venerdì 17 dicembre 2010

Come albatri con le ali spezzate


René Magritte (Lessines,1898-Bruxelles,1967) Golconde

Una città occupata, una città sconquassata, una città capitale che registra ire e furori è l’immagine negativa di un paese che plaude a una vittoria che intristisce, che immalinconisce, che è solo il fantasma di sé.
Non è certo l’immagine dell’Italia che ci accingiamo a festeggiare, orgoglio di generazioni che l’hanno costruita e amata.
Una vittoria dal  consenso risicato tra liti e tafferugli, dove la forza della persuasione prende il sopravvento sulla consapevolezza indica che la  crisi è ormai a limite di ogni sopportazione, una crisi che deturpa l’immagine di una sede istituzionale che dovrebbe essere scevra da ogni contaminazione.
Erano anni che non assistevamo più in piazza e per le strade a scene di  tale violenza, frutto di un malessere e di un disagio che non si vuole capire, che non si vuole vedere ma che  ci coinvolge tutti  ed  essenzialmente gli addetti ai settori.
Mentre dentro si plaude, tra risa e abbracci dei vincitori e delusione dei vinti, l’Italia è in disparte e si interroga su ciò che è stata, su ciò che è e guarda malinconica i suoi centocinquant’anni, i suoi giovani che ieri lottavano per gli ideali di Libertà e di coesione e che oggi sono costretti a reclamare i propri diritti.

Immaginiamo un mare in tempesta, dove le onde alte e aggrovigliate  non lasciano vedere nessuno spiraglio di luce, tale è l’Italia in questo momento in cui siamo tutti naufraghi  lontani dalla riva,  tali sono i nostri giovani, albatri nella tempesta.

In un paese dove i valori vanno alla deriva, dove tutto è mercificato, vincitori e vinti  nuotano nello stesso calderone senza soluzione alcuna atta a rompere il silenzio che ci sovrasta tra il rumore di rozze  manovre.
Siamo tutti  manichini omologati, senza volto, senza quell’identità per la quale un giorno i nostri giovani hanno combattuto e vinto perché l’Italia fosse una dalle Alpi alla Sicilia, una la capitale, uno il tricolore, uno il nostro Inno, in nome dell’Unità e del rispetto.
Troppo in fretta si dimentica la Storia e invece di tutelare i nostri giovani li carichiamo di incertezze e delusioni.

Quale vittoria e  quale sconfitta?
Dobbiamo dunque credere che noi italiani non abbiamo più armi per difenderci e per recuperare un’identità perduta? Sono dunque così cambiati i tempi che  nulla più ci attrae di quel corpo dell’Italia che erano i suoi valori? Siamo dunque  naufraghi ciechi, assuefatti, sepolti da un cumulo di immondizia e da muri che si sgretolano, metafora della realtà che ci circonda? Lasciamo dunque che la cultura resti senza difesa nelle mani di chi non riesce a capirne l’importanza vitale quale spirito di una Nazione?.
È tempo di riaprire gli occhi! Per troppo tempo li abbiamo  chiusi!.

L’Italia deve essere tutelata, la cultura salvata, i nostri giovani non traditi. E che il tutto non suoni solo retorica. Ognuno nel suo piccolo può agire. Coesi si diventa una forza, scevra da ogni violenza ma operativa.
La storia ce lo impone, i centocinquant’anni ci richiamano ai nostri doveri di tutela dei valori, del territorio, del patrimonio, delle nuove generazioni.

Gli “albatri” hanno le ali spezzate e vengono derisi da una ciurma  che con tracotanza e prepotenza  ne schiaccia goffamente le ali, privandoli del volo.

L'albatro
Per dilettarsi, sovente, le ciurme
catturano degli àlbatri, marini
grandi uccelli, che seguono, indolenti
compagni di viaggio, il bastimento
che scivolando va su amari abissi.
E li hanno appena sulla tolda posti
che questi re dell'azzurro abbandonano,
inetti e vergognosi, ai loro fianchi
miseramente, come remi, inerti
le candide e grandi ali. Com'è goffo
e imbelle questo alato viaggiatore!
Lui, poco fa sì bello, com'è brutto
 e comico! Qualcuno con la pipa
il becco qui gli stuzzica; là un altro
 l'infermo che volava, zoppicando
scimmieggia.
Come il principe dei nembi
è il Poeta che, avvezzo alla tempesta,
si ride dell'arciere: ma esiliato
sulla terra, fra scherni, camminare
non può per le sue ali di gigante.


C. P. Baudelaire, (da I fiori del male)


 
Charles Pierre Baudelaire (Parigi, 1821-1867)

Anna Lanzetta