sabato 28 luglio 2018

Omaggio alla luna rossa. Storia del sole e della luna

Storia del sole e della luna. Illustrazione di Leonardo Vitiello




Poche volte il moto dell’universo gli concedeva di sovrapporsi e lentamente si sfioravano, si guardavano, ma null’altro. Avevano già da tempo capito che il loro destino era segnato da leggi immutabili che regolano il cosmo.
<<Perché almeno una volta non si ferma il tempo? Perchè almeno una volta non si muta l’ordine degli elementi? Perché non ci è concesso un attimo di  felicità?>>
Pensavano chiusi nel loro tormento.
Ogni sera, quando tutto in natura cambia colore e lunghe striature dipingono il cielo, l’orizzonte segna il declino di un sogno.
Il disco cala lentamente tra intensi bagliori, mentre i raggi, come braccia, si tendono per un ultimo soffio di vita e il mondo si ferma all’ascolto di quel pianto eterno.
Si ode il lamento del“sole” mentre si muta in preghiera:<< Ferma, dice tremula la voce, ferma il mio viaggio, o “Principio” del mondo. Fa’ ch’io possa toccarla per un solo istante>>.
Il singulto squarcia il cielo e le parole, sibilo flebile, svaniscono.
Affranto, si tende il suo ultimo raggio, di intenso arancio, per stringere il primo di lei, ma inesorabile il tempo incede e spezza l’attesa.
 Tremenda sventura, sentire nel cuore l’amore e vederlo chimera.
Donava al mondo vita e calore e a lui era negato l’amore.
 <<Quante storie raccontano gli uomini di cuori e di amori. Mi credono signore felice, perchè nessuno conosce il mio dolore>>.
    Ricordava….
Poche volte si erano sovrapposti, si erano guardati ma mai toccati.
Felice il ricordo ma doloroso l’epilogo.
Si tendeva tremulo il suo ultimo raggio, per stringere il primo di lei, ma il tempo troncava implacabile ogni speranza.
Piangeva il sole tra dorati riverberi e si chiedeva:<< A che serve tanto splendore se mi è negato l’amore>>?.
Il disco calava a rilento. Lentamente chiudeva gli occhi il “sole” e spariva, mentre tra le ombre che si infittivano, la “luna” iniziava malinconica la sua ascesa tra un velo di madreperla, cercando all’orizzonte qualche ultimo bagliore, qualche intesa.
Ma il sogno si infrangeva lungo il pendio del cielo punteggiato di stelle, ancelle al suo dolore.
La “luna” illuminava col suo raggio il giardino, intento ad ascoltare la storia di quell’ amore infelice, raccontata dal grillo canterino acquattato sul piccolo pesco, e nel silenzio che ammantava, s’udì il lungo sbadiglio di tre lucertole che assiepate si abbandonavano al sonno della notte.

Mentre pensavo, godevo degli ultimi bagliori, che filtrando tra le fitte foglie dell’alloro, si proiettavano sul cotto del giardino, accecanti come un amore struggente.
Il tramonto, con i suoi  colori inimitabili, è un miracolo del creato, in cui il calare lento del disco scandisce, come un plettro, il tempo della nostra vita e ci pone in attesa di un domani incerto, mentre la luna  inizia il suo cammino.
Mi è sempre piaciuto immaginare realtà sconosciute all’interno della luna, seguirne le fasi e  capirne l’ influenza sulla vita della terra e sul destino dell’uomo.
Non c’è  pennello né colore capace di ritrarre la bellezza del firmamento, quella che tinge di estasi il cuore come l’intenso luccichio della stella che illumina come faro un cielo blu-notte e la scia argentata della luna che sale  lungo il pendio.
Di fronte a tanta bellezza l’animo si perde e il pensiero vaga per indagare il disegno imperscrutabile di chi, “creatore”, disegnò l’universo così perfetto e così irripetibile.
La luna appariva in tutto il suo splendore e avanzava simile a una “dea”.
I suoi raggi, che come laser colpivano il giardino, mi suggerivano strane storie e tra sussulti e bisbigli, scrissi  questo racconto di un amore impossibile.

(Tratto da: Armonie di un giardino toscano. Racconti, arte, mito e fantasia, Regione Toscana Consiglio Regionale, Edizioni dell’Assemblea, 2017. Il testo integrale è a disposizione dei lettori nel sito della Regione Toscana - Pubblicazioni)

mercoledì 11 luglio 2018

Il cinema che emoziona:Chiamami col tuo nome



Timothée Chalamet nella parte di Elio Perlman


Un film eccellente,  il cui filo conduttore si dipana, senza mai spezzarsi  tra luoghi dove la fotografia diventa parte integrante di una bellezza a dir poco divina mentre si diventa tutt’uno con i paesaggi in cui l’arte del raccontare, espressione pura del sentimento, traccia  senza risparmio  luoghi, tempi e personaggi in una confluenza dove si entra in sintonia con l’interiorità di ogni personaggio; un gioco di psicologie che coinvolge ad ogni dialogo, ad ogni sequenza  senza mai stravolgere, con un gusto raffinato, apparentemente leggero e sofisticato, ma in realtà profondo, denso di sentimenti, di malinconie, di ricerca del proprio essere, di scoperta del proprio io, delle proprie pulsioni, dei propri desideri. Una storia pregna di stati d'animo del protagonista  che attraverso la parola e gli sguardi rivela sensazioni mai provate,  pulsioni a volte cercate, a volte indefinibili che per traslato, catturano ognuno. Ci si interroga, ma scevri da  giudizi o da contaminazioni  e si resta  presi nel groviglio dei sentimenti.
“Chiamami col tuo nome” è un film che parla della diversità, dell'amore tra Elio e Oliver, attraverso i sentimenti e pone una serie di interrogativi  sui giudizi spesso espressi, dove predomina il non senso. Un film che riconcilia l’individuo con se stesso, che supera ogni pregiudizio, che accomuna attraverso  la  bellezza sentimenti ed emozioni, un incontro generazionale dove lontano è il dramma nello scoprire qualcosa di poco consono, tranne che in qualche frase   “mio padre mi avrebbe mandato al riformatorio”. Tutto concorre a fare di questo film un capolavoro, sceneggiatura e interpretazioni, memorabile quella di Elio dove la fisionomia del volto,  interpreta, anticipa, comunica, in un susseguirsi di atti, le scene che si mutano nel pensiero stesso, una fisionomia che  si trasforma come  la sua interiorità e che permane anche nello  scorrere ultimo dei nomi. È verso la fine che si recupera l’intera trama che diventa  chiara e leggibile nell’ “addio” dei protagonisti, nel pianto e nell’infinita tristezza e solitudine di Elio, nella posizione che assumono i genitori di appoggio e di comprensione. Resta memorabile il discorso del padre al giovane Elio, su ciò che ha vissuto, che ha provato, nella scoperta del senso della vita, espresso con parole misurate senza mai travalicare, dette  con un’ apparente leggerezza, ma traslate fino a noi  attraverso la bellezza del discorso, parole che fermano, inchiodano, insegnano, destabilizzano ma che lasciano nel cuore un faro che nessun tempo potrà spegnere.