sabato 3 novembre 2012


Quando l’infanzia ci chiede “Amore”




Ci eravamo illusi di essere una società in progress ma considerata la condizione che l’infanzia vive nel nostro paese, ne siamo ben lontani.
Avevamo superato un tempo lo stato animalesco, perché pensavamo di agire col cuore verso i più deboli, i più bisognosi, verso l’infanzia ma gli animali ci superano in amore.
Una società senza fondamenta basate sull’ “amore” non può dirsi civile, non è tale chi non rispetta i diritti dell’infanzia al di là delle leggi e del colore.
Non passa giorno senza che l’infanzia venga offesa nella propria dignità, segno di un degrado sociale che ormai non ha argini. I bambini sono vittime della nostra follia. Fino a quando dovranno pagare, prima che ognuno di noi si accorga del rischio che la stessa società sta correndo, inquinando le proprie radici?. Quale mondo possiamo immaginare quando la violenza si abbatte sui minori a dismisura e in qualsiasi forma?. Quale evoluzione possiamo sperare quando si nega ai bimbi di sedersi a mensa, quando vengono pubblicamente contesi, quando si impedisce ai più sfortunati di vivere l’esperienza della vita con i propri coetanei e si condannano alla segregazione?. Quale modello di società stiamo offrendo a questi bambini? E quali ripercussioni avranno sulla loro crescita e sulla società che noi stessi componiamo?.

Elena aveva solo 14 anni, quando in un’ esperienza didattica di scrittura creativa, riscrisse il racconto di Pinocchio:

Storia di un burattino che

non diventa bambino

Pinocchio era un burattino molto particolare.
Agli occhi degli altri era solo un pezzo di legno, ma in realtà era birichino e capriccioso, proprio come un bambino vero. Pinocchio era molto fiero di questo, perché il suo sogno era proprio quello di trasformarsi in un bambino in carne ed ossa a tutti gli effetti.
Fin da quando Geppetto lo aveva costruito, si era ripromesso di fare il buono, perché la Fata Turchina, suo angelo custode; gli aveva detto che se si fosse comportato bene avrebbe realizzato il suo desiderio.
Dobbiamo considerare che per il povero burattino fu molto difficoltoso mantenere la sua promessa, ma pur di riuscirci, s’impegnò moltissimo. Pensate che una volta, piuttosto che andare a divertirsi con gli amici, preferì recarsi a scuola per amor della cultura, o forse, ( ma fa lo stesso) per amore delle caramelle, dato che il giorno prima, la maestra aveva promesso ai suoi cari alunni che avrebbe dato due dolcetti per ogni compito assegnato a casa, svolto correttamente.
Purtroppo, data la sua indole, non sempre Pinocchio riuscì ad essere così giudizioso e una volta, scappò di casa per una settimana, per alloggiare nel paese dei balocchi.
Laggiù si divertì un sacco, ma una mattina gli spuntarono le orecchie d’asino, perché ormai non sapeva più né leggere né scrivere. Sconsolato incominciò a piangere a dirotto e faceva una gran pena a vederlo!
Come sempre corse in suo aiuto la Fata Turchina che lo riportò a casa e, per farlo guarire del tutto, decise di iscriverlo alle scuole serali. Che punizione! Pinocchio però, con grande meraviglia di tutti, si comportò proprio come un bravo bambino, perché voleva realizzare a tutti i costi il suo sogno, ma la sorpresa che ebbe, proprio quando stava per raggiungere la sua meta, fu sbalorditiva.
Difatti le cose non andarono bene e il burattino non divenne mai un bambino a tutti gli effetti.
Eh sì, fu proprio così! E sapete perché? La Fata Turchina non può niente contro le decisioni dell’uomo, in un mondo in cui i sogni dei bambini e i giochi di fantasia stanno sparendo a causa della sete di soldi e di potere dell’uomo; neanche un povero burattino può sorridere soddisfatto ai propri desideri!
La Fatina gli ha regalato la vita, ma la bontà innocente di un pargolo non è sufficiente a realizzare i suoi sogni.
Dalla finestra Pinocchio guarda tutto ciò che lo circonda: palazzi, case, pochissimi spazi verdi, mille e mille costruzioni in atto e per la prima volta capisce la realtà: con tristezza e rassegnazione sospira e con gli occhi rivolti al cielo, sogna mondi impossibili, mentre una piccola lacrima scorre sul suo viso inanimato. ( racconto di Elena Mancuso)

Allora il racconto mi sorprese e mi rattristò molto. Mi convinsi poi che i ragazzi vedono la verità più di noi adulti. Pinocchio sceglie di restare burattino perché vede che i bambini soffrono molto e lui ha paura della violenza e del nostro egoismo. Era implicita nelle parole di Elena la paura verso noi adulti che pensiamo solo a noi stessi. Pinocchio resta solo e piange. Egli rappresenta l’infanzia di tutto il mondo che piange per la nostra stoltezza e che tra le lacrime ci chiede un mondo migliore, ci chiede di ascoltare il nostro cuore.

Anna Lanzetta
responsabile della sezione didattica
Associazione Culturale MultiMedia91