Domenico di Michelino (Firenze, 1417- 1491),
La Divina Commedia illumina Firenze, 1465
Perché ogni volta che mi accingo a presentare il libro Addio mia bella addio…La storia del Risorgimento tra parole, immagini e musica, una forte commozione mi prende e devo fare forza su me stessa e premere le unghie nel palmo della mano, per trattenere questa emozione che mi assale sempre più forte e che non sempre riesco a contenere?. La risposta è insita nell’operato. Perché tra immagini, parole e letture, le nostre radici riaffiorano in modo pregnante e rimbomba l’eco della storia. Perché il richiamo alla nostra appartenenza rinverdisce quel sentimento patrio, a torto e da molti creduto sopito. Perché ripercorrendo la storia del Risorgimento si rende visibile il sacrificio di quanti ne hanno segnato il percorso verso l’Unità, fermi nel proprio Credo. Perchè la lettura dei nostri padri, di Mazzini in particolare e del suo fermo proposito arriva al cuore.
È il sacrificio di tanti giovani che mi fa brillare gli occhi in modo irrefrenabile a fronte di tanti giovani che mi ascoltano: Goffredo Mameli, Jacopo Ruffini, i Fratelli Bandiera e tanti poeti, musicisti e pittori.
È la consapevolezza tangibile che malgrado le forti distorsioni e le incongruenze del presente, sono vivi nei giovani valori e verità.
È l’emozione di ritornare a scuola, nelle aule di quella “scuola pubblica”dove sono cresciuta, dove sono stata istruita, dove vive la vita con le sue problematiche; in quella“scuola pubblica” dove si insegna e si impara vicendevolmente con i propri studenti, dove si apprende che la cultura è il respiro di un popolo, che senza cultura il popolo muore, che chi taglia la cultura non ne conosce la ricchezza.
È il ricordo delle aule in cui ho trascorso gran parte della mia vita da discente e poi da docente che mi fa gridare con forza, additando chi osa screditare la “scuola pubblica”, di tacere, perché rischia di mostrare soltanto la propria negligenza.
È tutto questo e altro ciò che mi commuove per tenerezza, che mi fa piangere per risentimento, che mi fa sperare che un nuovo giorno rischiari questa buia notte dell’ignoranza, che un risveglio totale illumini le menti, che la “scuola pubblica” innalzi sempre più in alto il vessillo dell’educazione e della formazione, forte di chi in essa svolge il nobile mestiere di insegnante.
La riflessione di uno studente, a presentazione ultimata:<< Mi vergogno di essere Italiano>> mi ha raggelata e d’impulso avrei risposto:<< Mi vergogno di essere rappresentata>>. Ma la deontologia professionale è prevalsa in me come da sempre avviene nel sistema educativo della “scuola pubblica”, dove nessun colore prende il sopravvento e ho taciuto come si conviene a chi riconosce alle parole il giusto peso, per non correre il rischio di mescolarsi a chi non ne conosce minimamente il senso.
Anna Lanzetta