Renato Guttuso, Grecia, 1952
25 aprile 2019: festa della
Liberazione. Un giorno importante per la storia del nostro Paese perché simbolo
della lotta sostenuta dalle forze partigiane durante la seconda guerra mondiale
a partire dall’8 settembre 1943 contro il governo fascista della Repubblica
Sociale Italiana e l’occupazione nazista.
<<Arrendersi o perire!>>
fu la parola d’ordine dei partigiani.
La Resistenza
è l’insieme dei movimenti sorti durante la II guerra mondiale nei vari paesi europei, contro
gli occupanti tedeschi e le forze fasciste ad essi alleate.
Dal 1933 al 1945 furono i Nazionalsocialisti
a decidere le sorti dell'Europa. Molti giovani morirono in Grecia, Polonia,
Italia, Russia, Francia, Spagna, Germania in nome della libertà. Nel 1954,
Thomas Mann nella prefazione a Lettere di condannati a morte della
resistenza europea scriveva: «Dobbiamo sempre ripensare e nel farlo ci si
stringe il cuore a cosa ne sia stato della “vittoria del futuro”, della Fede e
della Speranza di questa gioventù e chiederci in che mondo viviamo. In un mondo
di regressione maligna, in cui un odio fatto di pregiudizio e di mania
persecutiva si accoppia ad un'ansia panica - Invano sarebbero dunque state La
fede, la Speranza,
la Capacità
di sacrificio della gioventù Europea, che porta il bel nome di Resistenza
internazionale, avanguardia in lotta per un mondo migliore? Privo di senso i
suoi ideali? Ed anche la morte sarebbe stata per nulla? No, non può essere».
La Resistenza in Italia e
in Europa, vide impegnati uomini, donne, giovani e ragazzi che combatterono con
coraggio nello spirito di libertà e che per essa sacrificarono la propria vita:
Compagni fratelli Cervi
(Gianni Rodari, 1955)
Sette fratelli come sette olmi,/alti robusti come una piantata./I poeti
non sanno i loro nomi,/si sono chiusi a doppia mandata :/sul loro cuore si
ammucchia la polvere/ e ci vanno i pulcini a razzolare.I I libri di scuola si
tappano le orecchie.
Quei sette nomi scritti con il fuoco/brucerebbero le paginette/dove dormono
imbalsamate/le vecchie tavolette/approvate dal ministero.
Ma tu mio popolo, tu che la polvere/ti scuoti di dosso/per camminare leggero, tu
che nel cuore lasci entrare il vento/e non temi che sbattano le imposte, piantali
nel tuo cuore/i loro nomi come sette olmi:Gelindo, Antenore, Aldo, Ovidio, Ferdinando,
Agostino, Ettore ? /Nessuno avrà un più bel libro di storia,/il tuo sangue sarà
il loro poeta/dalle vive parole,/con te crescerà/la loro leggenda/come cresce
una vigna d'Emilia/aggrappata ai suoi olmi/con i grappoli colmi/di sole.
La Resistenza ci accomuna e la lettera di Chaìm
tocca tutti i cuori, un ragazzo di 14 anni, rinchiuso nel campo di sterminio di
Pustkòw e ucciso nel 1944. Dal campo
dove era rinchiuso, Chaìm lanciò una lettera, scritta in yiddish, oltre il filo
spinato di recinzione. La lettera fu fortunatamente raccolta e conservata fino
alla liberazione.
Miei cari genitori,
se il cielo
fosse carta e tutti i mari del mondo inchiostro, non potrei descrivervi le mie
sofferenze e tutto ciò che vedo intorno a me. Il campo si trova in una radura.
Sin dal mattino ci cacciano al lavoro nella foresta. I miei piedi sanguinano
perché ci hanno portato via le scarpe. Tutto il giorno lavoriamo quasi senza
mangiare e la notte dormiamo sulla terra-ci hanno portato via anche i nostri
mantelli.
Ogni notte soldati ubriachi
vengono a picchiarci con bastoni di legno, e il mio corpo è nero di lividi come
un pezzo di legno bruciacchiato. Alle volte ci gettano qualche carota cruda,
una barbabietola, ed è una vergogna: ci si batte per averne un pezzetto e
persino qualche foglia. L’altro giorno due ragazzi sono scappati, allora ci
hanno messo in fila e ogni quinto della fila veniva fucilato. Io non ero il
quinto, ma so che non uscirò vivo di qui.
Dico addio a tutti e piango.
Chaìm.
(Virginia Niri)
“Il messaggio in quelle
lettere di condannati a morte è scolpito nel mio cuore come nei cuori di tutti
quelli che considerano queste lettere come testimonianze d’amore, di cosciente
determinazione e responsabilità verso la vita e come esempio di spirito di
sacrifcio e di resistenza al nazismo, questo mostro dell’irrazionalità, che
tentò d’annientare la ragione”. Così si esprime Luigi Nono, compositore, politico e scrittore. Egli
utilizzò spesso testi politici nei suoi lavori: Il canto sospeso (1955) è basato su frammenti di lettere di
condannati a morte della Resistenza europea.
Dice Claudio Abbado: “So, dal mio lavoro a
contatto con molti musicisti, quanto sia importante ed anche bello che persone
di diversa cultura, religione ed estrazione si incontrino senza remore per
completarsi a vicenda nel lavoro come nella vita. Ed è proprio questo spirito
di tolleranza e di umanità a costituire il fulcro de Il Canto sospeso”.
“Questi innumerevoli morti, questi torturati, questi massacrati, questi
offesi sono affare nostro. Chi parlerebbe di loro se non ne parlassimo noi? I
morti dipendono interamente dalla nostra fedeltà”. Così si espresse Vladimir Jankélévitch, filosofo,
esperto di musica e pianista che partecipò attivamente alla Resistenza.
Io penso che chi nega la Resistenza non conosce
la storia. Penso e con tristezza che chi nega la storia non ha memoria e non vive. Il
modo migliore per ricordare è partecipare, ascoltare e leggere. La Resistenza riguarda
tutti con l’impegno di mantenerne viva la memoria contro ogni atteggiamento
malsano. Riprendiamo allora i libri di
coloro che hanno suggellato con i propri scritti personaggi, momenti e situazioni, tasselli di
storia cari alla memoria: Uomini e no,
di Elio Vittorini
(1945), Il partigiano Johnny,
di Beppe Fenoglio
(1968), La casa in collina,
di Cesare Pavese
(1949), Ultimo viene il corvo,
di Italo Calvino
(1949), La ragazza di Bube, di Carlo Cassola (1960), Cristo si è fermato a Eboli, di Carlo Levi (1945), Il giardino dei Finzi-Contini, di Giorgio Bassani (1962), L’Agnese va a morire, di Renata Viganò (1949), La storia (Einaudi, 1974) di Elsa Morante, Tre
amici (Mondadori, 1988) di Mario Tobino; delle poesie di Franco Fortini, Giorgio Bassani, Giuseppe Ungaretti,
Gianni Rodari, Salvatore Quasimodo, Cesare Pavese, Pier Paolo Pasolini, Davide
Lajolo "Ulisse", Primo Levi, Corrado Govoni, Elena Bono
e anche alcune delle epigrafi dettate da Piero Calamandrei. Epigrafi che poi furono riportate
sui monumenti e sulle lapidi.
Il cinema, il teatro e ogni forma
di comunicazione renda vivi per noi chi non c’è più, risvegli le coscienze
spesso intorpidite e renda tangibile in
ogni momento la storia del nostro passato, che ha consacrato i nostri eroi, inscindibile
dal presente.
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