lunedì 5 ottobre 2020

Studiare con l'arte: Giovanni Pascoli


Per chi ama l’arte e la poesia, presentiamo il progetto “Giovanni Pascoli, tra parole e immagini”:

realizzato a scuola nel 2008 con la prof. Fiorella Menna e gli studenti del biennio dell’ITIS “A. Meucci”.

 È bello studiare con l’arte perché rende visibili realtà, sensazioni ed emozioni. Bisogna avvicinare i ragazzi all’arte, patrimonio inestimabile di bellezza, armonia e conoscenze attraverso un gioco di ricerca e curiosità: Quanti dubbi, quante delusioni, quanti sogni sperimentiamo ogni giorno; quante difficoltà e incomprensioni, per qualcuno anche forti traumi, tanto più forti in quanto vissuti in un’età delicata, come l’adolescenza, e ancor più fragile oggi, per mancanza di punti di riferimento sicuri. Per Pascoli l’origine della sua sofferenza ha radici profonde, legate a traumi familiari come i numerosi lutti, le delusioni e le ingiustizie patite. La persona a cui il poeta è più affezionato è la madre, di cui delinea un ritratto molto intenso: Me la miravo accanto / esile sì, ma bella / pallida sì, ma tanto / giovane! Una sorella! / bionda così com’ era / quando da noi partì (La madre), immagine che si lega a  ”La Madre”  di S. Lega. Il ricordo dei suoi baci e del vezzeggiativo con cui lo chiamava -Zvanì-  basta a definire beati anche se fugaci quei giorni (Una voce). La figura materna diventa, quindi, nell’ immaginario poetico di Pascoli, sinonimo di sicurezza e protezione dalle minacce del reale. Tenerissima l’espressione:…Soave allora un canto / s’ udì di madre, e il moto di una culla   (Il tuono). Altrettanto importante è il suo paese natale, che egli ricorda con nostalgia: Sempre un villaggio, sempre una campagna/ mi ride al cuore (o piange), Severino:/il paese ove, andando, ci accompagna/ l’azzurra visïon di San Marino:…oh! fossi io teco; e perderci nel verde,/e di tra gli olmi, nido alle ghiandaie,/ gettarci l’urlo che lungi si perde/ dentro il meridïano ozio dell’aie; / …Era il mio nido: dove, immobilmente,/ io galoppava con Guidon Selvaggio/ e con Astolfo; o mi vedea presente/ l’imperatore nell’eremitaggio./…Ma da quel nido, rondini tardive,/tutti tutti migrammo un giorno nero:/io, la mia patria or è dove si vive:/ gli altri son poco lungi; in cimitero./ …Romagna solatìa, dolce paese,/ cui regnarono Guidi e Malatesta;/ cui tenne pure il Passator cortese,/ re della strada, re della foresta. Bellissimo ai nostri occhi il paesaggio assolato e denso di vita che rievoca Vecchia città II di V. Kandisky. Il calore dell’abbraccio dell’ambiente familiare supera ogni altra esperienza: Già m’accoglieva in quelle ore bruciate / sotto ombrello di trine una mimosa, / che fioria la mia casa ai dì d’estate / co’ suoi pennacchi di color di rosa./…Era il mio nido… (Romagna), e l’arte di  C. Pissarro materializza la natura in Raccolto generoso e in Falciatura ad Eragny: Lungo la strada vedi su la siepe / ridere a mazzi le vermiglie bacche: / nei campi arati tornano al presepe / tarde le vacche. (Sera d’ ottobre.)

 

 A sette anni Pascoli entra in collegio insieme al fratello Giacomo e alla sorella Margherita. Sono gli anni più spensierati della sua vita, di cui sentiamo l’eco in alcuni versi: È questa una mattina  / che non c’ è scuola. Siamo usciti a schiera / tra le siepi di rovo e d’ albaspina,… Sono le voci della camerata / mia: le conosco tutte all’ improvviso, / una dolce,una acuta, una velata…(L’aquilone), versi che riflettono la freschezza dell’adolescenza in convergenza con il tripudio di colori di  Frutteto in primavera di A. Sisley. Fondamentale per il poeta è la figura del padre con le sue attenzioni, il suo sorriso, la sua tenerezza e il senso di sicurezza che infonde alla famiglia: E Margherita, la sorella grande,/ di sedici anni, disse adagio: “Babbo...„/“Che hai?„ “Ho, che leggemmo nel giornale/ che c’è gente che uccide per le strade...,/ Chinò mio padre tentennando il capo/ con un sorriso verso lei. Mia madre/ la guardò coi suoi cari occhi di mamma, come dicendo: A cosa puoi pensare!/ E le rondini andavano e tornavano, /ai nidi, piene di felicità…Mio padre prese la sua bimba in collo,/col suo gran pianto ch’era di già roco;…e la baciò, la ribaciò negli occhi… zuppi di già per non so che martoro. /“Non vuoi che vada?„ “No!„ “Perchè non vuoi?„/ “No! no!„ “Ti porto tante belle cose!„/ “No! no!„ La pose in terra: essa di nuovo / stese alla canna le sue dita rosa, / gli mise l’altro braccio ad un ginocchio:/ No! no! papà! no! no! papà! no! no! (Un ricordo). Ed aspettò. Aspetta ancora. Il babbo/ non tornò più. Non si rivide a casa.Ritornava una rondine al tetto: / l’uccisero: cadde tra spini: / ella aveva nel becco un insetto: / la cena dei suoi rondinini. Anche un uomo tornava al suo nido: / l’uccisero: disse: Perdono; /e restò negli aperti occhi un grido / portava due bambole in dono…(X  Agosto). Il quadro di  E. Munch “Al capezzale di un defunto”esemplifica  l’atmosfera di dolore. Il nido è stato violato e il richiamo a L’urlo di E. Munch,  è inevitabile. L’analogia suono-colore struttura la composizione: violente strisce ondulate, rosse, blu e gialle, generano il cielo e il mare. La figura umana è un’apparizione spettrale, delirante, dagli occhi vuoti. Ma da quel nido, rondini tardive, / tutti tutti migrammo un giorno nero; / io, la mia patria or è dove si vive: / gli altri son poco lungi; in cimitero. (Romagna). L’assassinio del padre, la morte della madre e dei fratelli, la dispersione della famiglia, la povertà, la necessità di lottare per vivere costituiscono una frattura rispetto al tempo felice dell’adolescenza e segnano la fine delle illusioni, come ci viene suggerito dalla poesia: “Novembre”: Gemmea l’aria, il sole così chiaro, / che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,/e del prunalbo l’ odorino/ amaro senti nel cuore… La prima strofa della poesia, creata sul piano delle sensazioni e delle emozioni produce una forte impressione che fa sembrare reale ciò che non è ed è semplice il richiamo a  Primavera di  C. Monet. Ma secco è il pruno, e le stecchite piante / di nere trame segnano il sereno, / e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante / sembra il terreno. Non ci sono più illusioni, le trame degli alberi secchi indicano la perdita dei sogni: Silenzio intorno: solo, alle ventate, / odi lontano, da giardini ed orti / di foglie un cader fragile. È l’estate, / fredda, dei morti, immagine che si configura  per noi in Novembre  di T. Signorini. La poesia  è innervata dalle figure dell’opposizione: suoni dolci verso suoni duri, uso dell’avversativa, ossimoro finale, quasi a voler tendere il linguaggio al massimo dell’espressività. Il nido è stato distrutto materialmente, ma resta aggrappato al cuore del poeta che, infatti, cercherà di ricostruirlo, seppur diverso: Dal selvaggio rosaio scheletrito / penzola un nido. Come, a primavera, / ne prorompeva empiendo la riviera / il cinguettìo del garrulo convito! / Or v’è sola una piuma, che all’invito / del vento esita, palpita leggiera; / qual sogno antico in anima severa ,/ fuggente sempre e non ancor fuggito:…(Il nido). L’assonanza tra scheletrito e nido proietta sul simbolo della famiglia la materialità della morte, ma la piuma che palpita leggera al soffio del vento indica la volontà di resistere, di sopravvivere. Il silenzio predomina e indica la solitudine, l’ abbandono, la morte, che pone fine al dolore e alle illusioni, che cadono falciate come in Campo di grano con falciatore di V. Van Gogh.

 


 

L’ossessione della morte e le figure del padre e della madre  popolano l’immaginario poetico di Pascoli. Alla rievocazione della morte del padre si associano immagini che sottolineano il tema della violenza: Ma uno squarcio aveva egli nel capo,/ ma piena del suo sangue era una mano (Un ricordo) Tu l’hai veduto l’uomo che l’uccise” (La cavallina storna) Ora è là, come in croce, che tende/ quel verme a quel cielo lontano (X agosto). Sofferenza e dolcezza connotano, invece, la rievocazione della figura della madre e della sua scomparsa. Le parole che le dedica nei Canti di Castelvecchio sottolineano la particolare densità affettiva di quel rapporto: «Io sento che a lei debbo la mia attitudine poetica. Non posso dimenticare certe sue silenziose meditazioni in qualche serata…,avanti i prati della torre. Ella stava seduta sul greppo: io appoggiavo la testa alle sue ginocchia. E così stavamo a sentir cantare i grilli e a veder scoppiare i lampi di caldo all’orizzonte…». Gioia e dolore, dolcezza e angoscia si accompagnano al tema della presenza-assenza: Sentivo una gran gioia, una gran pena, / una dolcezza ed un’angoscia muta. / - Mamma?- È là che ti scalda un po’ di cena.-  / Povera mamma! E lei, non l’ho veduta” (Sogno). Ancora, il tema di una comunicazione mai interrotta: O madre seppellita, / che gli altri lasci, oggi, per me; parliamo (Colloquio), ma di tante tante parole / non sento che un soffio…Zuanì… (La voce). Il nido rimasto vuoto indica prospetticamente la casa dei morti: il cimitero. Inquietudine e disagio segnano ormai l’esistenza del poeta che nei suoi versi esprime lo sconvolgimento del suo essere come  Mare in tempesta di G. Courbet.  

 continua