venerdì 30 dicembre 2011



BUON ANNO

2012




Kandinsky


Per il Nuovo Anno Auguro a tutti Di vivere una Storia meravigliosa


Anna Lanzetta

domenica 25 dicembre 2011





 




È  NATALE


AUGURI



Firenze-Basilica di S. Trinità
D. Ghirlandaio
L’Adorazione dei Pastori











venerdì 23 dicembre 2011




BUON  NATALE



Con i miei più cari auguri di un Natale di pace, dono questo magnifico cesto di gelsomini ricevuto
da Fiorella, Angela, Paola, Ornella, Marina e Cristina, che ringrazio vivamente, a
tutti i lettori e in particolare a Laura, Ambra, Vincenza, Mary, Elena e Silvia,
tutte amiche del cuore.

E alla bellezza dei fiori, uniamo insieme la poesia che rende dolce il Natale…
Un soffio tiepido e soave velava l’alberata…

Basta un verso, e l’atmosfera natalizia ci avvolge:



C’era

di Juan Ramon Jmenez

L’agnello belava dolcemente.
L’asino, tenero, si allietava
in un caldo chiamare.
Il cane latrava
quasi parlando alle stelle.
Mi svegliai…Uscii. Vidi orme
celesti sul terreno
fiorito
come un cielo capovolto.
Un soffio tiepido e soave
velava l’alberata:
la luna andava declinando
in un occaso d’oro e di seta
apersi la stalla per vedere se Egli
era là…
C’era



BUON  NATALE
Anna

mercoledì 21 dicembre 2011





Tutti a teatro in compagnia di Pinocchio per festeggiarlo e divertirci  con la voce del bravissimo attore Giovanni Esposito che presenterà il burattino come
O' scugnizzo


Sul blog annalanzetta1.blogspot.com ( su questo blog è il primo link) c'è la scrittura creativa per bambini e adulti. Visitatelo e divertitevi anche voi con una nuova storia. Noi la inseriremo con i vostri disegni.

mercoledì 14 dicembre 2011

"Quelli che sono morti"




Quelli che sono morti

( da Souffles-1947)

Ascolta più spesso le cose
più che le persone.

La voce del fuoco si intende;
ascolta la voce dell'acqua.
Ascolta nel vento
il cespuglio in singhiozzi:
E' il respiro degli Antenati.

Quelli che sono morti non sono mai andati via
Essi sono qui nell'ombra che si dirada
e nell'ombra che si ispessisce.

I morti non sono sottoterra
essi sono nell'albero che stormisce,
nel bosco che geme
essi sono nell'acqua che scorre,
sono nell'acqua che dorme

essi sono nella capanna essi sono nella folla,
i morti non sono morti.

Quelli che sono morti non sono andati via,
essi sono nel cuore della donna,
essi sono nel bambino che vagisce
e nel tizzone che brucia.

I morti non sono sottoterra:
essi sono nel fuoco che muore,
essi sono nelle rocce che gemono,
essi sono nelle foreste, sono nella casa,
i morti non sono morti.

Birago Diop, poeta senegalese (1906-1989)


Firenze è irritata, offesa e umiliata.

La morte dei due giovani senegalesi e il ferimento degli altri pesa sulla città come un macigno.

Ma che cosa arma la mano di chi uccide? Quale terribile progetto matura dentro fino alle estreme conseguenze?. Forse un’ideologia, forse l’acceso pregiudizio, forse quel “sonno della ragione” che imperterrito ritorna sulla debolezza umana e mette in fuga la fratellanza, la solidarietà, l’ospitalità?.

Firenze è stata terribilmente scossa ma forte è stato l’abbraccio corale dei Fiorentini che si sono stretti intorno alla comunità senegalese.

Il mondo non ha confini e non ha colori ed è bello immaginarlo così: unito e solidale. Ma il gesto che ha macchiato ignobilmente Firenze ci pone l’interrogativo se il sogno di  un intero orizzonte a colori non sia ancora solo utopia!.

La violenza è lesiva della propria e dell’altrui dignità e offende nel profondo chi si sente cittadino del mondo,
chi condanna la violenza senza nessuna riserva, chi crede fermamente nell’uguaglianza di tutti gli esseri umani e nel principio della sacralità della vita, che nessuna differenza può rendere dissimile.



Foto di Ale


In città, solo il silenzio diventa amico mentre le saracinesche abbassate, i banchi del mercato chiusi, le commemorazioni, le voci di chi è stato partecipe diretto di tale crimine, il lutto cittadino, i fiori deposti con commozione e risentimento rendono concreta la partecipazione di una città che ha saputo rispondere con la sua consueta fierezza e sentita partecipazione a  un gesto efferato, che ha macchiato il suo cuore.

Anna Lanzetta

martedì 13 dicembre 2011

Il presepe: un ricordo, una tradizione




Benino, il pastorello dormiente


Abbiamo ripreso le scatole con tutti gli addobbi per l’albero e il presepe.

È canonica la data dell’8 dicembre. Natale si avvicina e bisogna preparare la casa come un tempo con tutti gli addobbi. Ma l’atmosfera della casa è cambiata. I ragazzi sono andati via e stanno preparando l’albero nelle loro case con un tocco di modernità. Non c’è il brusio di quando piccoli partecipavano all’allestimento del presepe nella scelta dei personaggi. Il presepe è lontanissimo da loro. Quasi non lo vedono nell’indifferenza di un tempo che ha mutato le attese. Ora ci diamo da fare a prepararlo, noi due. Come ti sembra la scena? Quest’anno abbiamo mutato l’impostazione. Mi piace cambiare il paesaggio ogni anno. Il presepe rinnova  una tradizione e con essa la memoria di un passato popolato da tanti che non ci sono più. Eppure le tradizioni sono fondamentali per tramandare quegli usi che hanno segnato la propria vita.
Noi mettiamo solo le luci. Noi abbiamo comprato un abete vero. Noi non abbiamo ancora deciso. Nessuno parla del presepe. Almeno la capanna, mettetela. Vi piaceva tanto il presepe quando eravate piccoli. Ogni personaggio aveva una storia. Ogni pastore era legato a un momento.
Mi guardano! Forse non capiscono perché do tanta importanza al presepe in cui quest’anno ho voluto rappresentare Gerico; almeno come la immagino. Non riesco a trovare le giuste parole per dire loro che nella mia infanzia il presepe era il regalo più bello, innanzitutto perché aggregava la famiglia in un impegno comune che iniziava già a novembre.
È difficile parlare del proprio vissuto e di come si viveva un tempo la propria infanzia semplice ma felice anche nelle privazioni. Forse è obsoleto parlare del proprio tempo eppure vorrei che ascoltassero il racconto di come eravamo per rapportarlo alla realtà di oggi. Ascoltano! Ma forse solo per compiacermi dato che i loro interessi sono altri.
Conosco tutti i personaggi che popolano il mio presepe e li custodisco con amore. Di  mattina presto, appena mi alzo, accendo le luci e resto per un attimo abbagliata dal loro brillio che mi riporta un passato felice in cui si mescola la realtà del presente. Nel silenzio, che mi racchiude, ripercorro i momenti più belli della mia infanzia e del  mio passato in cui quei personaggi mi hanno accompagnato. Sistemo un po’ d’erba fuori posto, con delicatezza, quasi una carezza come un tempo la mano lieve di mia madre. Mi commuovo! Le luci fanno scudo ai miei occhi lucidi e i ricordi mi assalgono. I ricordi crescono di anno in anno. Controllo che tutto sia a posto, ogni elemento è una parte di me.
Ora lo guardiamo insieme seduti,  in due. La mia mano cerca la sua e il suo tepore mi riscalda. Pensi che lo conserveranno? Non abbiamo una risposta ma in cuor nostro speriamo che un giorno, anche se solo chiusi nelle scatole, i personaggi possano continuare a vivere e a racchiudere la memoria di coloro che lo hanno amato.

L'altra sera, come un soffio, il più grande mi ha sussurrato: inizierò come voi dalla capanna.
Ho stretto forte la sua mano e lo scialle ha racchiuso nel suo tepore la mia felicità.


Anna Lanzetta

Per Il mio angioletto azzurro,  http://www.tellusfolio.it/ Critica della cultura Telluserra -28 Dicembre 2008

 

venerdì 9 dicembre 2011

Viaggiando con artisti e letterati. Il Vesuvio, 1





Visitando l’Italia non poteva mancare una sosta al Vesuvio, simbolo di Napoli.

Nei miei scatti ho trasfuso le mie emozioni

Lo spettacolo che offre il Vesuvio è indescrivibile per le emozioni che regala al visitatore e per i momenti di storia che rievoca.


Un viaggio lungo le sue pendici fino alla bocca del cratere è imperdibile.

Il Vesuvio ha nutrito l’estro e la penna di artisti e letterati e sarà in loro compagnia che ne vivremo le atmosfere.




William Turner (Londra, 1775, Chelsea, 1851), Autoritratto, 1798

Il pittore Turner non fu indifferente alla bellezza dell’Italia, già tanto decantata e per la sua ricerca pittorica sentì che un viaggio era inevitabile. Il 1° agosto del 1819 si imbarcò per l’Italia e vi soggiornò per sei mesi, visitando molte città, tra cui Napoli e  ritrasse il Vesuvio in varie situazioni. 





Turner, Napoli vista da Capodimonte, 1819

Su uno sfondo grigio, il cielo, il mare e la costa  emergono in tutta la loro lucentezza, mentre in lontananza, il Vesuvio emette una leggera nuvola di fumo.




Ritratto di Chateaubriand

Il Viaggio in Italia di Chateaubriand durò sette mesi, durante i quali lo scrittore riuscì a cogliere l’incanto  di molte città ma specialmente di Roma e di Napoli che riportò poi in "Viaggio in Italia".

      5 gennaio 1804


Oggi, 5 gennaio, sono partito da Napoli alle sette del mattino; ora sono a Portici. Il sole è libero dalle nuvole di levante ma la punta del Vesuvio è sempre nella nebbia. Mi accordo con un cicerone per andare al cratere del vulcano. Mi fornisce due muli, uno per me e uno per lui, e partiamo…

Eccomi in cima al Vesuvio, seduto sulla bocca del vulcano scrivo, e sono pronto a scendere in fondo al cratere. Il sole compare di tanto in tanto attraverso il velo di vapori che avvolge tutta la montagna; e nascondendomi uno dei paesaggi più belli della terra, sottolinea l’orrore del luogo. Il Vesuvio, separato dalle nuvole dagli incantevoli paesini che si trovano alle sue pendici, sembra sorgere nel più profondo deserto e quella specie di terrore che ispira non è minimamente attenuato dallo spettacolo d’una città fiorente ai suoi piedi.




William Turner, Il Vesuvio e il convento di San Salvatore, 1794-97

Ritrovo qui quel silenzio assoluto che in altre occasioni ho sentito a mezzogiorno nelle foreste d'America quando, trattenendo il respiro, non sentivo altro che il battito del cuore e delle arterie nelle tempie. Solo a momenti degli sbuffi di vento entrano dalla cima del cono nel cratere e sibilano tra i vestiti o fischiano intorno al mio bastone; sento anche rotolare qualche pietra sotto i passi della guida che calpesta le ceneri. Un'eco confusa, simile al fremito del metallo o del vetro, prolunga il rumore della caduta e poi tutto torna a tacere. Immaginate questo silenzio di morte e poi le detonazioni spaventose che scossero questi stessi luoghi quando il vulcano vomitava il fuoco dalle sue viscere e copriva la terra di tenebre…

Qui non si può fare a meno di considerare la miseria delle cose umane. Cosa sono infatti le grandi rivoluzioni degli imperi di fronte a questi eventi naturali che cambiano la faccia della terra e dei mari? Eppur felici gli uomini, se non impie¬gassero i pochi giorni che devono vivere insieme, a tormentarsi reciprocamente! (Chateaubriand, Saint-Malo, 1768, Parigi,1848 Viaggio in Italia. Il Vesuvio. Passigli Editori).



Anna Lanzetta