sabato 12 febbraio 2011

Per l’Italia, cantando Mameli




È triste! È molto triste vedere a cosa stiamo riducendo l’Italia.
È  sempre più evidente lo scollamento che si acuisce di giorno in giorno.
È palese che il disamore si va sempre più sostituendo all’affetto  e che la logica del denaro sta prevalendo su tutto, mettendo in secondo piano anche questa ricorrenza così importante.
Ma quanti amano ancora la nostra Unità? Quanti ne conoscono l’iter? Quanti sanno veramente quanto costò questa nostra Unità a tanti nostri giovani? Quanti vogliono ricordare e tramandare? Purtroppo la Storia non è patrimonio di tutti e pochi sanno, pochi ricordano le tappe che hanno segnato il cammino dell’Italia verso l’Unità. Una stasi mentale forse voluta da coloro che non amano l’Italia, dimentichi che ne risponderanno alla Storia.
E siamo ancora una volta noi adulti, con le nostre insensate diatribe, a svestire di bellezza questa ricorrenza e a limitarne l’importanza, dimentichi che è nostro dovere tramandare integro il nostro passato perché senza di esso non c’è presente.
Lo spettacolo che stiamo offrendo è squallido e deprimente e non ci fa onore.

Ma per fortuna ci sono i giovani che rappresentano la parte migliore  del nostro paese e che sanno riconoscerne i valori.
Ero con cinquanta studenti per presentare il mio libro Addio mia bella addio…La storia del Risorgimento tra parole, immagini e musica. Per due ore hanno seguito con attenzione, ascoltando, forse per la prima volta, la musica di  Verdi e di Bellini e leggendo quadri di Hayez e di pittura di storia. Mancava poco al suono della campana e pensavo di non concludere ma un ragazzo, con gesto spontaneo e repentino, ha inserito  l’Inno di Mameli. Sono scattati tutti in piedi e insieme hanno cantato:

Fratelli d’Italia

Fratelli d'Italia,
l'Italia s'è desta,
dell'elmo di Scipio
s'è cinta la testa.
Dov'è la Vittoria?
Le porga la chioma,
che schiava di Roma
Iddio la creò. 
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò.


Goffredo Mameli, 1827-1849

Noi siamo da secoli
calpesti, derisi,
perché non siam popolo,
perché siam divisi.
Raccolgaci un'unica
bandiera, una speme:
di fonderci insieme
già l'ora suonò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò.

Uniamoci, amiamoci,
l'unione e l'amore
rivelano ai popoli
le vie del Signore.
Giuriamo far libero
il suolo natio:
uniti, per Dio,
chi vincer ci può?
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
 l'Italia chiamò. 

Dall'Alpe a Sicilia,
dovunque è Legnano;...

E hanno cantato l’intero Inno, mentre li guardavo con emozione.
Quale lezione stavano impartendo a noi adulti! Ci stavano educando a conservare per loro la memoria dell’Italia Unita con il suo Inno e il suo tricolore.
Abbiamo parlato di Cultura che non deve essere tradita, delle Arti, nostra vera ricchezza. E più ricca sono uscita da quell’incontro, pensando che sono i giovani  la nostra forza e che possiamo ancora sperare in un futuro migliore.

Anna Lanzetta