mercoledì 19 ottobre 2011

Per Andrea Zanzotto



Andrea Zanzotto (Pieve di Soligo, 1921- Conegliano, 2011)

Non si può non aprire una pagina sulla poesia per ricordare un grande poeta della parola, del verso, del sentimento, dell’impegno a dire, a comunicare il pensiero e a intesserlo col nostro. 

Quando muore un poeta senti nel profondo che qualcosa muore dentro di te. Muore il dialogo con una voce che sentivi anche tua, perché la poesia ha la prerogativa di saper essere individuale e collettiva.

È morto un poeta, riflesso di un’Italia che muore nel disimpegno verso la cultura.

Non ho avuto modo di conoscere Zanzotto, ma alla notizia della sua morte ho avvertito un vuoto profondo e un silenzio incombente.

A Zanzotto, poeta, espressione di vita e di pensiero, regalo la mia emozione e  il ricordo della sua poesia:




         Prima persona

-Io- in tremiti continui, -io – disperso
e presente: mai giunge
l’ora tua,
mai suona il cielo del tuo vero nascere.
Ma tu scaturisci per lenti
boschi, per lucidi abissi,
per soli aperti come vive ventose,
tu sempre umiliato lambisci
indomito incrini
l’essere macilento
o erompente in ustioni.
Sul vetro
eternamente oscuro
sfugge pasqua dagli scossi capelli
primavera dimora e svanisce.
Tu ansito costretto e interrotto
ora, ora e sempre,
insaziabile e smorto raggiungermi.
Ora e sempre? Ma se da un bene
l’ombra, se di un’idea
solo mi tocchi, o vortice a cui corrono
i conati malcerti, il fioco
sospingermi del cuore. E là nel vetro
pasqua e maggio e il rissoso lume affondano
e l’infinito verde delle piogge.
Col motore sobbalza
la strada e il fango, cresce
l’orgasmo, io cresco io cado.
Di te vivrò fin che distratto ecceda
il tuo nume sul mio
già estinto significato,
fin che in altri terrori tu rigermini
in altre vanificazioni.

Andrea Zanzotto- Da Vocativo

L’io del poeta si interroga per tutto il testo, in un' indagine dialetticamente sospesa tra affanno, paura, sentimento di perdita  e spiragli di una possibile autoidentificazione.

Se fossi ancora in aula, oggi come una volta: “Silenzio”.

L’invito agli studenti sarebbe quello di meditare sui versi 12-15 e in particolare sull’ossimoro “ primavera dimora e svanisce”, indicativo ieri come oggi della precarietà e fuggevolezza di tempo e stagioni, all’interno di una generale e angosciosa instabilità di tutto ciò che ci circonda.



Anna Lanzetta