mercoledì 25 gennaio 2012

Perché mai si dimentichi



Nel giorno della memoria, a tutti i popoli che hanno conosciuto e che vivono la follia dell’uomo



Al loro ricordo:


attanaglia il freddo sotto la doccia, il gelo di notte, il caldo d’estate, il cibo che non hanno mai mangiato, la paura di Jona e le strisce di un pigiama, l’orizzonte col filo della morte, la musica struggente del pianista, la difesa del proprio figlio.









Atterrisce il colore grigio del fumo che offusca il cielo, il sibilo sinistro del treno,  l’aguzzino pronto a colpire.





Angosciano le lacrime di una donna senza più amore, il pianto del bimbo che cerca un seno, il ventre asciutto e le mammelle prematuramente avvizzite, la violenza perpetrata,  l’odore nauseante  che annebbia la mente,  il silenzio che atterrisce,  il buio di luoghi senza fine, una forca immonda.




Forca nel campo di Theresienstadt

Vedendo e ricordando, forse ognuno si chiede se il ricordo è lezione. Il dubbio che assale è feroce, sono ancora pochi a credere perché sono ancora molti gli uomini  e i popoli a morire.

Da un viaggio con gli studenti
Foto di Ale

Per scritti correlati al giorno della memoria, vedi su questo blog:


-mercoledì 26 gennaio 2011:
Perché nulla sia dimenticato…c’è un paio di scarpette rosse

-giovedì 27 gennaio 2011:
Con Primo Levi, perché nulla si dimentichi

vedi www.tellusfolio.it: Sezione - Scuola Laboratorio:
-24 gennaio 2009: Sul “Giorno della Memoria”. Riflessione per non dimenticare; 30 gennaio 2009: Ricordando con Joyce Lussu la Shoah;27 gennaio 2009: Ricordando con Primo Levi l’orrore dell’Olocausto nazifascista degli ebrei;

www.tellusfolio.it: Diario di bordo:
-27 gennaio 2007 TEREZIN: frammenti di vite in attesa dello sterminio


Anna Lanzetta

lunedì 23 gennaio 2012

La pittura come metafora: "La zattera della Medusa"




Thèodore Gèricault (1791-1824) La zattera della Medusa 1818-1819
Louvre, Parigi

L’arte è il linguaggio più immediato per raccontarci un avvenimento, perché capace di coglierne il momento cruciale. Tale è "La zattera della Medusa", una tela di grandissime dimensioni in cui il pittore Gèricault racconta un fatto di cronaca che sconvolse l’opinione pubblica: la tragica vicenda di una fregata francese dispersa al largo delle coste africane e il naufragio dell’equipaggio.

L’arte non ha età e il dramma umano si riflette oggi nella luttuosa vicenda della nave Costa Concordia.

Il pathos segna il volto dei naufraghi. La morte si legge nell’abbandono dei corpi aggrovigliati e nelle nudità disfatte in una luce livida. Il movimento ascensionale dispiega in modo realistico la disperazione di chi sente la morte e la speranza di chi cerca la vita; un senso forte di abbandono, un grido di aiuto sotteso, che il pittore accentua con l’uso di toni molto scuri, in contrasto coi toni giallo-bruni.

La tempesta è, ieri come oggi, simbolo della negligenza umana, di chi non fa dovutamente i conti con la responsabilità che porta.

L’opera è il riflesso di una bolgia dantesca in cui l’uomo precipita inconsapevolmente come le acque un tempo cristalline oggi macchiate di morte, di rabbia, di stupore, di curiosità…

Gèricault per dipingere i corpi, condusse uno studio dal vero, impiegando modelli e amici, e lo stesso Delacroix, suo amico, si rese disponibile, ma il quadro che si presenta oggi ai nostri occhi non ha bisogno di modelli, i corpi sono reali e sui volti si legge la paura e il timore di chi ce l’ha fatta e lo strazio per chi è stato inghiottito per sempre.

Anna Lanzetta









martedì 17 gennaio 2012

L'Apocalisse della vita




Caspar David Friedrich, Mare di ghiaccio,1823-1824, Kunstalle, Amburgo

La tragedia della nave "Costa Concordia" incagliata davanti all’isola del Giglio, passa costantemente in immagini davanti ai nostri occhi e ne rimbomba l’eco nelle nostre orecchie. Il disastro è immane e ci colpisce nel profondo, generando risentimento e rancore.

Le acque cristalline del Giglio si sono macchiate di morte, di lutto, di lamenti, di dolore. Uomini, donne e bambini hanno vissuto l’Apocalisse della vita per un errore umano, come si dice, che forse si poteva evitare. Nessun commento al momento se non il freddo che annichilisce ogni pensiero e muta in rabbia ogni sentimento.

Quella nave enorme, grandissima nei suoi apparati, naufragata, è l’immagine dell’Italia, portata alla deriva da chi non ha saputo o non ha voluto vedere per anni, il burrone in cui stava precipitando, di chi ha giocato impunemente con le nostre vite, con promesse che hanno fatto poi esplodere la verità, in tutta la sua gravità, nelle mani di chi oggi sta tentando l’impossibile.

Come la nave di Friedrich, (la speranza), naufragata nella spedizione polare, simboleggia il naufragio delle speranze della Germania, durante la Restaurazione, la tragedia della Costa Concordia rappresenta il crollo delle nostre speranze e speriamo non ripetibile e non per sempre.

Anna Lanzetta

lunedì 9 gennaio 2012

Salerno: L’arrembaggio al treno del 5 gennaio





Il treno sarebbe partito alle 20.15 e noi eravamo già in stazione alle 19.20.

Andate prima, ci sarà molta gente! Ma mai ne avrei immaginato tanta.
Sarà stata la luminaria che attira ogni giorno grandi moltitudini, sarà stato l’inizio dei saldi ma quando alle 20.15 è arrivato il treno c’è stato un vero arrembaggio. Una sola vettura, e non si sa di preciso di che epoca, per un folla, che come noi si è precipitata per salire. Ma la vettura, unica, non era sufficiente e molti sono scesi, anche perché parte della famiglia non ce l’aveva fatta; molti spingevano, altri litigavano. Grazie a chi è sceso, siamo partiti, dimentichi ormai della bellissima luminaria che ha trasformato la città di Salerno in una fiaba da sogno. Tutta la sua bellezza è sparita di fronte all’offesa ricevuta di non aver potuto usufruire di un servizio oltretutto pagato e di essere costretti a viaggiare come in un carro bestiame. Chi è partito col treno successivo, e ultimo dei percorsi, non ha avuto la meglio.
Trenitalia è al corrente di quanto succede nel tratto Caserta-Salerno alle 20.15 e non solo? Perché non provvede a migliorare la situazione? Sa che ci sono turisti, importanti per la città, anziani che non possono correre e lavoratori? Ne sono al corrente coloro che hanno voluto e organizzato la luminaria, uno spettacolo bellissimo ma che subito viene poi vanificato dalla rabbia e dal livore di chi come noi, per tornare a casa ha dovuto sgomitare con forza a rischio della propria persona? È possibile che ogni progetto debba poi perdersi per la negligenza e la noncuranza di qualcuno?.

Il nostro è un forte invito a riflettere su questo stato di cose che di certo non dà lustro a nessuno.




Aldo e Anna Esposito