lunedì 23 gennaio 2012

La pittura come metafora: "La zattera della Medusa"




Thèodore Gèricault (1791-1824) La zattera della Medusa 1818-1819
Louvre, Parigi

L’arte è il linguaggio più immediato per raccontarci un avvenimento, perché capace di coglierne il momento cruciale. Tale è "La zattera della Medusa", una tela di grandissime dimensioni in cui il pittore Gèricault racconta un fatto di cronaca che sconvolse l’opinione pubblica: la tragica vicenda di una fregata francese dispersa al largo delle coste africane e il naufragio dell’equipaggio.

L’arte non ha età e il dramma umano si riflette oggi nella luttuosa vicenda della nave Costa Concordia.

Il pathos segna il volto dei naufraghi. La morte si legge nell’abbandono dei corpi aggrovigliati e nelle nudità disfatte in una luce livida. Il movimento ascensionale dispiega in modo realistico la disperazione di chi sente la morte e la speranza di chi cerca la vita; un senso forte di abbandono, un grido di aiuto sotteso, che il pittore accentua con l’uso di toni molto scuri, in contrasto coi toni giallo-bruni.

La tempesta è, ieri come oggi, simbolo della negligenza umana, di chi non fa dovutamente i conti con la responsabilità che porta.

L’opera è il riflesso di una bolgia dantesca in cui l’uomo precipita inconsapevolmente come le acque un tempo cristalline oggi macchiate di morte, di rabbia, di stupore, di curiosità…

Gèricault per dipingere i corpi, condusse uno studio dal vero, impiegando modelli e amici, e lo stesso Delacroix, suo amico, si rese disponibile, ma il quadro che si presenta oggi ai nostri occhi non ha bisogno di modelli, i corpi sono reali e sui volti si legge la paura e il timore di chi ce l’ha fatta e lo strazio per chi è stato inghiottito per sempre.

Anna Lanzetta