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Con l’augurio che il 2019 sia per tutti, vicini e
lontani, fecondo di luce e di affetto e
che ogni cuore gioisca per il fratello che
sorride speranzoso.
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Il fiore della speranza |
Attualità Cultura Musica Arte Curiosità Viaggi e altro
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Chiesa di Santa Lucia alle Malve |
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Cripta del Peccato Originale |
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La venerazione della Vergine, particolare di affresco, cripta del Peccato Originale |
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San Giovanni in Monterrone. Santi |
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Matera, Santa Maria di Idris |
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Un atto che ha commosso profondamente,
a dimostrazione che i valori della nostra cultura si possono temporaneamente
appannare ma non annullare e che la coscienza è sempre vigile a richiamarci
alla ragione. I bambini sono il futuro della società e tutti abbiamo l’obbligo
di educarli secondo i sani principi che
hanno caratterizzato da sempre la nostra cultura permeata di classicità, di
epica e di storia. I bambini ci giudicano e il loro giudizio è tremendo, temibile,
ogni loro possibile devianza sarà frutto di un nostro errore. Ma la generosità
che ha consentito di aprire la mensa a
tutti i bambini, ci dice che in ognuno
di noi è vivo il ricordo di ciò che eravamo, la consapevolezza di ciò che
siamo. È questa la nostra vittoria su chi vorrebbe a forza farci deviare. È la
solidarietà, la strada da riprendere contro ogni tentativo lesivo
dell’infanzia. A difesa, si sono unite le mamme. Hanno vinto i valori della
nostra cultura, base della nostra formazione, che abbiamo l’obbligo di
difendere e di trasmettere. La ragionevolezza si è fatta strada, contro comportamenti che sanno di barbarie e
di inciviltà. Si spera che la cultura illumini col sapere le menti di coloro
che non la conoscono o che forse per ignoranza la temono, e che insieme si
possa vedere al di là delle apparenze la verità del momento poco appagante, che
risvegli le nostre menti e le indirizzi verso scelte capaci di privilegiare il
bene di tutti indiscriminatamente, affinchè ogni barriera e ogni pregiudizio
sia abbattuto dalla ragione e dalla conoscenza nella consapevolezza che ogni
diversità è per noi ricchezza irrinunciabile.
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Intanto la prima barriera è stata
abbattuta e speriamo che se ne possano demolire tante altre per poter respirare
di nuovo privi di regole malsane. I bambini sono di nuovo insieme in un clima di
convivenza dove nessuna ombra per ora offusca il loro sorriso d’innocenza.
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Ceri sul Gange |
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I ghat, abluzioni nel Gange |
La puja-preghiera |
I ghat crematori |
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Con l’inizio
dell’anno scolastico si ripropongono gli annosi problemi della scuola che la rendono sempre più instabile. L’abbandono scolastico è uno dei più gravi e ci obbliga ogni anno a riparlarne
tra amarezze e possibili rimedi. Ogni volta che un ragazzo abbandona la scuola
apre una ferita all’interno della società non rimarginabile. Accanto a
problemi, quali: il precariato, la mancanza di personale, specialmente per il
sostegno, l’assegnazione delle cattedre, e tanti altri, la dispersione si pone in tutta la sua
gravità e ci obbliga a riflettere su come intervenire. Interventi e progetti
vengono effettuati ma risultano del tutto insufficienti visto che il problema permane e investe essenzialmente le zone più
disagiate. Quali sono i motivi che spingono i ragazzi all’abbandono?. Innanzitutto
la loro fragilità, specialmente nella
fase adolescenziale, la scarsa considerazione che hanno della scuola, non supportata dalla
famiglia, la poca fiducia nelle proprie capacità, il guadagno
apparentemente veloce che miete
costantemente vittime, a beneficio della strada. I ragazzi purtroppo, sono
facili prede, e affascinati dall’apparire, sono facilmente aggirabili con false
chimere; la formazione delle baby gang e
il fenomeno del bullismo lo dimostrano. Il problema diventa sempre più
preoccupante dato che, nonostante l’impegno di volontari, degli insegnanti e di
progetti mirati, non si riesce ad arginarlo. Perdere un ragazzo, è uno smacco
per l’intera società, un fallimento, poiché
dimostra la nostra incapacità di trattenere i ragazzi nelle aule per un adeguato processo di educazione e di formazione. È chiaro, che la gravità del
problema richiede un impegno collettivo, attivo e costantemente partecipato.
Sul piano educativo, limitare il numero degli studenti per classe, potrebbe
aiutare, specialmente nel biennio. Sul piano didattico, bisogna rivedere
programmi e metodologie, individuando strumenti e strategie capaci di suscitare in ogni discente interesse e
curiosità, uscire dai testi e lasciare che il pensiero navighi libero da
coercizioni programmatiche; ce lo suggeriscono gli stessi ragazzi quando dicono
che non sono interessati, che si annoiano. Sul piano personale bisogna che acquistino
fiducia e autostima, fondamentali per credere nelle proprie capacità e operare
scelte critiche e consapevoli. È necessario che la scuola dia loro sicurezza e speranza; che li renda
artefici di se stessi nel ruolo di protagonisti,
in cui il sapere diventi saper fare, con la libertà di inventare, di creare e di modellare le proprie conoscenze secondo i
propri interessi; che li guidi al corretto utilizzo degli strumenti della comunicazione; che usi
la sinergia dei linguaggi espressivi aprendo
loro il mondo della “bellezza”, attraverso
la musica e le arti.
Educhiamoci ad
educare! Questo deve essere il nostro slogan.
Famiglie,
istituzioni, l’intera società è chiamata a rispondere delle proprie responsabilità. Il
dialogo deve vincere sul silenzio e diventare un punto di convergenza per l’ascolto,
per un’analisi circostanziata dei fenomeni negativi che investono i ragazzi,
per confrontarsi, uscire dal proprio isolamento e operare cambiamenti e
riforme, frutto dell’esperienza di chi vive
dal di dentro la vita scolastica nelle sue problematiche quotidiane, e non calate dall’alto, col rischio che il
tutto risulti fallimentare. Bisogna assolutamente allontanare i ragazzi dalla noia e dalla
solitudine, dare loro certezze e l’affettività
di cui hanno bisogno, una speranza che li
tiri fuori dal guscio che li separa dal contesto sociale, il senso di appartenenza, di comunità in cui i
valori della vita prendano forma e aprano i loro occhi ai valori planetari,
senza rifiuti e distinzioni. È necessario che nella società e in particolare
nelle scuole, gli adulti si interroghino sul proprio agire e retrocedano
consapevolmente da comportamenti sbagliati e violenti che in prospettiva si
riflettono sui ragazzi. Ognuno a scuola deve riprendere il proprio ruolo e dare in
concreto un pieno significato alle parole “regole”, “dignità” e
“rispetto”, sia a livello individuale che collettivo e contro ogni forma
di violenza e di prevaricazione riconoscere alla cultura il suo ruolo storico e
alla scuola l’alveo capace di assicurare un domani a tutti. Contro le
incertezze devono prevalere: la passione all’insegnamento, l’impegno e la dedizione,
realizzabili solo con tenacia e volontà e
con progetti finalizzati al recupero, la
cui completa vittoria non sarà la lode del primo ma il ritorno e l’inserimento dell’ultimo. Al
punto in cui siamo, il compito non si presenta né facile né immediato, dobbiamo tuttavia agire e ai ragazzi che si
allontanano dobbiamo offrire serietà, impegno e la vicinanza dell’intera
società. Ma per operare in modo costruttivo e finalizzato, non bastano gli sforzi
individuali e collettivi che sebbene elogiabili, risultano insufficienti a durare
nel tempo se le Istituzioni non prendono in cura la scuola, restituendole
l’”autorità” dovuta e intervenendo con un costante impegno economico e con
finanziamenti a largo raggio, nella piena e convinta consapevolezza che
investire in cultura è la più grande
ricchezza del nostro paese sia nel presente che in una prospettiva futura e che
il valore della scuola deve essere anteposto a qualsiasi investimento in altri
settori, perché la cultura è un’arma
insostituibile contro ogni forma di prevaricazione ed è l’unica e vera base di ogni società in progress.
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Ogni luogo
d’Italia affascina ed emoziona e nella Locride, terra di Calabria, definita
preziosa per memoria, cultura e storia, si scoprono perle tra le più rare. Basta avventurarsi per
strade scoscese, su per i monti, ammantati di fichi d’india lussureggianti, per imbattersi all’improvviso in tesori che rubano il cuore per bellezza, maestosità e
misticismo. Siamo nelle campagne del
Comune di Bivongi, in provincia di Reggio Calabria, in una vallata sovrastata
dalle ripide pareti del monte Consolino, denominata Vallata bizantina dello
Stilaro, luogo di insediamenti ascetici, posti sulle pendici del monte e delle
colline circostanti, abitati da monaci forniti di grande cultura e spiritualità.
Si viaggia
spinti dalla curiosità di conoscere, di vedere e di godere di ogni bellezza che
il territorio che si visita ci regala e nella Locride ogni pietra diventa
depositaria di una storia che ad ogni passo si disvela.
Il profumo è
intenso lungo la riviera dei gelsomini, il silenzio
ammanta e nessun rumore lo infrange. Si raggiunge un ristretto pianoro compreso
tra le fiumare dello Stilaro e dell’Assi.
La vista è incantevole e il
paesaggio ammalia ad ogni passo mentre l’occhio curioso si spinge in lontananza
e si appaga di una bellezza incontaminata. Si resta rapiti e trasportati in un altro tempo e in un luogo dove ogni
ciottolo racconta una scheggia di vita. Ed
ecco apparire a un tratto, quasi come in un sogno, un monumento dall’architettura che richiama in alcuni elementi lo stile
bizantino e in altri quello normanno, un
complesso monastico pregevole, dedicato
a San Giovanni Theristis, vissuto intorno al 1.100, l’unico in Italia
fondato dai monaci del monte Athos. Si
racconta che nell’XI secolo, in questo
territorio sia vissuto un giovane monaco nato a Palermo, al quale si
attribuiscono vari miracoli come quello di un’improvvisa mietitura del grano a
Maroni, da cui l’appellativo di
Theristis, che significa appunto “mietitore”.
Il complesso risale alla fine dell’XI secolo e fu
gestito da monaci che, scampati tra il
secolo X e XI alle invasioni arabe di Sicilia, si rifugiarono in Calabria. Così
ce ne parla Fulvio Calabrese: Il crescere della potenza islamica
e la sua progressiva espansione nel bacino del Mediterraneo, costrinsero monaci
ed eremiti ad abbandonare nel corso del secolo VII, l’Oriente
cristiano ed a trovare rifugio nella vicina Calabria, che per le
caratteristiche geomorfologiche, ricordava loro le terre d’origine. Grazie
alla venuta di questi asceti, moltissimi furono i monasteri e gli oratori
edificati in tutto il thema, considerato
un nuovo punto d’irradiazione della cristianità, e numerosi quelli costruiti
nella stessa vallata dello Stilaro, dove, fra il secolo X ed il XII, vennero
fondati ben 44 luoghi di culto tra laure, cenobi e monasteri. Tali insediamenti erano abitati da diversi
monaci così forniti di cultura, spiritualità e ascetismo, da far definire
questa zona la Terrasanta
del monachesimo greco – ortodosso in Calabria.
La lettura è affascinante, le distanze si accorciano, mentre si associa al
luogo, non senza emozione, il ricordo della Cappadocia.
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L’edificio, un tempo splendido per ricchezze e
famoso per cultura, con la costituzione dell’Ordine Basiliano, da Basilio Magno, suo fondatore, divenne uno dei maggiori cenobi della congregazione religiosa greco-ortodossa
“uniate” fornito di reliquie e di una vasta biblioteca con manoscritti di
grande pregio. Nel XVII secolo, a causa delle scorrerie dei briganti, fu
abbandonato e decadde completamente, fino a lasciare solo ruderi alle
intemperie.
L’Italia meridionale è come un’ostrica che cela
bellissime perle di cultura, di arte e di storia, che aspetta di essere aperta
con rispetto e cautela per godere dei tesori del suo importante patrimonio. Negli
anni venti del ‘900 il monastero fu scoperto, in mezzo alla folta vegetazione
dell’epoca, dall’archeologo Paolo Orsi, che così ne parla: «A
settentrione di Stilo una catena di modica elevazione separa le due contigue e
parallele vallate dello Stilaro e dell’Assi. A cavallo del valico che collega i
due bacini e che dovette essere attraversato da una mulattiera assai malagevole
ma altrettanto frequentata nei tempi di mezzo, sorgono le ruine di S. Giovanni
vecchio, quasi all’altezza di Stilo, emergenti in mezzo a macchie di neri elci
e di verdi querce, e così segregate dal mondo per la profonda vallata che ben
pochi degli Stiletani le conoscono, e nessuno studioso dell’arte le aveva
visitate. In questa chiusa e quasi mistica solitudine assai prima del sec. X
sorse un umile monastero basiliano….» «….a tanto assurse la sua fama, da
esser proclamato «caput monasterium ordinis S. Basilii in Calabria».
La compresenza di Arabi, Bizantini e Longobardi in
questi luoghi tra il IV e il X secolo realizzò uno scambio culturale ed
economico tra le popolazioni del luogo ancora oggi riscontrabili in monumenti, un
tempo testimonianze di grande fervore culturale e artistico, oggi riportati
alla luce con accurati restauri. Il
monastero di San Giovanni Thirestis è uno di questi e la sua bellezza, grazie
al restauro, lascia senza parole. Esso vanta un passato glorioso e, ridotto nel
tempo a rudere è rinato nel 1994 con il ritorno di monaci greco-ortodossi,
provenienti dal monte Athos che hanno ridato vita al centro monastico che, dal
2008, è retto dai monaci della Diocesi
Romena Ortodossa d’Italia. Il luogo è
mistico e il silenzio e il rispetto sono
d’obbligo. Tutto rapisce e come un’eco che si propaga da lontano, se ne può
ascoltare la storia dagli stessi monaci, che ne curano la vita.
Nel 1990
cominciarono i lavori di ristrutturazione e oggi
il complesso si può ammirare in tutta la
sua bellezza, quale esempio di architettura monastica dell’XI secolo. L'interno è pura armonia, ricco di icone,
pitture, affreschi e pregevoli arredi sacri come l'iconostasi e lo splendido
lampadario in oro nella navata centrale, con una grande base di dodici lati, su
ognuno dei quali è raffigurato un apostolo, vero gioiello di arte eccelsa.
Il centro è
diventato attivo con la celebrazione della Divina Liturgia secondo il rito
ortodosso e molti sono i pellegrini dell’Europa dell’Est che vengono per visitarlo
e ammirare le montagne ricche di grotte, di eremi e di vallate che
invitano alla meditazione.
All'esterno del
complesso, alcune porzioni di
intonaco affrescate ci
dicono che un tempo tutto
l'esterno era dipinto, a testimoniare l’unicità della
costruzione.
La
Calabria ha
sempre qualcosa da regalare all’attento viaggiatore che curioso, si accinge a
visitarla, tanto da farsi riconoscere come scrigno di tesori inestimabili e noi
godremo insieme di tali bellezze.
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