Le Processioni dei paputi che, dalle prime luci dell'alba fino alla tarda mattinata del Venerdì Santo, percorrono le vie di Sarno, secondo rituali e itinerari stabiliti, per la visita ai Sepolcri, affondano le loro origini nel 1200, quando si costituirono le Confraternite religiose prima in numero di 3 e poi di 9, numeri sacri che richiamano la Trinità.
Le Processioni sono seguite da fedeli di varia età ed estrazione sociale, che intonano suggestive lamentazioni sulla passione e morte del Cristo, a carattere popolare, tramandate oralmente.
Vere ed antichissime forme di religiosità
Vere ed antichissime forme di religiosità
O Crux, o Crux, ave,
spes unica, ave!
Hoc Passionis tempore,
piis audace gratiam
O Croce, o Croce, ti saluto,
unica speranza, ti saluto!
In questo tempo di Passione, accresci la grazia ai pii,
cancella le colpe ai rei.
Il rito dell’inchino tra due croci è molto suggestivo. La voce più forte, quella che aiza , che alza sovrasta, rende omaggio:
Ecco la bella Croce,
ecco di pace il segno:
questo è quel sacro legno,
dove Gesù morì…
risponde all’omaggio ‘a vocia fina, struggente voce di giovanissima:
Teco vorrei, Signore,
oggi portar la Croce,
nella tua doglia atroce
io ti vorrei seguir…
Davanti a ogni sepolcro intonano il proprio canto della Passione, dopo mesi e mesi di preparazione, e seguono i comandi del Gran Cerimoniere, la cosiddetta ‘a mazza ‘e cerimonia che dà il segnale per fermarsi o procedere.
Quella madre è la dolce Maria!
Volge al cielo pietosa lo sguardo,
guarda il Monte e ricalca la via,
sanguinosa la Croce sol ve’.
Le parole restano incomprensibili, quasi a mantenerne il segreto.
Fac me tecum pie flere,
Crucifixo condolere,
Donec ego vixero…
Miserere mei, Deus.
Secundum magnam misericordiam tuam.
Amplius lava me ab iniquitate mea
Et a peccato meo munda me.
La liturgia del venerdì santo celebra la Passione del Signore.
I Paputi che sono incappucciati e portano sulle spalle una croce lignea, ricordano che l’uomo per rinascere deve abbandonare la via del male.
La croce è il simbolo del Cristo morente e del Cristo risorto e per analogia del credente-paputo che muore e risorge a nuova vita.
Il dramma delle Croci può essere inteso come simbolo della precarietà esistenziale di una comunità che partecipa al sacro rito della rigenerazione.
I “Paputi”, termine che dal latino significa “vecchio” sfilano per le strade con i simboli distintivi della Congregazione della Chiesa di appartenenza.
I confratelli indossano cappe bianche e si differenziano tra loro dal cordone che ne sostiene la veste.
Il colore prevalente è il celeste, il colore del cielo che indica la profondità dell’infinito in cui l’uomo si perde e poi si ritrova.
Il viola, presente nella Croce dei Morti, indica la temperanza e dunque l’equilibrio tra il Cielo e la Terra.
Solo i paputi della Confraternita di S. Matteo hanno il cappuccio e la veste rossa, che rimanda alla sofferenza del sangue.
La croce di San Francesco indossa il saio monacale simbolo di Francesco ed è l’unica croce in cui sono visibili i volti dei Paputi.
Il cammino delle Croci è il viaggio dell’uomo, vecchio nello spirito, che ritorna a nuova vita, attraverso il Sacro.
I fedeli accompagnano Cristo verso il Calvario in attesa della Resurrezione, oggi di una rigenerazione.
Vedo sul duro tronco
Disteso il mio diletto
E il primo colpo aspetta
Dell’empia crudeltà…