giovedì 22 dicembre 2016

FELICISSIMI AUGURI

Auguro a tutti i miei lettori un
Natale magico, felice e gioioso
All’ombra dei miei angeli







BUON
NATALE
2016

giovedì 8 dicembre 2016

Tempo Reale e tempo della realtà. Gli orologi di Palazzo Pitti dal XVIII al XX secolo

Orologio da mensola, Francia (1810 circa). Firenze, Gallerie degli Uffizi
 Indescrivibile il fascino degli orologi esposti in mostra alla Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti.
Gli orologi, posti in mostra singolarmente, esprimono la preziosità di un’arte profusa a piene mani nel decoro che sposta l’occhio  da un elemento all’altro con una descrizione precisa, minuziosa fino a fermare il passo davanti alle miniature di orologi intessuti di oro, di perle, di pietre preziose, dove l’indagine si perde nella ricerca del più piccolo, del più prezioso, di una manifattura che coniuga sapientemente il decoro con l’estetica e riporta indietro nel tempo, alla scansione di altri giorni, di  altri tempi  che riaffiorano nel gusto epocale e come scaglie di tempo segnano  un viatico in cui ognuno s’inoltra con una curiosità che ad ogni passo si accresce per un'arte che non finisce mai di stupire.

Orologio da mensola, Firenze Gallerie degli Uffizi  
 La bellezza di questi orologi sottolinea l'invito a visitare la mostra, aperta fino all'8 gennaio 2017 per gustarne tutto lo splendore
Orologio notturno
 L'eleganza, la raffinatezza, la maestria non lasceranno indifferente chi sa cogliere la preziosità di un'arte da scoprire in ogni particolare.
  • Orologio da persona Firenze Gallerie degli Uffizi Tesoro dei Granduchi 
 Le descrizioni chiare e minuziose soddisfano ogni curiosità, basta una visita per gustarne appieno ogni parola


Le Tre Parche di  Francesco Salviati, 1550 circa, Galleria Palatina di Palazzo Pitti.
Il tempo è scandito non solo dagli orologi ma anche da alcune  opere che ne raffigurano lo scorrere lento e inesorabile. Le Tre Parche di  Francesco Salviati  mostrano l’iter temporale  dell’uomo:  Cloto ha la conocchia, Lachesi il filo che simboleggia la vita dell'uomo e Atropo il taglio finale della vita.


Le Tre età dell'uomo (conosciuto anche come la Lezione di canto) è un dipinto a olio su tavola di Giorgione, databile al 1500-1501 

L’opera di  Giorgione mostra  tre personaggi, di età differenti, che rappresentano il ciclo della vita. Il giovane al centro legge un foglio su cui sono vergate due righe di un pentagramma, l'adulto alla sua sinistra indica lo stesso spartito ed un vecchio guarda l'osservatore. Presumibilmente si tratta dello stesso uomo, rappresentato in tre momenti della sua vita.



venerdì 18 novembre 2016

Il dramma umano. "Il Compianto sul Cristo morto"



È difficile descrivere la drammaticità di quest'opera perché va oltre le parole. Spinta dal desiderio di vederla sono entrata in Santa Maria della Vita, a Bologna, e ne sono rimasta folgorata.
Le sette figure,  disposte intorno al Cristo morto esprimono  nella gestualità  e nei tratti del volto la propria disperazione e il dramma dell’uomo. 
Lasciano un segno profondo le due Marie con le vesti gonfiate dal vento. La scena è coinvolgente e a stento si distoglie lo sguardo dai singoli personaggi che esprimono con una marcata fisionomia il dramma che stanno vivendo: chi in silenzioso raccoglimento chi in una disperazione lacerante.
Il gruppo tocca profondamente il visitatore per la maestria con cui l’artista l’ha rappresentato ma anche perché in ogni volto si può leggere il dramma dell’uomo e delle sue vicissitudini mai così in tema come oggi. 
 


I personaggi del "Compianto"
È un gruppo scultoreo di sette figure in terracotta con tracce di policromia, capolavoro di Niccolò dell’Arca, conservato nella chiesa di Santa Maria della Vita a Bologna.
L’impatto con queste figure è fortissimo per il pathos che esprimono e solo con una visita diretta (che si raccomanda) se ne possono cogliere tutti gli elementi.






giovedì 3 novembre 2016

Firenze: 4 novembre 1966



Oggi 4 novembre ricordiamo l’alluvione del 1966 che sconvolse la città di Firenze e parte del territorio toscano.
Firenze non era nuova a simili cataclismi e scorrendo le date, ci rendiamo conto che periodicamente la città ha fatto i conti con la furia sconvolgente dell’Arno: 1333, 13 settembre 1557, 3 novembre 1844, 4 novembre 1966.
La storia di Firenze si legge sui suoi muri e le targhe poste in vari punti ne ricordano fin  dalle origini   episodi, avvenimenti, vicende, personaggi illustri e le alluvioni precedenti al 1966. In Via San Remigio, una targa  ricorda l'alluvione del 1333 dove una manina scolpita indica il livello raggiunto dalle acque e più in alto a confronto riporta  il livello raggiunto dalle acque nel 1966.
L’alluvione del 1966 comportò secondo i dati: 34 morti, 13.000 famiglie disastrate, 12.000  automobili sommerse, 20.000  imprese artigiane alluvionate, danni per migliaia di miliardi di lire. 1.200  opere d'arte, due milioni di volumi e 1.600 metri quadrati di affreschi furono  sommersi dal fango.



Il nostro primo pensiero, oggi va a quei giorni, quando alzandosi di livello, le acque portavano via persone e cose, cancellavano la memoria della città e sotterravano nel fango parte del nostro illustre patrimonio. Moriva Firenze  e secoli di storia, sepolti da una furia inarrestabile.  
In questi giorni molte sono le iniziative per ricordare la terribile alluvione del 1966: conferenze, convegni, libri e  mostre commemorano e documentano non senza emozione quei giorni, quando tutti, fiorentini e non, si sentirono accomunati in uno slancio fatto di passione e di operosità, perché si intervenisse e con alacrità  negli aiuti alla popolazione, nella ricerca e nel recupero di materiale e nel restauro poi di tutto ciò che si potesse salvare. Fu allora il momento più bello: gli “angeli del fango” come furono  definiti, accorsero da ogni parte perché Firenze appartiene all’intera umanità, e il mondo intero si mosse contro  lo scempio delle acque. Le testimonianze di oggi ci sono care a suggello della dedizione di cui gli uomini sono capaci, capaci di sentirsi uniti a difesa della vita e  della cultura minacciata, che tanta  bellezza  aveva diffuso.



Fu bellissimo vedere in quei giorni che in tanti  e tanti giovani accorrevano da ogni parte per dare il proprio contributo  incuranti dei  disagi, perché non si cancellasse la memoria di una città che tutti portiamo nel cuore. Notevoli furono gli interventi per salvare uomini e cose e lodevole  la dedizione al recupero e poi al restauro delle opere d’arte e del patrimonio cartaceo che ci ha consentito di allestire e di  riaprire i luoghi dove la cultura è -madre- e di ammirare, anche se solo in parte opere che pensavamo perdute per sempre come il magnifico “Crocifisso” di Cimabue.




A guardarsi intorno sembra un miracolo, un’azione eccezionale dell’uomo, di uomini venuti anche da lontano affinché la volontà di conservazione prevalesse sullo scempio operato dalla natura e Firenze risorse  più bella e più ricca  grazie a  coloro che accorsero, che non si arresero e ai quali oggi va il nostro grazie.
Da allora interventi  sono stati compiuti a livello urbanistico e idrogeologico a nostra salvaguardia e dell’intera città ma ci chiediamo se basta… Non possiamo abbassare la guardia ma bisogna operare affinchè tali cataclismi non ci colgano impreparati,  perché il prezzo di vite umane che in tali circostanze si paga è troppo alto.
Dobbiamo operare incessantemente  per la  salvaguardia  della nostra vita, della nostra economia,   dell’ambiente e per la conservazione del patrimonio artistico-culturale di cui siamo custodi in termini di bellezza, di memoria e di ricchezza, costruito da quel “genio” di cui andiamo fieri; non possiamo rischiare di essere vittime ma dobbiamo trasformarci in operatori per la  difesa nostra  e  della città con le sue ricchezze.
Tale evento è stato ampiamente ricordato per la memoria  di un vissuto da non dimenticare,   per la dedizione, il coraggio e  la solidarietà di quanti , incuranti del fango e dei disagi  offrirono le proprie braccia per cercare  il recuperabile. Ancora si lavora, si restaura e tanto è stato fatto ma ancora molto resta da fare. 
Firenze accoglierà tutti gli “angeli del fango” che risponderanno al suo appello  per stringersi di nuovo insieme in una catena umana che nessun fango potrà mai spezzare quando a tenerla unita è la volontà, il coraggio e la tenacia.
 


giovedì 20 ottobre 2016

Capolavori a Villa La Quiete

 Ridolfo del Ghirlandaio e Michele Tosini, Sposalizio Mistico di Santa Caterina
La sala a piano terra di Villa La Quiete ospita una piccola ma interessante mostra con  capolavori che provengono dalla chiesa di San Jacopo a Ripoli, un tempo importante monastero di domenicane situato nell’odierna via della Scala a Firenze.
 Sandro Botticelli, Incoronazione della Vergine e Santi, proveniente dalla chiesa di San Francesco 
(oggi Sant'Andrea) a Montevarchi. (part.)
Opere di luce che illuminano la sala di messaggi e di amore e fermano il visitatore sulle storie che raccontano, sui personaggi emblemi di vita monastica e di sacralità, senza trascurare i particolari ora leggiadri ora fortemente espressivi.   
Ma l’opera che ha fermato il mio passo è stato  il Crocifisso, legno dipinto, di Baccio da Montelupo per il forte realismo.

Chi desidera godere di questi capolavori ha tempo fino al 30 ottobre

domenica 9 ottobre 2016

Mostra:"In collezione. Un percorso d’arte dal XIII al XX secolo"


È una meravigliosa immersione nell’arte, la mostra “In collezione. Un percorso d’arte dal XIII al XX secolo” , con la quale per la prima volta viene esposta al pubblico una selezione della collezione d'arte dell'Ente Cassa di Risparmio di Firenze, che vanta più di 900 opere.

La Fondazione, ha aperto le porte della sua sede in via Bufalini per rendere tutti partecipi di questo evento straordinario.
Ogni sala è un racconto di vita quotidiana, di momenti di storia, di personaggi, di storia toscana e di Firenze in particolare. La mostra denota la passione per l’arte di chi ha acquistato nel corso degli anni opere oggi esposte a beneficio dei visitatori e di chi ha scelto con cura le opere da esporre. Il progetto scientifico, a cura di Carlo Sisi, direttore della Commissione Tecnica Arte interna all’Ente, propone al visitatore un percorso inusitato di opere, dal XIII al XX secolo, esempi di  come stili e generi  mutino nel tempo

Di sala in sala le opere, scelte con un criterio cronologico, accendono la curiosità e sollecitano confronti dove guardare, vedere, confrontare e interrogarsi diventano pause per  un dialogo muto ma sotteso con gli stessi artisti, un lasso di tempo proficuo per creare un rapporto di simbiosi con l’opera e l’artista.
 Le sale di rappresentanza degli uffici della Fondazione si mutano così in un palcoscenico dove recitano emozioni, sentimenti e stati d’animo e dove le parole non dette prendono corpo nell’intimo di ognuno.

Giotto di Bondone, San Francesco, 1320 ca.

La curiosità sollecita ogni visitatore e il percorso propone opere di eccellenza come una splendida manifattura di Doccia o riporta indietro nel tempo, a quell’arte sacra con fondo oro che accende di luce la sala con Mariotto di Nardo, Pacino di Bonaguida, Gherardo Starnina, e altri ma dove a rubare la scena è sempre Giotto di Bondone.

Giotto di Bondone, San Giovanni Battista, 1320ca.

Da Giotto a Filippino Lippi a Primo Conti è una continua immersione  nell’arte e riesce difficile distogliere lo sguardo da opere con le quali il dialogo si impone: Ghirlandaio, Filippino Lippi, Perugino, Vasari e Wauters.

Carlo Canella, Veduta di piazza della Signoria dalla Loggia dei Lanzi, 1830  


Le opere scelte parlano in prevalenza della storia della Toscana e di Firenze in particolare con ritratti di personaggi dei Medici e degli Asburgo-Lorena, con paesaggi e luoghi cari alla memoria in un traslato tra passato e presente nelle opere di Giuseppe Zocchi, Pandolfo Reschi, Thomas Patch che ci rimandono atmosfere suggestive e ancora  T. Hartley Gromek, Giovanni Signorini, Lorenzo Gelati, Carlo Canella, E. Augustus Gifford e Giuseppe Moricci e le innumerevoli Vedute di Firenze antica di  Fabio Borbottoni. 


Lorenzo Gelati, L'Arno alla pescaia di San Niccolò al tramonto, 1860

Francesco Gioli, Acquaiola, 1891


Bellezza si aggiunge a bellezza con la solarità di Francesco Gioli, la malinconia di Niccolò Cannicci, i Buoi al pascolo di Giovanni Fattori, e momenti di storia con Pietro Senno, Odoardo Borrani e Ruggero Panerai.

Ardengo Soffici, Campi d'autunno, 1907  


Si guarda, si ammira e via via l’occhio spazia da Liewelyn Lloyd a Oscar Ghiglia, da Ardengo Soffici a Felice Casorati, da Lorenzo Viani a Primo Conti, dalla poesia di Giovanni Colacicchi e poi avanti con Luigi Gioli, Mariotto di Nardo, Angiolo Tommasi e Niccolò Cannicci. Alla fine del percorso, lo sguardo a forza si distoglie; abbandonare il luogo è difficile come difficile è chiudere un libro aperto su una pagina che non vorresti mai lasciare.
Siamo usciti ma resta il gusto di ciò che abbiamo visto e il desiderio di rientrare. L’invito è di visitare la mostra che resterà aperta fino al 15 gennaio per scoprire e leggere le opere degli artisti menzionati, che diventano pagine letterarie, poesie o spartiti musicali, per provare emozioni  e nutrirsi appieno del sentimento dell’arte.

domenica 2 ottobre 2016

Trieste:città della memoria

  La Risiera di San Sabba. Luogo di dolore e di morte .
Nel periodo che va dall'armistizio (8 settembre 1943) all'immediato dopoguerra,
Trieste fu al centro di una serie di
 vicende che ne hanno segnato profondamente la storia.

                                                                                                                                                                                    
Cortile interno della Risiera. Luogo di segregazione e di morte. Ogni parola risulterebbe inadeguata a descriverne l'orrore.
       Pensieri attanagliano la mente e torna imperioso Goya "Il sonno della ragione genera mostri"
Nel settembre del 1943 la  Germania nazista occupò la città  e durante l'occupazione la  Risiera di San Sabba  venne destinata a campo di prigionia, e di sterminio per detenuti politici, ebrei, partigiani italiani e slavi, con forni crematori che funzionavano a pieno regime.
 Durante la visita al Museo, la storia prende vita nei volti dei personaggi, nelle storie lette e raccontate, nel silenzio che ammanta su note tristi e dolorose. E io mi chiedo se la storia riuscirà ad insegnare affinchè nulla si ripeta. Riuscirà l'uomo a rinsavire? Ma nessuna  riposta mi soccorre.
Oggi la Risiera è  Monumento Nazionale e museo.
                                                       Monumento alle vittime.                                                             Nessuna  descrizione potrebbe renderne l'impatto emotivo e l'immagine si scolpisce dentro con forza affinchè nulla si dimentichi. La storia si insinua nelle coscienze e nelle menti a monito, affinchè tali orrori non si ripetano e le mani dell'intera umanità si rivolgano in pace all'uomo e non al cielo, allora unico rifugio.

Monumento ai 71 italiani fucilati a Trieste per rappresaglia dai nazisti il 3 aprile 1944

Il 3 aprile 1944 venivano uccise 71 persone (tra cui militanti antifascisti, partigiani italiani, sloveni, croati, rastrellati a Trieste e in altri centri della regione), presso il poligono di tiro di Opicina, vicino a Trieste, in seguito alla rappresaglia ordinata per un attentato avvenuto in un  cinema che causò la morte di 7 soldati tedeschi. Questi 71 cadaveri furono i primi ad essere bruciati nel forno crematorio della risiera di San Sabba a Trieste, unico campo di sterminio esistente in Italia.

mercoledì 28 settembre 2016

Trieste: Museo Svevo - Joyce

Trieste incanta ogni visitatore per l’atmosfera magica che vi si respira. A ogni angolo si gode dei suoi fermenti culturali attraverso gli itinerari amati da Joyce e da Svevo, o sorseggiando un caffè presso  i caffè storici come “Tommaseo” e “San Marco” dove ancora si parla di letteratura, arte e poesia.


Il museo Svevo  è nato nel 1998, grazie al lascito da parte di Letizia Fonda Savio, figlia di Svevo, di ciò che era rimasto dopo il bombardamento e incendio della villa nel 1945: un armadio, una penna d’oro, dei portatovaglioli e una quarantina di libri.


L'armadio che custodisce i suoi libri.
 Il Museo è piccolo ma prezioso per il materiale che possiede e le curiosità che suscita.

Di Svevo ci sono: commedie, saggi, articoli, pagine di diario, il ricchissimo epistolario e altro.

 Il museo si è arricchito con il ritrovamento di altro materiale
Queste immagini sono un invito a visitare il museo per entrare in sintonia, soffermandosi sulle opere, con lo spirito letterario del tempo di  Joyce e Svevo che segnarono una svolta nel linguaggio letterario e nel  gusto  di percepirne l'essenza.

La stanza attigua al Museo Svevo è il Museo Joyce, nato il 16 giugno 2004, in occasione del centenario della sua venuta a Trieste. Qui c’è quello che riguarda il suo periodo Triestino ed in particolare il rapporto con Svevo”.