giovedì 20 ottobre 2016

Capolavori a Villa La Quiete

 Ridolfo del Ghirlandaio e Michele Tosini, Sposalizio Mistico di Santa Caterina
La sala a piano terra di Villa La Quiete ospita una piccola ma interessante mostra con  capolavori che provengono dalla chiesa di San Jacopo a Ripoli, un tempo importante monastero di domenicane situato nell’odierna via della Scala a Firenze.
 Sandro Botticelli, Incoronazione della Vergine e Santi, proveniente dalla chiesa di San Francesco 
(oggi Sant'Andrea) a Montevarchi. (part.)
Opere di luce che illuminano la sala di messaggi e di amore e fermano il visitatore sulle storie che raccontano, sui personaggi emblemi di vita monastica e di sacralità, senza trascurare i particolari ora leggiadri ora fortemente espressivi.   
Ma l’opera che ha fermato il mio passo è stato  il Crocifisso, legno dipinto, di Baccio da Montelupo per il forte realismo.

Chi desidera godere di questi capolavori ha tempo fino al 30 ottobre

domenica 9 ottobre 2016

Mostra:"In collezione. Un percorso d’arte dal XIII al XX secolo"


È una meravigliosa immersione nell’arte, la mostra “In collezione. Un percorso d’arte dal XIII al XX secolo” , con la quale per la prima volta viene esposta al pubblico una selezione della collezione d'arte dell'Ente Cassa di Risparmio di Firenze, che vanta più di 900 opere.

La Fondazione, ha aperto le porte della sua sede in via Bufalini per rendere tutti partecipi di questo evento straordinario.
Ogni sala è un racconto di vita quotidiana, di momenti di storia, di personaggi, di storia toscana e di Firenze in particolare. La mostra denota la passione per l’arte di chi ha acquistato nel corso degli anni opere oggi esposte a beneficio dei visitatori e di chi ha scelto con cura le opere da esporre. Il progetto scientifico, a cura di Carlo Sisi, direttore della Commissione Tecnica Arte interna all’Ente, propone al visitatore un percorso inusitato di opere, dal XIII al XX secolo, esempi di  come stili e generi  mutino nel tempo

Di sala in sala le opere, scelte con un criterio cronologico, accendono la curiosità e sollecitano confronti dove guardare, vedere, confrontare e interrogarsi diventano pause per  un dialogo muto ma sotteso con gli stessi artisti, un lasso di tempo proficuo per creare un rapporto di simbiosi con l’opera e l’artista.
 Le sale di rappresentanza degli uffici della Fondazione si mutano così in un palcoscenico dove recitano emozioni, sentimenti e stati d’animo e dove le parole non dette prendono corpo nell’intimo di ognuno.

Giotto di Bondone, San Francesco, 1320 ca.

La curiosità sollecita ogni visitatore e il percorso propone opere di eccellenza come una splendida manifattura di Doccia o riporta indietro nel tempo, a quell’arte sacra con fondo oro che accende di luce la sala con Mariotto di Nardo, Pacino di Bonaguida, Gherardo Starnina, e altri ma dove a rubare la scena è sempre Giotto di Bondone.

Giotto di Bondone, San Giovanni Battista, 1320ca.

Da Giotto a Filippino Lippi a Primo Conti è una continua immersione  nell’arte e riesce difficile distogliere lo sguardo da opere con le quali il dialogo si impone: Ghirlandaio, Filippino Lippi, Perugino, Vasari e Wauters.

Carlo Canella, Veduta di piazza della Signoria dalla Loggia dei Lanzi, 1830  


Le opere scelte parlano in prevalenza della storia della Toscana e di Firenze in particolare con ritratti di personaggi dei Medici e degli Asburgo-Lorena, con paesaggi e luoghi cari alla memoria in un traslato tra passato e presente nelle opere di Giuseppe Zocchi, Pandolfo Reschi, Thomas Patch che ci rimandono atmosfere suggestive e ancora  T. Hartley Gromek, Giovanni Signorini, Lorenzo Gelati, Carlo Canella, E. Augustus Gifford e Giuseppe Moricci e le innumerevoli Vedute di Firenze antica di  Fabio Borbottoni. 


Lorenzo Gelati, L'Arno alla pescaia di San Niccolò al tramonto, 1860

Francesco Gioli, Acquaiola, 1891


Bellezza si aggiunge a bellezza con la solarità di Francesco Gioli, la malinconia di Niccolò Cannicci, i Buoi al pascolo di Giovanni Fattori, e momenti di storia con Pietro Senno, Odoardo Borrani e Ruggero Panerai.

Ardengo Soffici, Campi d'autunno, 1907  


Si guarda, si ammira e via via l’occhio spazia da Liewelyn Lloyd a Oscar Ghiglia, da Ardengo Soffici a Felice Casorati, da Lorenzo Viani a Primo Conti, dalla poesia di Giovanni Colacicchi e poi avanti con Luigi Gioli, Mariotto di Nardo, Angiolo Tommasi e Niccolò Cannicci. Alla fine del percorso, lo sguardo a forza si distoglie; abbandonare il luogo è difficile come difficile è chiudere un libro aperto su una pagina che non vorresti mai lasciare.
Siamo usciti ma resta il gusto di ciò che abbiamo visto e il desiderio di rientrare. L’invito è di visitare la mostra che resterà aperta fino al 15 gennaio per scoprire e leggere le opere degli artisti menzionati, che diventano pagine letterarie, poesie o spartiti musicali, per provare emozioni  e nutrirsi appieno del sentimento dell’arte.

domenica 2 ottobre 2016

Trieste:città della memoria

  La Risiera di San Sabba. Luogo di dolore e di morte .
Nel periodo che va dall'armistizio (8 settembre 1943) all'immediato dopoguerra,
Trieste fu al centro di una serie di
 vicende che ne hanno segnato profondamente la storia.

                                                                                                                                                                                    
Cortile interno della Risiera. Luogo di segregazione e di morte. Ogni parola risulterebbe inadeguata a descriverne l'orrore.
       Pensieri attanagliano la mente e torna imperioso Goya "Il sonno della ragione genera mostri"
Nel settembre del 1943 la  Germania nazista occupò la città  e durante l'occupazione la  Risiera di San Sabba  venne destinata a campo di prigionia, e di sterminio per detenuti politici, ebrei, partigiani italiani e slavi, con forni crematori che funzionavano a pieno regime.
 Durante la visita al Museo, la storia prende vita nei volti dei personaggi, nelle storie lette e raccontate, nel silenzio che ammanta su note tristi e dolorose. E io mi chiedo se la storia riuscirà ad insegnare affinchè nulla si ripeta. Riuscirà l'uomo a rinsavire? Ma nessuna  riposta mi soccorre.
Oggi la Risiera è  Monumento Nazionale e museo.
                                                       Monumento alle vittime.                                                             Nessuna  descrizione potrebbe renderne l'impatto emotivo e l'immagine si scolpisce dentro con forza affinchè nulla si dimentichi. La storia si insinua nelle coscienze e nelle menti a monito, affinchè tali orrori non si ripetano e le mani dell'intera umanità si rivolgano in pace all'uomo e non al cielo, allora unico rifugio.

Monumento ai 71 italiani fucilati a Trieste per rappresaglia dai nazisti il 3 aprile 1944

Il 3 aprile 1944 venivano uccise 71 persone (tra cui militanti antifascisti, partigiani italiani, sloveni, croati, rastrellati a Trieste e in altri centri della regione), presso il poligono di tiro di Opicina, vicino a Trieste, in seguito alla rappresaglia ordinata per un attentato avvenuto in un  cinema che causò la morte di 7 soldati tedeschi. Questi 71 cadaveri furono i primi ad essere bruciati nel forno crematorio della risiera di San Sabba a Trieste, unico campo di sterminio esistente in Italia.