martedì 20 settembre 2011

Viaggiando con artisti e letterati 3, La Locride II



"A Locris Italiae frons incipit,
Magna Graecia appellata"
Da Locri ha inizio la fronte dell'Italia,
chiamata Magna Grecia
(Plinio il Vecchio, Naturalis Historia III 95)

Il mio viaggio nei luoghi della Locride vuole essere un invito a visitarli, perché vi si respira l’eco di quella cultura che uomini e donne fecero qui fiorire con le loro gesta e la loro storia letteraria e umana. Una cultura che possiamo definire unica e straordinaria e della quale si conserva un ricordo indelebile.
Non conoscevo la Locride e me ne sono innamorata.
La sua cultura, la sua storia, i suoi usi antichi, i suoi riti ancestrali, quella sorta di magia che aleggia in ogni angolo, mi hanno conquistata.



Uno dei bellissimi panorami della Locride

Locri Epizephyrii (presso il capo “Zephyrio”, oggi capo Bruzzano),  fondata da coloni provenienti dalla Locride greca nel VII sec. a. C. fu una delle più fiorenti città della Magna Grecia tanto da essere chiamata da Platone «Fiore dell’Italia per nobiltà, per ricchezza e gloria delle sue genti».


 

Pinax di Persefone e Ade
Francesco Jerace (Polistena, 1854-Napoli,1937), pittore e scultore


Locri e la Magna Grecia: «Veniva quel giorno dal Capo Zephyrio un furioso vento di scirocco trascinando nuvole nere; scuro e ribollente era lo Ionio, tanto che, senza la selva di agrumi che spuntavano dagli orti cintati, non avrei riconosciuto la dolce terra di Locri: Persefone aveva chiuso il ciclo della sua riapparizione terrena, ed era tornata sorridente ad assidersi sul suo trono di regina, accanto a Pluto, nel buio regno dei morti…» (Amedeo Maiuri, Tra Locri Antica e Nuova, 1951)

Locri Epizefiri fu famosa nell'antichità per essere stata la prima città a dotarsi nel 660 a. C.di un codice di leggi scritte, attribuite al legislatore Zaleuco, al quale si devono le prime leggi scritte di tutta la Magna Grecia, e per aver dato i natali a illustri personaggi come Nosside.


Nosside di F. Jerace

Poetessa della scuola dorica, Nosside nacque a Locri Epizefiria e operò intorno al 300 a. C come lei stessa canta in un suo epigramma: O straniero, se tu navighi a Mitilene dai bei cori per infiammarti al fiore delle grazie di Saffo, dì’ che anch’io fui cara alle Muse, e che la terra di Locri m’ha dato i natali. Sappi ch’ebbi nome Nosside, va'.

Undici epigrammi, definiti da Meleagro nella Ghirlanda, profumati giaggioli di Nosside, sulle cui tavole Amore stesso spalmò la cera, sono descrizioni di ritratti femminili, brevi spunti elegiaci d’amore:

Nulla è più dolce di amore,
ogni altro diletto viene dopo di lui;
dalla mia bocca io sputo anche il miele.
Lo dice Nosside;
e chi da Cipride non fu baciato ignora
quali rose siano i fiori di lei.

***

Di Taumareta il volto questo dipinto contiene, l’alterigia
ha ritratto e l’amabilità dello sguardo soave.
vedendola, anche la cagnolina domestica scodinzolerebbe
di guardar supponendo la padrona.

***

Artemide, che Delo proteggi e Ortigia amabile,
le frecce sante deponi in grembo alle grazie
e, bagnato il puro corpo nell’Inopo, nelle dimore giù discendi
per liberare Alcèti dalle doglie tremende.

***

Qui Melinna è ritratta: guardarle il volto soave
mi pare dolcemente turbarmi.
Come chiaramente alla madre somiglia la figlia:
com’è bello per un genitore aver procreato figli a lui simili.!"



Scavi archeologici

«Per sentieri stretti e polverosi procediamo sotto un sole crudele che arroventa la campagna piena di silenzio. Olivi giganteschi dai tronchi robusti come pilastri custodivano la pace della natura, appena turbata da voci pacate che si levano dalle trincee degli scavi, sparse tra gli alberi secolari non ancora abbattuti…» (Vincenzo Ciardo, Brutium, 1957)

L’Archeologia a Locri diventa materia viva e  il Museo racconta nei pannelli i miti, i riti, le credenze, la  storia della Magna Grecia, di  quel mondo passato  ma così presente nella pittura vascolare, nei manufatti e nelle suppellettili.
Innegabile è l’emozione che si prova entrando in questo luogo dove tutto parla di storia, di un tempo passato, di cui il visitatore non può non sentirsi parte.

Sono visibili le grandi mura che perimetravano per oltre 7 km. l’antica città, l’area del rione artigianale e commerciale detto “Cento Camere”, il Tempio Jonico di Marasà e le torri di difesa e di avvistamento. Sulla collina di “Pirettina” sono visibili i resti del teatro greco-romano. Reperti archeologici di notevole interesse si trovano nel Museo Nazionale cittadino (Calabria, Viaggio nella Riviera dei gelsomini). La maggior parte della città comunque attende ancora di essere riportata alla luce.



Il tempio di Marasà fu realizzato da architetti e maestranze siracusane che operarono  a Locri Epizefiri nel 470 a. C. su iniziativa del tiranno Ierone di Siracusa.



La dimensione del tempio era di 45,5 m per 19,8 m. Il tempio aveva 17 colonne ioniche sui lati lunghi, e 6 colonne sulla fronte. Le colonne dovevano essere di circa 12 m di altezza, con base a capitello ionico a volute. È  uno dei pochi templi ionici della Magna Grecia.

« Locri, città d'Italia ordinata a leggi bellissime, dove per copia di sostanze e gentilezza di sangue non istà dopo a niuno... » (Platone. Timeo II, traduzione di Francesco Acri)

Il sole brucia la terra nelle ore più calde delle giornate di agosto, ma nei gesti e sui volti degli abitanti si legge la bontà tipica del luogo… aspettate, e la donna mi diede una bottiglia di acqua freschissima. Aveva un’età indefinibile, con abiti contadini, mi porse l’acqua e mi sorrise. Solo tre denti arricchivano la sua bocca e io vi lessi, riconoscente, il cuore della Locride.

In quel sorriso avevo ritrovato lo spirito antico dei valori ancestrali dell’ospitalità, gesti semplici che si ripetono come rituali.

Mangiai i meravigliosi fichi d’india dai colori variopinti che mi porgeva e immaginai in pittura quei monti che ne erano ricoperti a perdita d’occhio-.

Continua

Anna Lanzetta