George Grosz (1893-1959), Giornata grigia
Le parole meritano rispetto e vanno utilizzate con rispetto.
Quando ci rivolgiamo a qualcuno usiamo mettere insieme segni che nella loro combinazione formano le parole. Le parole si caricano di significati, si trasformano in pensieri, in frasi, in detti che possono gratificare, colpire, offendere, condannare, diventare un boumerang quando chi le pronuncia non ne ha valutato, prima di pronunciarle, il peso. Tale è stato l’uso della parola “vigliacco”, che ripetuta più volte, con un tono irritato e risentito, ha suscitato in molti risentimento per il senso della parola e per chi l’ha pronunciata in una trasmissione televisiva come Annozero, davanti a un pubblico di giovani, rivolta a un giovane che, condivisibile o no, aveva il solo torto di esprimere democraticamente la propria opinione.
Niente di più triste e deprecabile in un sistema educativo che trova in tali comportamenti e in tali esempi il proprio sfaldamento.
La parola richiede tempo per poter essere combinata e una lunga riflessione prima di essere usata.
La parola non si cancella e una volta detta resta come un marchio.
Si educa con l’esempio, la sferza non appartiene al nostro sistema educativo, o almeno non appartiene a chi identifica l’esempio con l’educazione e la formazione dei nostri giovani.
L'educazione è il cardine della nostra società e tali atteggiamenti e parole non aiutano assolutamente nella formazione, nè offrono esempi positivi.
Gli atteggiamenti violenti e rissosi, espressi in pubblico e nelle sedi istituzionali hanno il solo merito di svilire i nostri valori, i nostri processi educativi e di disorientare gli stessi giovani.
Anch’io ho usato i segni, per combinare parole che mutate in questa mia espressione esprimono il mio disagio a vivere un simile momento nonchè il mio risentimento e rammarico come madre, come insegnante e come cittadina.
Anna Lanzetta