Salvador Dalì (1904-1989), Crocifissione 1954
Drammatica è la posizione dell’uomo-Gesù, che dalla Croce grida al mondo la sua sofferenza per i chiodi che lacerano la sua carne, simboli della sua condizione di tradito, di esule, di emarginato, di ramingo, di rifiutato.
Riporto in analogia il commento a una poesia di Fulton Y. Sheen che per caso ho trovato in un vecchio quaderno, intitolata C’è un uomo inchiodato sulla Croce:
Nelle ore del giorno e della notte, quando intorno a me tutto è silenzio, mi colpisce un pianto che scende dalla Croce e che mi fa trasalire.
La prima volta che l’udii, uscii dalla mia casa e cercando trovai un uomo inchiodato sulla Croce.
Cercai di togliere i chiodi dai suoi polsi.
Ma Egli mi disse di lasciarli dove erano perchè sarebbe sceso soltanto quando tutti gli uomini si sarebbero uniti.
Gli chiesi cosa potessi fare per lui.
Ed Egli mi rispose di andare per tutto il mondo e di dire a tutti: C’è un uomo inchiodato sulla Croce
Salvador Dalì, Cristo di San Giovanni della Croce 1951
Il suo grido è un richiamo alla benevolenza e all'amore, un monito, un invito a rileggere la storia dell’uomo, perché nulla si ripeta degli errori del passato, perchè prevalga in tutti il sentimento di fraternità, atto a schiodare Cristo dalla Croce.
I morti di ieri, i morti di oggi, i morti di ogni paese, vittime dell’irrazionalità umana, sono ombre che nessun tempo potrà mai cancellare ma che possono indurci a riflettere per deporre il fardello dell'indifferenza.
Il senso dell’uomo è nell’ospitalità del suo essere.
Anna Lanzetta