mercoledì 30 marzo 2011

Quando la pittura è evocazione



Francesco Gandolfi (1824-1873) Partenza del soldato

Gandolfi mostra il mondo degli affetti sacrificati alla Patria in un ambiente rurale, umile e semplice ma ricco di valori.
I Macchiaioli furono nel contesto risorgimentale pittori fotografi, pittori cronisti che ci hanno lasciato testimonianze notevoli di scontri bellici, di tratteggi veristi, del sacrificio compiuto da tanti giovani, del ruolo delle donne che non furono mai frenanti ma pronte a rinunciare e ad agire:

In occasione della presentazione del libro Addio mia bella addio…La storia del Risorgimento tra parole, immagini e musica, eravamo tutti intenti a guardare i quadri dei Macchiaioli e a decodificarne il senso ma giunti al quadro di Gandolfi La partenza del soldato, la scena  mi ha evocato una delle pagine più emozionanti dell’ “Iliade”: “l’incontro di Ettore e Andromaca alle Porte Scee” e all’istante l’ho richiamato, ponendo in  analogia con altri quadri, altre figure di donne omeriche  notevoli per dignità, valori, senso di sacrificio e Amor Patrio:
..........
Come deserta Ettòr vide la stanza,
arrestossi alla soglia, ed all'ancelle
vòlto il parlar: Porgete il vero, ei disse;
Andromaca dov'è? Forse alle case
di qualcheduna delle sue congiunte,
o di Palla recossi ai santi altari
a placar colle troïche matrone
la terribile Dea? - No, gli rispose
la guardïana, e poiché brami il vero,
il vero parlerò. Né alle cognate
ella n'andò, né di Minerva all'are,
ma d'Ilio alla gran torre. Udito avendo
dell'inimico un furïoso assalto
e de' Teucri la rotta, la meschina
corre verso le mura a simiglianza
di forsennata, e la fedel nutrice
col pargoletto in braccio l'acccompagna.
Finito non avea queste parole
la guardïana, che veloce Ettorre
dalle soglie si spicca, e ripetendo
il già corso sentier, fende diritto
del grand'Ilio le piazze: ed alle Scee,
onde al campo è l'uscita, ecco d'incontro
Andromaca venirgli, illustre germe
d'Eezïone, abitator dell'alta
Ipoplaco selvosa, e de' Cilìci
dominator nell'ipoplacia Tebe.
Ei ricca di gran dote al grande Ettorre
diede a sposa costei ch'ivi allor corse
ad incontrarlo; e seco iva l'ancella
tra le braccia portando il pargoletto
unico figlio dell'eroe troiano,
bambin leggiadro come stella. Il padre
Scamandrio lo nomava, il vulgo tutto
Astïanatte, perché il padre ei solo
era dell'alta Troia il difensore.
Sorrise Ettorre nel vederlo, e tacque.
Ma di gran pianto Andromaca bagnata
accostossi al marito, e per la mano
strignendolo, e per nome in dolce suono
chiamandolo, proruppe: Oh troppo ardito!
il tuo valor ti perderà: nessuna
pietà del figlio né di me tu senti,
crudel, di me che vedova infelice
rimarrommi tra poco, perché tutti
di conserto gli Achei contro te solo
si scaglieranno a trucidarti intesi;
e a me fia meglio allor, se mi sei tolto,
l'andar sotterra. Di te priva, ahi lassa!
ch'altro mi resta che perpetuo pianto?
Orba del padre io sono e della madre.
M'uccise il padre lo spietato Achille
il dì che de' Cilìci egli l'eccelsa
popolosa città Tebe distrusse:
m'uccise, io dico, Eezïon quel crudo;
ma dispogliarlo non osò, compreso
da divino terror. Quindi con tutte
l'armi sul rogo il corpo ne compose,
e un tumulo gli alzò cui di frondosi
olmi le figlie dell'Egìoco Giove
l'Oreadi pietose incoronaro.
Di ben sette fratelli iva superba
la mia casa. Di questi in un sol giorno
lo stesso figlio della Dea sospinse
l'anime a Pluto, e li trafisse in mezzo
alle mugghianti mandre ed alle gregge.
Della boscosa Ipoplaco reina
mi rimanea la madre. Il vincitore
coll'altre prede qua l'addusse, e poscia
per largo prezzo in libertà la pose.
Ma questa pure, ahimè! nelle paterne
stanze lo stral d'Artèmide trafisse.
Or mi resti tu solo, Ettore caro,
tu padre mio, tu madre, tu fratello,
tu florido marito. Abbi deh! dunque
di me pietade, e qui rimanti meco
a questa torre, né voler che sia
vedova la consorte, orfano il figlio.
Al caprifico i tuoi guerrieri aduna,
ove il nemico alla città scoperse
più agevole salita e più spedito
lo scalar delle mura. O che agli Achei
abbia mostro quel varco un indovino,
o che spinti ve gli abbia il proprio ardire,
questo ti basti che i più forti quivi
già fêr tre volte di valor periglio,
ambo gli Aiaci, ambo gli Atridi, e il chiaro
sire di Creta ed il fatal Tidìde.

 

 Giorgio De Chirico (1888-1978) Ettore e Andromaca

Dolce consorte, le rispose Ettorre,
ciò tutto che dicesti a me pur anco
ange il pensier; ma de' Troiani io temo
fortemente lo spregio, e dell'altere
Troiane donne, se guerrier codardo
mi tenessi in disparte, e della pugna
evitassi i cimenti. Ah nol consente,
no, questo cor. Da lungo tempo appresi
ad esser forte, ed a volar tra' primi
negli acerbi conflitti alla tutela
della paterna gloria e della mia.
Giorno verrà, presago il cor mel dice,
verrà giorno che il sacro iliaco muro
e Priamo e tutta la sua gente cada.
Ma né de' Teucri il rio dolor, né quello
d'Ecuba stessa, né del padre antico,
né de' fratei, che molti e valorosi
sotto il ferro nemico nella polve
cadran distesi, non mi accora, o donna,
sì di questi il dolor, quanto il crudele
tuo destino, se fia che qualche Acheo,
del sangue ancor de' tuoi lordo l'usbergo,
lagrimosa ti tragga in servitude.
Misera! in Argo all'insolente cenno
d'una straniera tesserai le tele.
Dal fonte di Messìde o d'Iperèa,
(ben repugnante, ma dal fato astretta)
alla superba recherai le linfe;
e vedendo talun piovere il pianto
dal tuo ciglio, dirà: Quella è d'Ettorre
l'alta consorte, di quel prode Ettorre
che fra' troiani eroi di generosi
cavalli agitatori era il primiero,
quando intorno a Ilïon si combattea.
Così dirassi da qualcuno; e allora
tu di nuovo dolor l'alma trafitta
più viva in petto sentirai la brama
di tal marito a scior le tue catene.
Ma pria morto la terra mi ricopra,
ch'io di te schiava i lai pietosi intenda.
Così detto, distese al caro figlio
l'aperte braccia. Acuto mise un grido
il bambinello, e declinato il volto,
tutto il nascose alla nudrice in seno,
dalle fiere atterrito armi paterne,
e dal cimiero che di chiome equine
alto su l'elmo orribilmente ondeggia.
Sorrise il genitor, sorrise anch'ella
la veneranda madre; e dalla fronte
l'intenerito eroe tosto si tolse
l'elmo, e raggiante sul terren lo pose.
Indi baciato con immenso affetto,
e dolcemente tra le mani alquanto
palleggiato l'infante, alzollo al cielo,
e supplice sclamò: Giove pietoso
e voi tutti, o Celesti, ah concedete
che di me degno un dì questo mio figlio
sia splendor della patria, e de' Troiani
forte e possente regnator. Deh fate
che il veggendo tornar dalla battaglia
dell'armi onusto de' nemici uccisi,
dica talun: Non fu sì forte il padre:
E il cor materno nell'udirlo esulti.
Così dicendo, in braccio alla diletta
sposa egli cesse il pargoletto; ed ella
con un misto di pianti almo sorriso
lo si raccolse all'odoroso seno.

.......................
( dal libro VI dell'Iliade di Omero )
 

 Jaques-Louis David (1748-1825) 
Andromaca piange la perdita di Ettore

Spontaneo e immediato è stato l’accostamento di due donne, appartenenti a due ceti diversi, lontanissime nel tempo ma accomunate dal senso del dovere e dall’onestà degli intenti.

Nella pittura metafisica di De Chirico, Ettore e Andromaca sono personaggi atemporali, l’espressione di un sentimento profondo, l’atto straziante del commiato, comune a ogni tempo e a ogni luogo, che mi piace definire “Poesia del silenzio dell’anima”.

Anna Lanzetta

Il libro Addio mia bella addio…La storia del Risorgimento tra parole, immagini e musica, è reperibile nelle migliori librerie al prezzo di 10 euro

  
 

giovedì 24 marzo 2011

Al Palazzo del Podestà del Galluzzo per presentare il libro "Addio mia bella addio...La storia del Risorgimento tra parole, immagini e musica"





Siamo al secondo incontro con il pubblico per presentare il libro Addio mia bella addio...La storia del Risorgimento tra parole, immagini e musica, e questa volta entreremo nel vecchio Palazzo del Podestà del Galluzzo e precisamente nella sala Consiliare con un soffitto a volte molto suggestivo.
Il Palazzo avrebbe bisogno di un restauro e se ne sollecita l’intervento. Non manca tuttavia l’attenzione di chi ha a cuore questo patrimonio e la memoria del Galluzzo e tra questi  Dario Ciampini, le cui pubblicazioni relative specialmente agli stemmi che ne adornano la facciata in numero di 42,  sono molto importanti specialmente  dal punto di vista didattico.
Gli stemmi, appartenuti ai vari podestà e risalenti al periodo tra il 1472 e il 1765 sono un'importante testimonianza storica del luogo.
Il portale presenta sulla facciata  l'architrave scolpita con gli stemmi di Firenze (il giglio), del Popolo di Firenze, della Parte Guelfa, dei Priori di Libertà e della Lega del Galluzzo.
Alcuni stemmi sono in cattivo stato di conservazione, ma circa venti in maiolica policroma risalenti al XV  e XVI secolo mostrano tutto il proprio pregio.





Lo stemma  più pregiato e meglio conservato è quello di Pagolo di Niccolò Frescobaldi, datato 1503 e circondato da una pregevole ghirlanda di foglie, fiori e frutta.
Da non perdere una visita al Galluzzo e alla sua meravigliosa Certosa.

Anna Lanzetta

Il libro Addio mia bella addio...La storia del Risorgimento tra parole, immagini e musica, è reperibile nelle migliori librerie al costo di 10 euro.

martedì 22 marzo 2011

L'Italia è risorta


Carlo Ademollo (1824-1911), L'incontro a Teano

In questi giorni di festa per i centocinquant’anni dell’Unità d’Italia,  si è dovuto ricredere chi sperava che gli Italiani non sentissero più il senso civico di custodi della storia, di quella  storia del Risorgimento che ci unì in una sola Nazione.

Poveri coloro che hanno creduto nella dimenticanza; poveri di spirito e di memoria coloro che non hanno partecipato, che non si sono sentiti accomunati al sentimento patrio, inconsapevoli che ciò che è radicato nelle coscienze non potrà mai morire.

L’Italia è risorta  allo sventolio di migliaia di bandiere che l’hanno adornata senza risparmio; ha gioito al canto del nostro Inno che nessuno potrà mai cambiare o scambiare; ha ritrovato la sua identità.

L’esultanza della musica ha rinverdito momenti di storia incancellabili nelle mente di chi è consapevole che non si può costruire un’identità senza passato, che non si può costruire un futuro senza memoria.

Ha vinto la scuola che ha condotto a sciami i bambini, i ragazzi, i giovani per ascoltare, vedere, applaudire e sentirsi partecipi e appartenenti alla nostra storia che giammai potrà interrompere il legame  senza il rischio di perdere il proprio animo.

Il viaggio del Presidente Giorgio Napolitano nei luoghi storici,  testimoni della nostra Unità, ha accomunato nel suo iter tutto il Paese che lo ha accompagnato con quel sentimento patrio che un tempo ci unì, che oggi ci ha riuniti in un afflato emozionale.

La letteratura, la storia, la musica e le arti in genere si sono consorziate in nome della cultura, ieri come oggi anima del nostro paese, e a rileggere questi versi in analogia, Manzoni vince  sulla negligenza altrui:

Dagli atrii muscosi, dai fori cadenti,
Dai boschi, dall’arse fucine stridenti,
Dai solchi bagnati di servo sudor,
Un volgo disperso repente si desta;
Intende l’orecchio, solleva la testa
Percosso da novo crescente romor.

Dai guardi dubbiosi, dai pavidi volti,
Qual raggio di sole da nuvoli folti,
Traluce de’ padri la fiera virtù:
Ne’ guardi, ne’ volti, confuso ed incerto
Si mesce e discorda lo spregio sofferto
Col misero orgoglio d’un tempo che fu.

S’aduna voglioso, si sperde tremante,
Per torti sentieri, con passo vagante,
Fra tema e desire, s’avanza e ristà;
E adocchia e rimira scorata e confusa
De’ crudi signori la turba diffusa,
Che fugge dai brandi, che sosta non ha.

Ansanti li vede, quai trepide fere,
Irsuti per tema le fulve criniere,
Le note latebre del covo cercar;
E quivi, deposta l’usata minaccia,
Le donne superbe, con pallida faccia,
I figli pensosi pensose guatar.
A. Manzoni, Adelchi, dal Coro dell'Atto terzo

È bellissimo veder risorgere l’Italia con quel senso civico di comunanza, con quel sentimento di Amor Patrio che animò i nostri giovani negli anni del Risorgimento e che ha animato i cori che si sono levati in ogni città, in ogni luogo in cui si è affermato di nuovo e forte  il senso di appartenenza.

Anna Lanzetta

mercoledì 16 marzo 2011

Buon compleanno, Italia





Buon compleanno
 Italia




Anna Lanzetta 


Il Tricolore: simbolo dell'Italia, orgoglio degli Italiani



Odoardo Borrani (1833-1905) 26 aprile 1859, (Ragazza che cuce il tricolore)

Il simbolo della riscossa dell’Italia fu la bandiera nazionale italiana, quella indicata dall’art.12 della Costituzione: La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.
Nel 1796 fu la bandiera dei patrioti italiani che militarono con Napoleone. Nel 1797 fu la bandiera della Repubblica Cispadana e poi Cisalpina (bande verticali). Nel 1814 fu la bandiera dei patrioti italiani. Il 28 aprile 1848, il Tricolore diventò Bandiera del Regno di Sardegna, con sovrapposto al centro lo scudo sabaudo. Nel 1861 diventò bandiera del Regno d’Italia. Con l’avvento della Repubblica scomparve lo scudo sabaudo.



Baldassarre Verazzi (1819-1886), Episodio delle cinque giornate di Milano, part.

Dice De Sanctis: Abituati a vedere la nostra bandiera, oggi la guardiamo con indifferenza, senza ricordare che è stata bagnata da tanto sangue ed ha ispirato tanto entusiasmo. Con che palpiti, quei tre versi del verde, rosso e bianco erano mormorati sottovoce, quando pareva un sogno vedere sventolare la bandiera tricolore!.

Anna Lanzetta


lunedì 14 marzo 2011

Contro il buio della morte: un verso, un colore.



Occhi di bimbo:
i colori del mondo,
tenero incanto.

A tutti i bimbi, che inghiottiti dalla furia dell’acqua e sepolti dal fango, mai più rivedranno il sole; a tutti coloro che mai più  respireranno la vita; a tutti quelli che  non vivranno più il trascorrere del tempo, offriamo fiori, perché la morte porti loro un profumo e un colore e doniamo l’ haiku di Issa Kobayashi: poesia dell’anima, musica sulle loro ombre, perché l’haiku è simile a un attimo di vita che diventa verso:

Dietro lo scoglio
bagliori di lucciola:
riaffiora un viso.



Il volo sento
dell’allodola, d’oro
ogni immensità.


Issa Kobayashi (1763-1828) poeta e pittore giapponese

domenica 13 marzo 2011

Italia: terra di arte, culla di civiltà



Questa è  la nostra ricchezza, da un'immagine pescata sul web

Ogni angolo dell’Italia innamora, stupisce, meraviglia. Le sue bellezze non hanno lasciato nè lasciano indifferenti artisti, scrittori, poeti e musicisti di ogni angolo del mondo, che l’hanno immortalata e che la immortalano con la propria arte, ma anche il semplice passeggero che coglie nei suoi anfratti l’eco della sua storia, alla vista di un colore, all’armonia di un suono.
Il nostro dono  all’Italia per i suoi primi centocinquant’anni sarà legato ai luoghi che in tutta la sua lunghezza la rendono unica.

Culla di civiltà millenaria, l’Italia custodisce nelle sue bellezze e nella sua cultura, la sua grande ricchezza.
Chi taglia la cultura, apre nel cuore dell’Italia una ferita che nessun tempo potrà mai più colmare, che nessun uomo potrà mai perdonare; un atto che non troverà mai giustificazione se non nel gusto dell’arretratezza e dell’ingiuria.
         
Dall’Alpi allo stretto fratelli siam tutti !
Su i lίmiti schiusi, su i troni distrutti
Piantiamo i comuni tre nostri color
Il verde, la speme tant’anni pasciuta;
il rosso. La gioia d’averla compiuta;
il bianco, la fede fraterna d’amor.
(G. Berchet, da “All’armi! All’armi”)
 


martedì 8 marzo 2011

A chi dedicare l’8 marzo? All’Italia del Risorgimento



Giacomo Leopardi (1798-1837)

O patria mia, vedo le mura e gli archi
e le colonne e i simulacri e l’erme            
torri degli avi nostri,
ma la gloria non vedo,
non vedo il lauro e il ferro ond’eran carchi
i nostri padri antichi. Or fatta inerme,
nuda la fronte e nudo il petto mostri.
Oimè quante ferite,
che lividor, che sangue! oh qual ti veggio,                    
formosissima donna! Io chiedo al cielo
e al mondo: dite dite;
chi la ridusse a tale? E questo è peggio,
che di catene ha carche ambe le braccia;
sì che sparte le chiome e senza velo
siede in terra negletta e sconsolata,
nascondendo la faccia
tra le ginocchia, e piange.
Piangi, che ben hai donde, Italia mia,
le genti a vincer nata
e nella fausta sorte e nella ria…
(vv. 1-20)
Da  All’Italia (1818) di G. Leopardi

E mentre non vedo nessun senso  a  festeggiare la donna, leggo e rileggo questi versi di Leopardi e ne scopro tutta la modernità.
Chi ha ridotto l’Italia in questo stato?
Offesa e vilipesa è simile a tante donne che vengono umiliate e oltraggiate.
Leggo.  
E mi prende una forte emozione a pensare a tutto ciò che l’Italia ha subito e che come una madre tutto ha sopportato per unirci, perché ci sentissimo come gli altri  popoli forti e uniti in un unico destino.



Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio (1571-1610)
Maddalena addolorata


Chi l’ha ridotta così ? Mi chiedo!.
Se solo potessimo considerare tutto ciò che ha patito pur di non essere “un’espressione geografica”.
L’Italia ha una storia che emoziona chiunque le si avvicini con l’umiltà del pensiero, affinché nulla di lei si offenda, perché resti in noi la sua sacralità che ogni uomo degno di tale nome deve sentire come una propria ricchezza da consegnare ai posteri.

È l’Italia l’unica e vera donna che possiamo festeggiare l’8 marzo e solo così sento che tale festività acquista un senso, perché ci obbliga a pensare, a riflettere sulla condizione femminile, cui fa specchio l’Italia che nei secoli divisa, saccheggiata, umiliata ci ha insegnato a resistere e a lottare. Nella sua storia c’è la condizione della donna che porta con dignità il peso del suo vivere e che lo fa con vigore e fermezza ma senza feste e senza fiori.

Io voglio dunque, e penso di interpretare il pensiero di tante donne, dedicare l’8 marzo all’Italia, all’Italia del Risorgimento, auspicio della nostra rinascita.

Anna Lanzetta


domenica 6 marzo 2011

La presentazione all’ITIS “A. Meucci” del libro “Addio mia bella addio…”, un libro, un omaggio, un’emozione



Da sinistra: Fiorella Menna, Anna Lanzetta, Elvio Pagano, Dario Nardella, Alessandra Borsetti Venier

Siamo stati in tanti il  3 marzo a ritrovarci alle ore 15.30 all’ITIS “A. Meucci” di Firenze  per  presentare il libro “Addio mia bella addio…La storia del Risorgimento tra parole, immagini e musica”, un omaggio all’Italia per i suoi centocinquant’anni.
È stata per tutti un’occasione per ritrovarci, per parlare dei nostri progetti, della scuola, ma essenzialmente della nostra e cara Italia da difendere e ricordare.
Tanti amici e tanti studenti anche degli anni trascorsi.
A fare gli onori di casa, il Dirigente scolastico Elvio Pagano che ci ha dato ospitalità ed ha accolto  Dario Nardella, Vicesindaco di Firenze e Alessandra Borsetti Venier, Editore.




La professoressa, Fiorella Menna ha riassunto i punti essenziali del libro ruotanti intorno al sentimento di “Amor patrio”, suo tema principale e ne ha illustrato le  peculiarità dal punto di vista storico e didattico.



Giovanni Esposito

Sulle note di Addio mia bella addio di Bosi, l’attore e regista Giovanni Esposito ha letto pagine e versi di Carducci, Leopardi, Manzoni, Mazzini e Mameli, mentre scorrevano le immagini dei Macchiaioli che da pittori-cronisti e fotografi del tempo, rendevano tangibile, con i loro quadri, il coraggio di tanti giovani, pronti a sacrificare anche gli affetti, pur di combattere per la Patria e quadri di pittura di storia che con il melodramma di Bellini e di Verdi coinvolgevano e incitavano il popolo a combattere.



Ignazio Affanni (1828-1889), La partenza del garibaldino

Bellissima l’espressione di Carducci a testimoniare ieri come oggi il valore della cultura:
“Il poeta non è servo dei potenti ma un fabbro che forgia sull’incudine le memorie patrie; è colui che deve formare la coscienza civile dei cittadini, sollecitare, sull’esempio degli antichi, imprese eroiche e accendere gli animi agli ideali patriottici”.

Il libro è stato presentato attraverso il sincretismo di Arte, Musica, Storia e Letteratura, dato che nell’Ottocento le Arti operarono coese e la cultura fu matrice di vicende e di avvenimenti, che costruirono il nostro Risorgimento alla luce dei valori di Libertà, Indipendenza e Unità.




Francesco Hayez (1791-1882), I profughi di Parga

“I profughi di Parga” di Hayez con la lettura in sinergia dei versi  tratti dal poemetto I profughi di Parga di Giovanni Berchet e con “Va’ pensiero” dal “Nabucco” di Verdi, sono diventati l’emblema di tutti i popoli che perdono la patria.
Se la storia narra le vicende, la letteratura le descrive nei particolari, la pittura ne coglie il momento essenziale, la musica emoziona e coinvolge, e toccanti sono stati i momenti in cui una stessa vicenda come “I Lombardi alla prima crociata” si è potuta  vedere nei quadri di Hayez e Altamura e leggere e ascoltare nella musica di Verdi: “Il coro di Gerusalem” è stato sublime.

Ma il momento più emozionante è stato l’ascolto di “Fratelli d’Italia” in sinergia con la pittura che ricordava momenti di storia risorgimentale. Tutti in piedi in nome dell’Italia e di fronte al sacrificio che Giovanni ricordava nella lettura, di un giovane di nome Goffredo Mameli, morto a 22 anni, per le ferite riportate nella difesa di Roma, mentre gli si ingiungeva di non rientrare a Genova, perché indesiderato; un giovane tra i tanti a cui dobbiamo rispetto, che ci ha lasciato pensieri e versi bellissimi:

Che è mai la vita se la Patria è divisa?....
 
Uniamoci, amiamoci;
l’unione e l’amore 
rivelano ai popoli
le vie del Signore. 
Giuriamo far libero  
il suolo natio: 
uniti, per Dio, 
chi vincer ci può? 
Stringiamci  a coorte! 
Siam pronti alla morte;  
l’Italia chiamò.


Con gli interventi di Elvio Pagano e Dario Nardella è stata ricordata la  storia della nostra Unità,  il valore e la volontà dei protagonisti del Risorgimento presenti nel libro,  l’impegno di tanti giovani pronti a rinunciare agli affetti pur di partecipare e tra essi gli stessi  Macchiaioli, che spesso lasciavano la vita in battaglia, come ha ricordato anche Alessandra Borsetti Venier soffermandosi poi sul quadro illustrante “Le barricate di Milano” e ricordando il progetto del libro, finalizzato specialmente alle scuole.

L’invito a tutti a non dimenticare l’eredità storica ricevuta e a trasmetterla integra alle generazioni future, ha concluso questo primo incontro, tra lo scorrere delle  locandine dei film storici memorabili. 
L'incontro ci ha dato l’opportunità, attraverso il libro, di  parlare e in modo corale della difesa dell’Italia e dei suoi simboli cari alla memoria di quanti amano l’Italia e la sua Unità:

Dall’Alpi allo stretto fratelli siam tutti!
Su i límiti schiusi, su i troni distrutti
piantiamo i comuni tre nostri color
il verde, la speme tant’anni pasciuta;
il rosso, la gioia d’averla compiuta;
il bianco, la fede fraterna d’amor.
(G. Berchet, dall’ode “All’armi! All’armi”)

Abituati a vedere la nostra bandiera, oggi la guardiamo con indifferenza, senza ricordare che è stata bagnata da tanto sangue ed ha ispirato tanto entusiasmo. Con che palpiti, quei tre versi del verde, rosso e bianco erano mormorati sottovoce, quando pareva un sogno vedere sventolare la bandiera tricolore!. (Francesco  De Sanctis).

A chi non sa.
A chi sa e ama ricordare
La storia della nostra Unità

Anna Lanzetta

Cari lettori, siamo diventati tanti e cresciamo ogni giorno di più, se siete curiosi di scoprire questo libro basta leggerlo.
Addio mia bella addio…La storia del Risorgimento tra parole, immagini e musica edito da Morgana Edizioni, è in distribuzione da gennaio 2011 nelle migliori librerie.
Per informazioni: annalanzetta@libero.it
Si può ordinare, scrivendo un fax allo 055 244739 o una mail a morgana.ed@tin.it
Il costo del libro è di 10 euro.