mercoledì 23 maggio 2018

Suggestioni da una mostra: Rodin, scultore dell’anima



Auguste Rodin, Colei che fu la Belle Heaulmière, 1880 1883, gesso patinato

Una mostra non facile da leggere, quella allestita al Museo Civico di Santa Caterina a Treviso, per ricordare, a distanza di cento anni, il genio di uno dei più grandi scultori: Auguste Rodin e celebrarne l’arte attraverso l’esposizione delle sue opere.
La mostra 'Rodin. Un grande scultore al tempo di Monet', si apre nel chiostro  con  L'età del bronzo, 1877, per la quale si dice che l’artista abbia tratto ispirazione da uno dei “Prigioni” di Michelangelo, per introdurci  poi tra le 75  opere in gesso, marmo e bronzo, dislocate in più piani e in ampie sale.  Nell’insieme le opere sono comparabili a un libro aperto che di pagina in pagina rievoca e racconta la vita dell’artista, la sua infanzia e i rifiuti della prestigiosa Scuola di Belle Arti di Parigi, dai quali attinse tuttavia  la  tenacia a procedere nella produzione di opere che, scevre da accademismi, hanno scandagliato l’animo umano, raffigurandone emozioni e stati d’animo, con forti input alla riflessione.



Rodin, Il bacio

Rodin  è  scultore di sentimenti. I  volti dei personaggi come: Testa monumentale di Pierre de Wissant (I borghesi di Calais) 1909,  gesso, e Le tre ombre, 1897, gesso patinato, esprimono dolore e malinconia; il volto chino,  un senso di arrendevolezza al tempo, che nel trascorrere, tutto travolge  come Colei che fu la Belle Heaulmièr,1880-1883, gesso patinato, opera esemplare, che inesorabilmente ferma il passo e obbliga a guardare il volto emaciato e consunto, la pelle raggrinzita, scolpita  con pieno  realismo, i seni in cui non c’è più vita segnano la vittoria del tempo che scandisce la fine dell’esistenza, quasi a ricordare il “Carpe diem”.  L’opera suggestiona ed emoziona e il passo si ferma per meditare sulla propria condizione e su ciò che sarà di noi nella fugacità del tempo.



Auguste Rodin, Il poeta e la sirena, 1909 marmo
 
Riempiono gli occhi di bellezza e di candore le sculture in  marmo, in  gesso o in bronzo, che tra le mani dell’artista diventano materia morbida, sensuale e vibrante, in un palpito d’amore, in uno slancio ideale e lirico. Opere in marmo che ci regalano il sogno,  la giovinezza, l’amore  come: Il poeta e la sirena del 1909,  Paolo e Francesca tra le nuvole del 1904-1905,  La morte di Adone  del 1891 o in gesso patinato come: Il bacio, 1885 ca. e  l’amore di Camille Claudel per l’artista con  Ritratto di Auguste Rodin, 1888-1889, e  Balzac, studio finale, bronzo , 1897.

Interessante  è l’omaggio a Dante con il progetto che l’artista chiamò Le porte  dell’inferno,  con i personaggi danteschi e il Pensatore, 1880 ca. L’opera, una statua monumentale,  in gesso patinato, doveva infatti rappresentare il Sommo Poeta intento a riflettere sul suo lavoro “La Divina Commedia”,   che si apprestava a realizzare, ma che oggi  ha acquisito un significato universale, una riflessione profonda sull’intera umanità. 
Auguste Rodin (1840, Parigi – 1917, Meudon) è considerato uno dei più grandi scultori nonché l’iniziatore della scultura moderna. Un artista che scolpisce l’anima con un susseguirsi di passioni, di sentimenti, di rievocazioni scolpite ad arte, per denudare il pensiero. Uno scultore  moderno, di quella modernità che non affascina solo per eleganza e perfezione ma perché incarna l’esigenza dell’uomo decadente  di penetrare il pensiero e di  leggerlo, per capire sé stesso. Bronzo, gesso e marmo entrano in competizione ma nessuno sovrasta, materie che diventano momenti  per leggervi l’evoluzione della vita dell’artista e della sua arte.

Pregevole è l’allestimento grazie al curatore, Marco Goldin.  Domina l’esposizione, Il Pensatore, che con la  mano appoggiata sul mento,  diventa l’emblema dell’uomo moderno che riflette sull’esistenza, angosciato dai  cambiamenti di un’Europa in crisi d’identità, sull’orlo della Grande Guerra.  In relazione viene da pensare (a livello personale) al Wanderer di David Caspar Friedrich , il viandante, l’uomo che pensa, che scruta l’universo alla ricerca di una verità in un groviglio di pensieri che non dipana. Pensiero, gesso, 1893-1895, opera delicata nell’espressione, che se rievoca da una parte i Prigioni di Michelangelo si cala nella sua epoca per il copricapo nuziale bretone. La donna esprime, con gli occhi chiusi rivolti in basso un senso di oppressione, un bisogno di scrollarsi di dosso il fardello di pensieri se non della stessa vita, in un “non finito” che non fu capito all’epoca, ma che presente  in altre opere, trasmette realismo, dinamismo e tensione e richiama il periodo  trascorso dall’artista  in Italia, in particolare a Firenze nel 1875.





Edvard Munch  Il Pensatore di Rodin nel giardino del dottor Linde a Lubecca, 1907ca.

Nella sala dove è collocata la statua del Pensatore  è posta  un’ampia tela  di Edvard Munch  Il Pensatore di Rodin nel giardino del dottor Linde a Lubecca, 1907ca. L’unione della   pittura con la  scultura è formidabile.  Due giganti posti l’uno vicino all’altro, due geni che si incrociano, pittura e scultura che si comparano e trasmettono messaggi percepibili ma difficili da esprimere se non nella propria soggettività.  Munch dipinge il giardino di casa Linde con al centro la grande statua de “Il Pensatore” di Rodin. Sul fondo, in abito bianco, si vede la moglie del dottor Linde. Il dottor Linde guardava a Munch e a Rodin come ai due artisti che, più di ogni altro, avrebbero lasciato la loro traccia nel futuro e certamente non si sbagliava.

'Rodin. Un grande scultore al tempo di Monet'
24 febbraio – 3 giugno 2018
Treviso, Museo Santa Caterina
Piazzetta Botter Mario, 1,
31100 Treviso TV

lunedì 7 maggio 2018

Mario Sironi, disegnatore politico




Attratta dalla sinergia arte-storia e convinta che attraverso l’arte si può illustrare,  educare,  penetrare il sentimento umano, tradurre in immagini  eventi, avvenimenti, narrare con immediatezza pagine di storia, ho visitato la  mostra:  Mario Sironi e le illustrazioni per “Il popolo d’Italia ” 1921-1940, esposta  al Lucca Center of Contemporary Art. Una curiosità che non ha smentito la mia voglia di conoscere Sironi, uno dei più grandi esponenti dell’arte italiana del ‘900, in veste di  illustratore come il titolo indica.
Le vignette, vere e proprie opere d’arte ci fanno scoprire  Sironi come -disegnatore politico-.
Il percorso  comprende una selezione di cento opere che l’artista realizzò per il quotidiano ufficiale del Partito Fascista, quasi tutte  tra il 1921 e il 1927 usando tecniche come china, biacca, matita, tempera e collage su carta,  in cui esplode  una satira pungente, graffiante, ironica, ad esaltazione del periodo fascista contro i partiti avversari, quali quello socialista, quello popolare, quello liberale, la stampa filodemocratica, le democrazie dell’America, della Francia, dell’Inghilterra e il comunismo russo; un panorama di ideologie politiche che ci pongono a confronto con la realtà del momento.
Figure  simboliche e allegoriche, a tratti plastiche e scultoree, corrono lungo le pareti e attraverso l’incrocio di sottili tratti di china o segni di matita litografica esprimono la realtà del momento, quella del -fascismo- al potere,  con accenni caricaturali, fortemente espressivi fino al grottesco. Un forte apporto alla propaganda del regime che l’artista esalta con sagome e  rappresentazioni cruenti che riportano alla memoria opere di altri artisti  come Francisco Goya, in cui  domina la crudeltà con acuto realismo o il caricaturista e disegnatore satirico, Galantara.
Sironi,  nelle vesti di illustratore, non smentisce la propria bravura e rappresenta  gli eventi e i personaggi con una satira pungente e un’ironia tagliente che giunge integra al visitatore.
Fu grazie a Sironi  che “Il popolo d’Italia” diretto da Mussolini  si arricchì quotidianamente di  illustrazioni, che connotate con dovizia di elementi e con i commenti dello stesso artista,  coinvolgevano in una lettura del regime e della sua politica con il dileggio massacrante di ogni forza dissidente sia a livello individuale che collettivo.
La mostra è una sequela di immagini, specchio dei tempi,  che osannano e  colpiscono, scene in cui l’artista  fa dell’arte il proprio mezzo espressivo finalizzato all’esaltazione.  
Le illustrazioni intendevano scuotere gli animi e orientarli verso il regime fascista che  se osannato, in un primo momento anche da intellettuali, fu poi da alcuni di questi abbandonato con una profonda revisione.
Diverse sono le sensazioni e le reazioni che la mostra suscita e le riflessioni che se ne ricavano. Il connubio arte-storia è molto  funzionale ad esplicitare il momento politico e l’intero percorso esaurisce la finalità di Sironi di esaltare e di coinvolgere, ma  oggi pone una serie di interrogativi e ogni elemento come la luce, il colore e il carattere fisionomico concorre a interrogarci. Le vignette, che in un primo momento colpiscono per l’ironia, diventano poi stimoli per orientare il pensiero verso altre scelte.
La mostra, nell’insieme non lascia indifferenti, ma attiva la riflessione e insegna a capire, a confrontarsi, a condividere, a meditare su un nostro passato che si tinse di tinte funeree di  rosso sangue, di nero di morte, in un clima di forte inibizione tra giochi di luce ad arte espressi. Palpabile e mirabile la capacità dell’artista di esaltare personaggi,  luoghi ed eventi con una scelta mirata di linee, forme e colori, che  ci sollecitano a  meditare su  un periodo  che ha segnato marcatamente la vita del nostro paese dove l’arte che fu utilizzata per esaltare oggi ci invita a un’attenta decodifica degli elementi illustrati per il rifiuto  del potere, di ogni potere che mini  la libertà, in qualsiasi parte tenti di affermarsi.

“Mario Sironi e le illustrazioni per “Il popolo d’Italia ” 1921-1940 esposta a Lucca al Lucca Center of Contemporary Art, dal 10 marzo – 3 giugno 2018.