venerdì 15 luglio 2011

Pinocchio, un bambino senza sorriso




Quando Elena, rivisitando il racconto di Collodi, disse che Pinocchio si rifiutava di diventare bambino perché aveva paura degli adulti, rimasi molto perplessa a una rilettura fatta da un’adolescente che suonava come un atto di accusa agli adulti.

Ma la visione di Elena del burattino, espansa nei vari segmenti storici, racchiudeva la verità.

La condizione dell’infanzia nel mondo è dai suoi albori esposta senza difesa a ogni sorta di violenza e i fatti, che ogni giorno si susseguono, ne danno conferma.




Sono  frequenti le  notizie e le immagini di bambini violentati, uccisi e seviziati e quando il carnefice è la propria madre il racconto diventa horror.

Quale crudele verità si cela dietro un tale atto? Dove cercare la risposta se non dentro di noi, componenti dell’intera società che troppo spessa viola i diritti di chi andrebbe tutelato?.
Pinocchio ha rappresentato, per generazioni di bambini, un percorso educativo. Ce l’ha messa tutta per diventare il modello che gli adulti volevano che fosse, ma la realtà ne ha deluso le aspettative.

Pinocchio nasconde dietro il suo lungo naso una tristezza infinita e ha sul volto l’interrogativo di mille perché.
Egli si sforza di soddisfare i desideri degli adulti e di seguirne i consigli. Assume pian piano consapevolezza del suo ruolo sociale, aiuta Geppetto nel ventre del Pescecane fino alla libertà, ed è felice, ma poi scopre che nel ventre della balena il piccolo Jona vivrà il triste gioco della vita così come tanti bambini in famiglia, a scuola, nella società.

Pinocchio-bambino non è felice, perché si sente tradito dalla stessa società che lo ha spinto al cambiamento. Ci guarda da anni con commiserazione, guarda al passato di tanti bimbi, guarda al presente e la sua, è una condanna senza appello.

Pinocchio è per tutti noi il “Grillo parlante” che ci invita a riflettere senza inquisire, per rispondere ai suoi quesiti e alle nostre colpe.

Pinocchio-bambino ci chiede di vivere la sua età con l’emozione dei sogni e la fantasia del gioco.

L'infanzia  aspetta nel mondo il tempo della nostra ragione, e già adulta, guarda con compassione noi bambini  non ancora cresciuti  e ci chiede il diritto di  vivere, senza insidie, il gioco della propria vita.


 

Käthe Schmidt Kollwitz (Königsberg, 1867-Moritzburg, 1945), scultrice e pittrice tedesca.
Autoritratto

Anna Lanzetta

Il racconto di Elena dal titolo “Storia di un burattino che non diventa bambino” è inserito nel libro “Sapere per creare” a cura di Anna Lanzetta   Morgana Edizioni
Costo 15 euro
Inf. annalanzetta@libero.it