mercoledì 26 gennaio 2011

Perché nulla sia dimenticato…c’è un paio di scarpette rosse



C’è un paio di scarpette rosse

C’è un paio di scarpette rosse
Numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
“Shulze Monaco”
c’è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buchenwald
più in là c’è un mucchio di riccioli biondi
di ciocche nere e castane
a Buchenwald
servivano a far coperte per i soldati
non si sprecava nulla
e i bimbi li spogliavano e li radevano
prima di spingerli nelle camere a gas
c’è un paio di scarpette rosse
di scarpette rosse per la Domenica
a Buchenwald
erano di un bimbo di tre anni
forse di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini
li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l’eternità
perché i piedini dei bambini morti non crescono
c’è un paio di scarpette rosse
a Buchenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.
  
Joyce Salvadori Lussu

Joyce Salvadori (Gioconda Salvadori), più nota con il nome da sposata di Joyce Lussu (Firenze, 8 maggio 1912 – Roma, 4 novembre 1998) è stata una scrittrice, traduttrice e partigiana italiana, medaglia d'argento al valor militare.
-La patria è dove si sta bene, diceva: dove si vive in armonia con i vicini, dove si ritorna volentieri come a casa, ritrovando gli amici. Ma esistere significa anche passare le frontiere e conoscere gli altri, diversi ma simili a noi. "Si ride e si piange tutti nella stessa maniera", soleva dire. L'odio e la violenza nascono dallo sfruttamento, dalla coercizione, dalla rapina del necessario vitale: il cibo, il riposo, l'affettività, il pensiero, la libertà, ugualmente necessari all'uomo e alla donna.
Raccontare era il suo modo di porgere il suo pensiero, perché all'origine di ogni persona e di ogni cosa c'è sempre un racconto.
E noi, continuando il suo pensiero, raccontiamo:



    
Felix Nussbaum (1904-1944).
L'immagine si commenta da sola (A. L.)

Piove e piove.
Sotto la pioggia che cade obliqua, io siedo.
Tamburella sulla mia testa nuda,
cola sulle sopracciglia bruciate,
scorre dentro la bocca che sanguina.
Pioggia sulle spalle ferite,
pioggia dentro il cuore lacerato.
Pioggia, pioggia, pioggia.
A che serve vivere ancora?

Questi versi sono stati scritti da un sopravvissuto di Hiroshima, Kazuo, ma queste parole travalicando ogni frontiera, accomunano tutti i popoli e suonano monito di riflessione per l’intera umanità.



Vorrei andare sola
Dove c’è un’altra gente migliore,
in qualche posto sconosciuto
dove nessuno più uccide.
Ma forse ci andremo in tanti
Verso questo sogno,
in mille forse
e perché non subito?
Nella cittadina di Terezìn, a poca distanza da Praga, vennero deportati tra il 1942 e il 1944 quindicimila bambini.
Le parole suriportate sono di Alena Synkovà, una di loro.
Riflettiamo insieme in un silenzio religioso.

Anna Lanzetta