martedì 27 settembre 2011

Viaggiando con artisti e letterati 3, La Locride III



Grotteria

La Locride si estende tra i monti e il mare.
Il territorio è costellato da paesi o disposti lungo la costa, come Siderno, o arroccati sui monti, come Stilo; spesso costruiti da profughi per sfuggire alle incursioni turche, con case poste l’una sull’altra tra viuzze e sottopassaggi, detti gafi, come Grotteria.

Resti di castelli feudali ci riportano alle passate dominazioni e portali caratteristici rimandano alle antiche case gentilizie.

Tangibili sono in Calabria le testimonianze della dominazione bizantina che si protrasse fino all’XI secolo, ne è un esempio la Cattolica di Stilo, vero gioiello dell’architettura bizantina (il termine “Cattolica” si riferisce alla sua appartenenza alla categoria di “chiese privilegiate” di primo grado).

 

Stilo antica

“Finalmente, alle nove del mattino, entrammo in una delle città più straordinarie d’Italia, protetta da nord a sud, baciata dal riverbero dei raggi del sole, circondata da tutti i lati da masse di rocce nude, appollaiata all’altezza dei nidi delle aquile, inesauribile miniera di ricchezza e di ricordi…”. Così scriveva di Stilo il 27 giugno del 1812 lo scrittore francese Astolphe de Custine nel corso del suo viaggio in Calabria.

Stilo è celebre per aver dato i natali al grande filosofo Tommaso Campanella (Stilo, 1568- Parigi, 1639).
Perseguitato come eretico per il suo pensiero libero e riformatore, fu costretto all’esilio.
Scrisse opere di filosofia e politica, tra cui La Città del Sole.

 

La Cattolica

La Cattolica è una costruzione a croce greca inserita in una base quadrata, con tre absidi rivolte a oriente ed è sovrastata da 5 cupolette cilindriche (riproduce un tipo di costruzione frequente in Georgia, Anatolia e Peloponneso). È considerata il monumento medievale più famoso della Calabria ed una delle più alte espressioni artistiche del Meridione d’Italia. Un luogo che fu un immenso altare di preghiera e un edificio, che è una vera icona, un monumento di fede, oltre che un gioiello architettonico (p. Kosmas Andreas Papapetrou, monaco atonita del monastero di S. Giovanni Terista di Bivongi). Pur minuto in mezzo a tanta lussureggiante natura, il tempietto, che per la scrittrice Carmelina Sicari ha una grandezza diversa e ugualmente sublime, merita di essere custodito - come suggerì l’Orsi per la chiesetta di S. Giovannello di Gerace - sotto una campana di cristallo e toccato solo con mano guantata. La Cattolica può essere definita un’autentica forma-simbolo, un’immagine unica, riassuntiva ed indimenticabile, della spiritualità dell’intera Calabria (cfr. La Cattolica di Stilo, Ed. Frama Sud, Chiaravalle Centrale, 1987, p. 26).

Anche Marcello Serra ricorda in un suo bellissimo volume il valore simbolico della costruzione. Questo tempio bizantino – scrive il poeta e scrittore – continua a trasmetterci il messaggio di quella seconda stagione in cui la Calabria accolse nuovamente i Greci, non più guidati dall’oracolo di Delfo, né sostenuti da una volontà di conquista e di potenza, ma dalla fede ascetica degli eremiti e dei monaci basiliani, che avrebbero lasciato con la loro presenza ed il loro esempio una durevole tradizione spirituale in questo popolo assetato di Dio e di giustizia”(Sud Italia chiama Europa, op. cit., p.289).

Bastano queste espressioni per capire la bellezza e la portata storica di questo tempietto che, abbarbicato al monte Consolino, domina dall’alto l’abitato di Stilo.
La Cattolica  fu costruita nella terra santa del Basilianismo e del Bizantinismo.
Durante il VII secolo, a causa dei continui  attacchi arabi, e per sfuggire alle persecuzioni messe in atto a seguito dell’editto del 726 dall’imperatore bizantino Leone III Isaurico con il quale si ordinava la distruzione delle immagini sacre e delle icone in tutte le province dell'Impero, i monaci della Cappadocia, in particolare, emigrarono, e seguendo la rotta dei Bizantini diretti in Italia, giunsero, attraverso il canale di Otranto, sulle coste pugliesi, lucane e calabresi e trovarono rifugio in luoghi solitari come grotte, foreste e pendici delle colline, che divennero luoghi di preghiera.
Questi rifugi naturali, adattati a dimore, furono chiamati laure e qui  i monaci continuarono a praticare il loro culto. Molti si stabilirono nel Salento e in Calabria alle pendici della Sila.
 
 

San Basilio Magno, vescovo e dottore della chiesa

I monaci Basiliani si ispirano alla regola dettata da San Basilio Magno (nato nel 330 e morto nel 379).
Fiorirono laure, eremi, cenobi e monasteri, che – ha precisato Emilio Barillaro, in Terra di Calabria, Annuario di vita regionale, Vol. V, 1968, Pellegrini, Cosenza, p. 30 –…saranno altrettante fucine di studio e di sapere, e fecondi focolari d’arte, popolati di amanuensi, calligrafi e miniatori, i quali genereranno i primi germi del risveglio artistico, facendo della Calabria la legittima depositaria della tradizione classica in Occidente, l’intermediaria tra il mondo ellenico e la fervida età in cui gli umanisti avrebbero riscoperto e restaurato quella civiltà classica che dalle rive dell’Ilisso si era irradiata a quelle del Tevere.

I monaci giunsero sulle coste calabre con mezzi di fortuna, animati da un incredibile fervore religioso, spirituale e sociale. Pur separati da tutti, scrive ancora Infantino, gli asceti erranti o i cenobiti vivevano in comunione spirituale con ogni essere umano: …la loro quotidiana ricerca di Dio fu esemplare atto di amore alle genti di Calabria, che aiutarono coi dissodamenti, l’impianto e l’innesto di nuove colture, e che confortarono nelle reiterate aggressioni musulmane e feudali.



Amanuense, Ritratto di Jean Miélot,
segretario, copista e traduttore del duca Filippo III di Burgundia

I monaci  si fecero promotori di iniziative sociali e culturali notevoli, come le attività agricole e l’insegnamento delle arti calligrafiche (famosi sono i codici manoscritti realizzati negli scriptoria dei monasteri calabresi), musicali e pittoriche (Rocco A. Gioffrè – Emilio Roccabruna).

Dalle mani dei monaci, fervidi di fede, scrive uno studioso, sbocceranno le belle e suggestive acheropite, icone non fatte da mano d'uomo (come la Sacra Sindone e la Vergine di Guadalupe) circonfuse d’azzurro e d’oro, le ricche icone di santi jeraticamente estatici, le pale d’altare, le miniature dai più vivaci colori, nonché affreschi e dipinti che abbelliranno tempietti monastici e istituzioni abbaziali.

La Cattolica fu adibita probabilmente anche a oratorio musulmano dato che vi si trovano alcune iscrizioni in lingua araba che lodano Dio.
Viaggiare nella Locride è dialogare dal vivo con la storia, con la natura, con la religione di un popolo, intrisa di culture di un tempo antico profondamente suggestivo; un’immersione in un mondo fatto di mistero, di misticismo, di profonda spiritualità, di forti contrasti, dal fascino inconfondibile. 

Continua

Anna Lanzetta


martedì 20 settembre 2011

Viaggiando con artisti e letterati 3, La Locride II



"A Locris Italiae frons incipit,
Magna Graecia appellata"
Da Locri ha inizio la fronte dell'Italia,
chiamata Magna Grecia
(Plinio il Vecchio, Naturalis Historia III 95)

Il mio viaggio nei luoghi della Locride vuole essere un invito a visitarli, perché vi si respira l’eco di quella cultura che uomini e donne fecero qui fiorire con le loro gesta e la loro storia letteraria e umana. Una cultura che possiamo definire unica e straordinaria e della quale si conserva un ricordo indelebile.
Non conoscevo la Locride e me ne sono innamorata.
La sua cultura, la sua storia, i suoi usi antichi, i suoi riti ancestrali, quella sorta di magia che aleggia in ogni angolo, mi hanno conquistata.



Uno dei bellissimi panorami della Locride

Locri Epizephyrii (presso il capo “Zephyrio”, oggi capo Bruzzano),  fondata da coloni provenienti dalla Locride greca nel VII sec. a. C. fu una delle più fiorenti città della Magna Grecia tanto da essere chiamata da Platone «Fiore dell’Italia per nobiltà, per ricchezza e gloria delle sue genti».


 

Pinax di Persefone e Ade
Francesco Jerace (Polistena, 1854-Napoli,1937), pittore e scultore


Locri e la Magna Grecia: «Veniva quel giorno dal Capo Zephyrio un furioso vento di scirocco trascinando nuvole nere; scuro e ribollente era lo Ionio, tanto che, senza la selva di agrumi che spuntavano dagli orti cintati, non avrei riconosciuto la dolce terra di Locri: Persefone aveva chiuso il ciclo della sua riapparizione terrena, ed era tornata sorridente ad assidersi sul suo trono di regina, accanto a Pluto, nel buio regno dei morti…» (Amedeo Maiuri, Tra Locri Antica e Nuova, 1951)

Locri Epizefiri fu famosa nell'antichità per essere stata la prima città a dotarsi nel 660 a. C.di un codice di leggi scritte, attribuite al legislatore Zaleuco, al quale si devono le prime leggi scritte di tutta la Magna Grecia, e per aver dato i natali a illustri personaggi come Nosside.


Nosside di F. Jerace

Poetessa della scuola dorica, Nosside nacque a Locri Epizefiria e operò intorno al 300 a. C come lei stessa canta in un suo epigramma: O straniero, se tu navighi a Mitilene dai bei cori per infiammarti al fiore delle grazie di Saffo, dì’ che anch’io fui cara alle Muse, e che la terra di Locri m’ha dato i natali. Sappi ch’ebbi nome Nosside, va'.

Undici epigrammi, definiti da Meleagro nella Ghirlanda, profumati giaggioli di Nosside, sulle cui tavole Amore stesso spalmò la cera, sono descrizioni di ritratti femminili, brevi spunti elegiaci d’amore:

Nulla è più dolce di amore,
ogni altro diletto viene dopo di lui;
dalla mia bocca io sputo anche il miele.
Lo dice Nosside;
e chi da Cipride non fu baciato ignora
quali rose siano i fiori di lei.

***

Di Taumareta il volto questo dipinto contiene, l’alterigia
ha ritratto e l’amabilità dello sguardo soave.
vedendola, anche la cagnolina domestica scodinzolerebbe
di guardar supponendo la padrona.

***

Artemide, che Delo proteggi e Ortigia amabile,
le frecce sante deponi in grembo alle grazie
e, bagnato il puro corpo nell’Inopo, nelle dimore giù discendi
per liberare Alcèti dalle doglie tremende.

***

Qui Melinna è ritratta: guardarle il volto soave
mi pare dolcemente turbarmi.
Come chiaramente alla madre somiglia la figlia:
com’è bello per un genitore aver procreato figli a lui simili.!"



Scavi archeologici

«Per sentieri stretti e polverosi procediamo sotto un sole crudele che arroventa la campagna piena di silenzio. Olivi giganteschi dai tronchi robusti come pilastri custodivano la pace della natura, appena turbata da voci pacate che si levano dalle trincee degli scavi, sparse tra gli alberi secolari non ancora abbattuti…» (Vincenzo Ciardo, Brutium, 1957)

L’Archeologia a Locri diventa materia viva e  il Museo racconta nei pannelli i miti, i riti, le credenze, la  storia della Magna Grecia, di  quel mondo passato  ma così presente nella pittura vascolare, nei manufatti e nelle suppellettili.
Innegabile è l’emozione che si prova entrando in questo luogo dove tutto parla di storia, di un tempo passato, di cui il visitatore non può non sentirsi parte.

Sono visibili le grandi mura che perimetravano per oltre 7 km. l’antica città, l’area del rione artigianale e commerciale detto “Cento Camere”, il Tempio Jonico di Marasà e le torri di difesa e di avvistamento. Sulla collina di “Pirettina” sono visibili i resti del teatro greco-romano. Reperti archeologici di notevole interesse si trovano nel Museo Nazionale cittadino (Calabria, Viaggio nella Riviera dei gelsomini). La maggior parte della città comunque attende ancora di essere riportata alla luce.



Il tempio di Marasà fu realizzato da architetti e maestranze siracusane che operarono  a Locri Epizefiri nel 470 a. C. su iniziativa del tiranno Ierone di Siracusa.



La dimensione del tempio era di 45,5 m per 19,8 m. Il tempio aveva 17 colonne ioniche sui lati lunghi, e 6 colonne sulla fronte. Le colonne dovevano essere di circa 12 m di altezza, con base a capitello ionico a volute. È  uno dei pochi templi ionici della Magna Grecia.

« Locri, città d'Italia ordinata a leggi bellissime, dove per copia di sostanze e gentilezza di sangue non istà dopo a niuno... » (Platone. Timeo II, traduzione di Francesco Acri)

Il sole brucia la terra nelle ore più calde delle giornate di agosto, ma nei gesti e sui volti degli abitanti si legge la bontà tipica del luogo… aspettate, e la donna mi diede una bottiglia di acqua freschissima. Aveva un’età indefinibile, con abiti contadini, mi porse l’acqua e mi sorrise. Solo tre denti arricchivano la sua bocca e io vi lessi, riconoscente, il cuore della Locride.

In quel sorriso avevo ritrovato lo spirito antico dei valori ancestrali dell’ospitalità, gesti semplici che si ripetono come rituali.

Mangiai i meravigliosi fichi d’india dai colori variopinti che mi porgeva e immaginai in pittura quei monti che ne erano ricoperti a perdita d’occhio-.

Continua

Anna Lanzetta




 

giovedì 15 settembre 2011

Viaggiando con artisti e letterati 3, La Locride





«La regione più misteriosa ed inesplorata d’Italia», così Corrado Alvaro definiva la Calabria, tale è la Locride, terra di misteri, di tradizioni, di arte e di storia.

La Locride o “Riviera dei gelsomini”,  così denominata per la produzione del profumatissimo fiore che veniva coltivato nel tratto di costa compreso tra Brancaleone e Siderno, è situata lungo l’alto Jonio della provincia di Reggio Calabria e comprende 42 comuni che vanno da Palazzi a Monasterace.
La Locride,  luogo affascinante e suggestivo, posto tra l’Aspromonte e il mare Ionio, è per il visitatore un tuffo nella Magna Grecia. I resti di palazzi gentilizi, le chiese restaurate, i mosaici, i reperti archeologici, il bellissimo museo di Locri testimoniano la storia di città una volta fiorenti per il commercio, l’artigianato, ma i palazzi abbandonati testimoniano oggi un mutamento molto triste.
Il territorio montuoso, a tratti brullo, a tratti nudo, a tratti verdeggiante, si apre tra i monti e il mare Ionio, con un paesaggio bellissimo in cui distese di fichi d’india coprono i versanti dei monti a perdita d’occhio.

Tra questi monti, la natura appare incontaminata e rara è la presenza umana.



Le guglie, denominate le “Dolomiti del Sud”, dominano un territorio impervio ma stupendo, in cui si trova Canolo, da Kanalos-canale, circondato da cave di pietra rossastra. Territorio antichissimo con un’interessante zona archeologica dove sono stati rinvenuti reperti risalenti al neolitico, tra cui ceramiche e armi rudimentali di pietra levigata.



Le fiumare solcano il territorio come un lungo sentiero fino al mare.


«La furia delle acque sul versante più spoglio, lo Ionio, allarga i letti dei torrenti di anno in anno, divorando ettari di colture ricche, e questi fenomeni si registrano fino a quando le alluvioni grandiose non compiono l’opera creando un cataclisma e mutano addirittura la configurazione del terreno, spianano monti, preparano il crollo dei paesi sulle pendici dei monti».

«Non è bella la vita dei pastori in Aspromonte, l’inverno, quando i torbidi torrenti corrono al mare, e la terra sembra navigare sulle acque». È l’inizio di "Gente in Aspromonte", il romanzo in cui lo scrittore Corrado Alvaro così descrive quelle ampie vallate riempite di ghiaia e ciottolate che solcano il territorio più meridionale della Calabria. Le fiumare danno un colore particolare al paesaggio, come striature-scorticature bianche fatte sul verde della campagna o sul bruno delle montagne. Le fiumare rappresentarono nel passato le prime vie di penetrazione verso l’interno. (Alfonso Picone Chiodo)


 

Nel territorio di Bivongi, si trova la maggiore attrazione del luogo: la piccola basilica di San Giovanni Therestys dell’XI sec., dedicata al santo che operò nella vallata dello Stilaro, oggi ripristinata all’antico culto dei monaci ortodossi provenienti dal Monte Athos in Grecia.

Il monastero si sviluppò nel periodo normanno e divenne uno dei più importanti monasteri basiliani del Meridione d'Italia, mantenendo splendore e ricchezza sino al XV secolo. I suoi monaci erano molto dotti e possedeva  ricchi tesori e una vasta biblioteca.

La basilica si presenta come chiesa bizantina, ma con dimensioni normanne.
L'interno oggi è nuovamente adornato di icone, pitture, affreschi e preziosi arredi sacri come l'iconostasi e lo splendido e grandissimo lampadario in oro nella navata centrale, con una grande base di dodici lati, su ognuno dei quali è raffigurato un apostolo.

Sino agli inizi dell'XI secolo, la Calabria fu sotto il dominio bizantino il quale  consentì  che la regione   conservasse la cultura e la lingua greca e che nel territorio si sviluppasse il cristianesimo di rito bizantino. Pertanto l'Italia meridionale divenne in quei secoli una delle principali mete dei monaci ortodossi provenienti dall'oriente, soprattutto a partire dal VII secolo, dopo la lotta degli iconoclasti. In Aspromonte sorsero molti monasteri, e vi furono parecchi santi italogreci.

continua
Foto di Anna Lanzetta

lunedì 12 settembre 2011

Viaggiando con artisti e letterati 2



Arnold Böcklin (Basilea,1827- San Domenico di Fiesole, 1901), pittore svizzero,
La Vestale


L’Italia è come una Vestale che custodisce pudica sotto un candido velo la sua bellezza, che si cela nei misteri del suo tempo antico, che si racconta con i suoi miti, che mostra con orgoglio la sua storia e la sua arte che ad arte la riveste.


Culla di civiltà millenaria, l’Italia custodisce nelle sue bellezze e nella sua cultura, la sua vera ricchezza.

Ogni suo angolo innamora e stupisce il passeggero che a ogni passo scruta, interroga e si stupisce.

I luoghi più rinomati testimoniano la sua bellezza, e quelli più riposti, remoti, appartati, dimenticati e abbandonati svelano all’occhio attento le loro meraviglie. Luoghi noti e meno noti, che hanno incantato e che incantano artisti, scrittori, poeti e musicisti, ma anche il semplice viaggiatore che coglie in ogni suo anfratto l’eco della storia, alla vista di un colore, all’armonia di un suono.




Mosca- La casa del Patriarca

L’Italia è come un codice aureo che a ogni pagina ci mostra  tesori che hanno incantato  artisti e letterati:

Avvicinandomi all’Italia

Giunsi alle Alpi: l'anima mia ardeva,
Italia, mia Italia, al tuo nome:
e quando uscii dal cuore della montagna
e vidi la terra agognata della mia vita,
risi come chi ha conquistato un gran trofeo;
e meditando la tua stupenda fama
scrutai il giorno, finché segnato di ferite di fiamma
il cielo turchese divenne oro brunito.
Ondeggiarono i pini come la chioma di una donna,
e nei frutteti ogni frasca intrecciata
in scaglie di sbocciante spuma si sfaldò;
ma quando seppi che lontano, a Roma,
in vincoli obbrobriosi un secondo Pietro languiva,
piansi davanti al paese tanto bello.

Oscar Wilde (Dublino, 1854 – Parigi, 1900), scrittore, poeta e drammaturgo irlandese.

Anna Lanzetta

sabato 10 settembre 2011

Viaggiando con artisti e letterati 1



Jean-Michel Folon (Uccle, 1934 – Principato di Monaco,  2005),  illustratore, pittore e scultore belga,
In cammino

Dedico il tema del viaggio a tutti i lettori che danno vita a questo blog e in particolare agli studenti che iniziano un nuovo anno scolastico.



mappamondo del X sec.

miniatura di scuola mozarabica, da un manoscritto dell'Apocalisse

Viaggeremo insieme con parole e immagini in l’Italia e in altri paesi, in compagnia di artisti e letterati,
tra passato e presente, per allargare l’orizzonte delle nostre conoscenze e soddisfare le nostre curiosità.

Il viaggio è una scoperta di luoghi, di uomini e di cose; è un mezzo per accorciare le distanze, per sentirsi tutti più vicini, per conoscere se stessi e l’umanità.

Ogni viaggio è un’emozione perché ci rende partecipi della vita di altri popoli, della loro cultura e della loro storia.

Il titolo del tema, che verrà proposto in varie sezioni è: “Viaggiando con artisti e letterati”, perchè navigheremo tra arte, versi, prosa e altro ed è con Dante che iniziamo il nostro viaggio.



Guido, i' vorrei


Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento
e messi in un vasel, ch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio;

sì che fortuna od altro tempo rio
non ci potesse dare impedimento,
anzi, vivendo sempre in un talento,
di stare insieme crescesse ’l disio.

E monna Vanna e monna Lagia poi
con quella ch’è sul numer de le trenta
con noi ponesse il buono incantatore:

e quivi ragionar sempre d’amore,
e ciascuna di lor fosse contenta,
sì come i’ credo che saremmo noi.

Dante, Dalle Rime

Anna Lanzetta

martedì 6 settembre 2011

Per lo sciopero della CGIL, grande partecipazione a Firenze




In occasione dello sciopero nazionale, indetto dalla CGIL, siamo stati in tanti a sfilare a Firenze.
Il corteo, partito  dalla Biblioteca Nazionale, ha raggiunto, con grande partecipazione, Piazza  Santa Maria Novella .

Siamo stati in tanti e di tutte le età, per esprimere il disagio, il malcontento e il rifiuto di un paese che non vuole  essere più maltrattato.

In tanti, con cartelli, scritte e musiche per sentirci uniti in un bisogno comune di essere ascoltati in nome della propria dignità.