Carlo Ademollo (1824-1911), L'incontro a Teano
In questi giorni di festa per i centocinquant’anni dell’Unità d’Italia, si è dovuto ricredere chi sperava che gli Italiani non sentissero più il senso civico di custodi della storia, di quella storia del Risorgimento che ci unì in una sola Nazione.
Poveri coloro che hanno creduto nella dimenticanza; poveri di spirito e di memoria coloro che non hanno partecipato, che non si sono sentiti accomunati al sentimento patrio, inconsapevoli che ciò che è radicato nelle coscienze non potrà mai morire.
L’Italia è risorta allo sventolio di migliaia di bandiere che l’hanno adornata senza risparmio; ha gioito al canto del nostro Inno che nessuno potrà mai cambiare o scambiare; ha ritrovato la sua identità.
L’esultanza della musica ha rinverdito momenti di storia incancellabili nelle mente di chi è consapevole che non si può costruire un’identità senza passato, che non si può costruire un futuro senza memoria.
Ha vinto la scuola che ha condotto a sciami i bambini, i ragazzi, i giovani per ascoltare, vedere, applaudire e sentirsi partecipi e appartenenti alla nostra storia che giammai potrà interrompere il legame senza il rischio di perdere il proprio animo.
Il viaggio del Presidente Giorgio Napolitano nei luoghi storici, testimoni della nostra Unità, ha accomunato nel suo iter tutto il Paese che lo ha accompagnato con quel sentimento patrio che un tempo ci unì, che oggi ci ha riuniti in un afflato emozionale.
La letteratura, la storia, la musica e le arti in genere si sono consorziate in nome della cultura, ieri come oggi anima del nostro paese, e a rileggere questi versi in analogia, Manzoni vince sulla negligenza altrui:
Dagli atrii muscosi, dai fori cadenti,
Dai boschi, dall’arse fucine stridenti,
Dai solchi bagnati di servo sudor,
Un volgo disperso repente si desta;
Intende l’orecchio, solleva la testa
Percosso da novo crescente romor.
Dai boschi, dall’arse fucine stridenti,
Dai solchi bagnati di servo sudor,
Un volgo disperso repente si desta;
Intende l’orecchio, solleva la testa
Percosso da novo crescente romor.
Dai guardi dubbiosi, dai pavidi volti,
Qual raggio di sole da nuvoli folti,
Traluce de’ padri la fiera virtù:
Ne’ guardi, ne’ volti, confuso ed incerto
Si mesce e discorda lo spregio sofferto
Col misero orgoglio d’un tempo che fu.
Qual raggio di sole da nuvoli folti,
Traluce de’ padri la fiera virtù:
Ne’ guardi, ne’ volti, confuso ed incerto
Si mesce e discorda lo spregio sofferto
Col misero orgoglio d’un tempo che fu.
S’aduna voglioso, si sperde tremante,
Per torti sentieri, con passo vagante,
Fra tema e desire, s’avanza e ristà;
E adocchia e rimira scorata e confusa
De’ crudi signori la turba diffusa,
Che fugge dai brandi, che sosta non ha.
Per torti sentieri, con passo vagante,
Fra tema e desire, s’avanza e ristà;
E adocchia e rimira scorata e confusa
De’ crudi signori la turba diffusa,
Che fugge dai brandi, che sosta non ha.
Ansanti li vede, quai trepide fere,
Irsuti per tema le fulve criniere,
Le note latebre del covo cercar;
E quivi, deposta l’usata minaccia,
Le donne superbe, con pallida faccia,
I figli pensosi pensose guatar.
Irsuti per tema le fulve criniere,
Le note latebre del covo cercar;
E quivi, deposta l’usata minaccia,
Le donne superbe, con pallida faccia,
I figli pensosi pensose guatar.
A. Manzoni, Adelchi, dal Coro dell'Atto terzo
È bellissimo veder risorgere l’Italia con quel senso civico di comunanza, con quel sentimento di Amor Patrio che animò i nostri giovani negli anni del Risorgimento e che ha animato i cori che si sono levati in ogni città, in ogni luogo in cui si è affermato di nuovo e forte il senso di appartenenza.
Anna Lanzetta