chiese e monumenti ne indicano gli stili artistici e architettonici e ci riportano a un passato, importante crocevia di culture. Uno dei centri più importanti della Locride è Gerace, città d’arte e città santa perché i suoi monumenti sono espressione di stili e di spiritualità: Gotico, Bizantino, Normanno e Romanico, riti latini e riti ortodossi.  Gerace, in provincia di RC, sorge su una rupe a circa 500 m.l.s., limitata da ogni lato da pareti rocciose e scoscesi erbosi. Storicamente il territorio, come dimostrano le tracce in esso rinvenute,  era già frequentato in  epoche antichissime, ma il nucleo abitativo iniziò a svilupparsi intorno al VII sec. d.C. quando la vicina Locri Epizephiri,  iniziò a spopolarsi a causa delle incursioni saracene. L’abitato presenta un tessuto urbanistico medievale, diviso in Borgo (parte bassa), Borghetto (parte intermedia) e Centro (parte alta). Il castello normanno, i balconi artistici, i pregevoli portali e le chiese indicano un passato importante. L’ inglese Edward Lear, viaggiatore, scrittore e illustratore nel 1847 visitò Gerace e molti centri del reggino e nel suo diario descrisse Gerace: « Piena di palazzi bellamente situati, posta su uno stretto margine di roccia [...] Meravigliati da tanti panorami che si presentano da ogni lato; ogni roccia, Santuario o palazzo a Gerace sembravano essere sistemati e colorati apposta per gli artisti... » ( Diario di un viaggio a piedi,1847). L’arte della tessitura e la lavorazione dell’argilla e della ceramica richiamano l’antico artigianato greco.  La Cattedrale, costruita dai Normanni tra il 1080 e il 1120 in stile romanico-normanno è orientata, secondo lo stile bizantino, con le absidi a oriente e l’ingresso a occidente. È dedicata a Maria Assunta, ed è il più grande tempio antico della Calabria.  Ogni elemento della costruzione stupisce, notevoli sono  i capitelli in stile corinzio-asiatico. L’ altare, consacrato dal Vescovo GianCarlo Maria Brigantini e dal metropolita Grecoortodosso Mons. Spiridione il 9 luglio 1995 in occasione del 950° anniversario della prima consacrazione della Cattedrale,  è molto interessante e cattura l’attenzione, perché  è il primo altare dopo la separazione delle due Chiese avvenuta nel 1054, ad essere consacrato da due Vescovi con riti diversi. L’altare è dedicato all’unità della Chiesa, come si può rilevare dalle due scritte, in greco e in latino “INA OSIN EN-UT UNUM SINT”. La parte più antica della Chiesa è rappresentata dalla Cripta greco-bizantina, ricavata in parte nella roccia e costruita probabilmente su un antico oratorio bizantino. Le colonne di varia natura e origine sorreggono volte a crociera del IX  e X sec.  Il tesoro della Cattedrale  conserva oggetti liturgici molto preziosi e tra questi una Croce reliquiario del XII sec. in filigrana con zaffiri e smeraldi. Secondo la tradizione fu il Vescovo Atanasio Calceopylo a portarla da Costantinopoli nel XV sec. Secondo altri studiosi probabilmente dono di Ruggero II alla Cattedrale, proveniente da una bottega orafa di Gerusalemme.
Gerace. La chiesetta bizantina di San Giovannello  


La chiesa di San Francesco d’Assisi, costruita intorno alla metà del XIII secolo, da San Daniele, compagno di San Francesco, è tra i maggiori esempi di stile gotico della Calabria. Sulla facciata si apre un bel portale gotico acuto a triplice archivolto intagliato, ricamato con delicati fregi e motivi geometrici di stile arabo-normanno. La facciata è arricchita da una modanatura, da diversi capitelli e da una svastica raffigurante il sole che, nella simbologia orientale, rappresenta l'eternità.
Il fastoso altare maggiore seicentesco della Chiesa di San Francesco, in marmi policromi intarsiati, costituisce una delle più alte espressioni  del barocco calabrese.
Sulla stessa piazza, detta delle tre chiese, si erge la Chiesa di San Giovanni Crisostomo (o di San Giovannello), un piccolo edificio costruito nel secolo XI  che mantiene ancora oggi la funzione di chiesa con rito greco-ortodosso. L’atmosfera che vi si respira è di profonda spiritualità. Dal 1993, la Chiesa è stata affidata al Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli e nel 1997 è stata elevata a Santuario ortodosso panitalico.

Cattedrale di Gerace


Provenendo dalla marina si entra a Gerace dove ai fianchi della strada si possono vedere le botteghe artigiane scavate nel tufo; proseguendo si attraversano le monumentali: Porta del Borghetto, Porta delle Bombarde, Porta dei Vescovi e si arriva al Baglio e al castello normanno del XII sec.  Passeggiando per le strade semideserte se ne respira la storia, c’è molto silenzio come se il tempo passato avvolgesse col suo manto  il presente e si ha la sensazione  che tutto preferisca vivere nella memoria trascorsa di un tempo arabo, normanno o bizantino, ma solo una sensazione. Gerace, come altri luoghi della Locride, è un posto magico che emoziona e stupisce con la  sua storia. Il paesaggio che si gode dall’alto è stupendo quasi a voler celarne l’abbandono ma al contempo un invito a riportare questi luoghi all’antico splendore. Forse la forza e la volontà dei giovani ci riusciranno ma l’intervento economico richiede uno sforzo che al Sud non si può più negare, perché la Locride conserva tesori inestimabili che chiedono aiuto per ritornare a vivere. Intanto la natura ammanta con profumi e colori che ammaliano ogni visitatore e il gelato, enorme,  è buonissimo. L’invito a ritornare è palpabile e  sempre più pressante, e varcando la porta verso l’uscita, lo sguardo ritorna indietro e si porta con sé oltre ai magnifici scatti, la voce di scrittori e poeti, di miti, la dolce atmosfera di un territorio capace di dare emozione ad ogni angolo per ciò che è stato, per ciò che è, per ciò che chiede di essere  ancora.