venerdì 18 novembre 2016

Il dramma umano. "Il Compianto sul Cristo morto"



È difficile descrivere la drammaticità di quest'opera perché va oltre le parole. Spinta dal desiderio di vederla sono entrata in Santa Maria della Vita, a Bologna, e ne sono rimasta folgorata.
Le sette figure,  disposte intorno al Cristo morto esprimono  nella gestualità  e nei tratti del volto la propria disperazione e il dramma dell’uomo. 
Lasciano un segno profondo le due Marie con le vesti gonfiate dal vento. La scena è coinvolgente e a stento si distoglie lo sguardo dai singoli personaggi che esprimono con una marcata fisionomia il dramma che stanno vivendo: chi in silenzioso raccoglimento chi in una disperazione lacerante.
Il gruppo tocca profondamente il visitatore per la maestria con cui l’artista l’ha rappresentato ma anche perché in ogni volto si può leggere il dramma dell’uomo e delle sue vicissitudini mai così in tema come oggi. 
 


I personaggi del "Compianto"
È un gruppo scultoreo di sette figure in terracotta con tracce di policromia, capolavoro di Niccolò dell’Arca, conservato nella chiesa di Santa Maria della Vita a Bologna.
L’impatto con queste figure è fortissimo per il pathos che esprimono e solo con una visita diretta (che si raccomanda) se ne possono cogliere tutti gli elementi.






giovedì 3 novembre 2016

Firenze: 4 novembre 1966



Oggi 4 novembre ricordiamo l’alluvione del 1966 che sconvolse la città di Firenze e parte del territorio toscano.
Firenze non era nuova a simili cataclismi e scorrendo le date, ci rendiamo conto che periodicamente la città ha fatto i conti con la furia sconvolgente dell’Arno: 1333, 13 settembre 1557, 3 novembre 1844, 4 novembre 1966.
La storia di Firenze si legge sui suoi muri e le targhe poste in vari punti ne ricordano fin  dalle origini   episodi, avvenimenti, vicende, personaggi illustri e le alluvioni precedenti al 1966. In Via San Remigio, una targa  ricorda l'alluvione del 1333 dove una manina scolpita indica il livello raggiunto dalle acque e più in alto a confronto riporta  il livello raggiunto dalle acque nel 1966.
L’alluvione del 1966 comportò secondo i dati: 34 morti, 13.000 famiglie disastrate, 12.000  automobili sommerse, 20.000  imprese artigiane alluvionate, danni per migliaia di miliardi di lire. 1.200  opere d'arte, due milioni di volumi e 1.600 metri quadrati di affreschi furono  sommersi dal fango.



Il nostro primo pensiero, oggi va a quei giorni, quando alzandosi di livello, le acque portavano via persone e cose, cancellavano la memoria della città e sotterravano nel fango parte del nostro illustre patrimonio. Moriva Firenze  e secoli di storia, sepolti da una furia inarrestabile.  
In questi giorni molte sono le iniziative per ricordare la terribile alluvione del 1966: conferenze, convegni, libri e  mostre commemorano e documentano non senza emozione quei giorni, quando tutti, fiorentini e non, si sentirono accomunati in uno slancio fatto di passione e di operosità, perché si intervenisse e con alacrità  negli aiuti alla popolazione, nella ricerca e nel recupero di materiale e nel restauro poi di tutto ciò che si potesse salvare. Fu allora il momento più bello: gli “angeli del fango” come furono  definiti, accorsero da ogni parte perché Firenze appartiene all’intera umanità, e il mondo intero si mosse contro  lo scempio delle acque. Le testimonianze di oggi ci sono care a suggello della dedizione di cui gli uomini sono capaci, capaci di sentirsi uniti a difesa della vita e  della cultura minacciata, che tanta  bellezza  aveva diffuso.



Fu bellissimo vedere in quei giorni che in tanti  e tanti giovani accorrevano da ogni parte per dare il proprio contributo  incuranti dei  disagi, perché non si cancellasse la memoria di una città che tutti portiamo nel cuore. Notevoli furono gli interventi per salvare uomini e cose e lodevole  la dedizione al recupero e poi al restauro delle opere d’arte e del patrimonio cartaceo che ci ha consentito di allestire e di  riaprire i luoghi dove la cultura è -madre- e di ammirare, anche se solo in parte opere che pensavamo perdute per sempre come il magnifico “Crocifisso” di Cimabue.




A guardarsi intorno sembra un miracolo, un’azione eccezionale dell’uomo, di uomini venuti anche da lontano affinché la volontà di conservazione prevalesse sullo scempio operato dalla natura e Firenze risorse  più bella e più ricca  grazie a  coloro che accorsero, che non si arresero e ai quali oggi va il nostro grazie.
Da allora interventi  sono stati compiuti a livello urbanistico e idrogeologico a nostra salvaguardia e dell’intera città ma ci chiediamo se basta… Non possiamo abbassare la guardia ma bisogna operare affinchè tali cataclismi non ci colgano impreparati,  perché il prezzo di vite umane che in tali circostanze si paga è troppo alto.
Dobbiamo operare incessantemente  per la  salvaguardia  della nostra vita, della nostra economia,   dell’ambiente e per la conservazione del patrimonio artistico-culturale di cui siamo custodi in termini di bellezza, di memoria e di ricchezza, costruito da quel “genio” di cui andiamo fieri; non possiamo rischiare di essere vittime ma dobbiamo trasformarci in operatori per la  difesa nostra  e  della città con le sue ricchezze.
Tale evento è stato ampiamente ricordato per la memoria  di un vissuto da non dimenticare,   per la dedizione, il coraggio e  la solidarietà di quanti , incuranti del fango e dei disagi  offrirono le proprie braccia per cercare  il recuperabile. Ancora si lavora, si restaura e tanto è stato fatto ma ancora molto resta da fare. 
Firenze accoglierà tutti gli “angeli del fango” che risponderanno al suo appello  per stringersi di nuovo insieme in una catena umana che nessun fango potrà mai spezzare quando a tenerla unita è la volontà, il coraggio e la tenacia.