domenica 17 giugno 2012

Viaggiando in Italia con artisti e letterati: Abruzzo 1




La Maiella

Mi è sempre più difficile esprimere con parole le emozioni che improvvise mi nascono dentro e mi fermano il respiro di fronte alla scoperta delle nostre regioni, tale è stato per me il viaggio che ho compiuto in Abruzzo, in quel territorio tra i monti e il mare tra Chieti e Pescara. In questo tratto l’Abruzzo mi si è rivelato come un grande museo all’aperto i cui pezzi più belli sono i paesaggi e le architetture. Nulla in esso passa inosservato. Ogni elemento è storia, è attrazione, è bellezza che ferma il passo per una foto, un ricordo.

L’Abruzzo è un territorio che al riparo dei propri monti, ha conservato intatto il proprio patrimonio fatto di paesaggi incantevoli, monumenti, tradizioni, ambienti naturali e umani; millenni di storia che stupiscono ogni visitatore.

Ignazio Silone scrive: “ Il destino degli uomini nella regione che da circa otto secoli viene chiamata Abruzzo è stato deciso principalmente dalle montagne…gli abruzzesi sono rimasti stretti in una comunità di destino assai singolare, caratterizzata da una tenace fedeltà alle loro forme economiche e sociali anche oltre ogni pratica utilità, il che sarebbe inesplicabile se non si tenesse conto che il fattore costante della loro esistenza è appunto il più primitivo e stabile degli elementi: la natura”.


 

Ignazio Silone

Ed è la Maiella, misteriosa con i suoi eremi  e che ora ammiro da lontano, solcata da  tralci di neve che egli descrive  nella prima parte del libro L’avventura di un povero cristiano: « La Maiella è il Libano di noi abruzzesi. I suoi contrafforti, le sue grotte, i suoi valichi sono carichi di memorie. Negli stessi luoghi dove un tempo, come in una Tebaide, vissero innumerevoli eremiti, in epoca più recente sono stati nascosti centinaia e centinaia di fuorilegge, di prigionieri di guerra evasi, di partigiani, assistiti da gran parte della popolazione »

Ogni territorio appartiene ai suoi figli più illustri e Ignazio Silone è uno di questi. Peudonimo di Secondo Tranquilli, egli nasce a Pescina nel 1900.  Oggi i suoi scritti correlati ai nostri tempi rivelano tutta la loro modernità nella denuncia di problematiche legate all’oppressione e all’ingiustizia sociale o nei riferimenti a scrittori, giganti nel loro pensiero. Su Polikuška di Tolstoj infatti egli scrive: “Sapevo che Tolstoj era celebrato come un grande scrittore, ma non avevo mai letto niente di lui. Cominciato a leggere, andai avanti dimenticando il tempo e l'appetito. Ero turbato e commosso. Mi colpì soprattutto la storia di Polikusc'ka, quel tragico destino di un servo deriso e disprezzato da tutti [...]. Come doveva essere stato buono e coraggioso lo scrittore che aveva saputo ritrarre con tanta sincerità la sofferenza d'un servo. Quella triste lentezza del raccontare mi rivelava una compassione superiore all'ordinaria pietà dell'uomo che si commuove alle disgrazie del prossimo e ne distoglie lo sguardo per non soffrire. Di questa specie, pensavo, dev'essere la compassione divina, la compassione che non sottrae la creatura al dolore, ma non l'abbandona e l'assiste fino alla fine, anche senza mostrarsi. Mi pareva incomprensibile, anzi assurdo, di essere arrivato a conoscenza di una storia come quella soltanto per caso. Perché non veniva letta e commentata nelle scuole?”

Resto affascinata da queste parole e ripenso all’importanza della lettura, della scrittura in un processo educativo, dove i valori sono intesi come cardine della formazione.

Mi era bastato spingere lo sguardo con Silone verso la Marsica, perché leggessi in queste parole quell’Abruzzo fiero e dignitoso che tanto mi affascinava, accanto al lago di Scanno che mi invitava con le sue acque cristalline, davanti a un ragù di agnello indimenticabile.
Un giorno ritornerò per potermi abbeverare ancora alla storia di questa terra.





Il Gran Sasso

 Dirà ancora Silone “Tutto quello che m'è avvenuto di scrivere, e probabilmente tutto quello che ancora scriverò, benché io abbia viaggiato e vissuto a lungo all'estero, si riferisce unicamente a quella parte della contrada che con lo sguardo si poteva abbracciare dalla casa in cui nacqui. È una contrada, come il resto d’Abruzzo, povera di storia civile, e di formazione quasi interamente cristiana e medievale. Non ha monumenti degni di nota che chiese e conventi. Per molti secoli non ha avuto altri figli illustri che santi e scalpellini. La condizione dell'esistenza umana vi è sempre stata particolarmente penosa; il dolore vi è sempre stato considerato come la prima delle fatalità naturali; e la Croce, in tal senso, accolta e onorata. Agli spiriti vivi le forme più accessibili di ribellione al destino sono sempre state, nella nostra terra, il francescanesimo e l'anarchia. Presso i più sofferenti, sotto la cenere dello scetticismo, non s'è mai spenta l'antica speranza del Regno, l'antica attesa della carità che sostituisca la legge, l'antico sogno di Gioacchino da Fiore, degli Spirituali, dei Celestini.

Sono senza parole mentre leggo!. Era questo il Cristianesimo di Silone, delle genti di Abruzzo. Queste parole segnano l’identità tra storia, letteratura e territorio.

Leggo: Il 13 gennaio del 1915, la Marsica è messa in ginocchio dallo spaventoso terremoto di Avezzano che provoca moltissime vittime e muoiono sotto le macerie numerosi familiari dello scrittore, tra cui la madre.

Ammutolisco e penso!. Nulla cambia col tempo e le catastrofi si ripetono sempre più atroci. Ho reso onore ai morti dell’Aquila. La città transennata mi è apparsa lontana nel tempo, l’ombra di ciò che fu e che forse non ritornerà. Poche sono le speranze degli Aquilani e non solo… piangeva il giovane cameriere-diplomato che mentre mi serviva un ottimo piatto di pesce, pensava di andare al Nord e aveva negli occhi la sua Aquila.



Il lago di Scanno


Scrive Silone al fratello, alcuni mesi dopo il sisma, di ritorno dal seminario di Chieti (dove studiava) al paese natale distrutto: « Ahimè! son tornato a Pescina, ho rivisto con le lagrime agli occhi le macerie; sono ripassato tra le misere capanne, coperte alcune da pochi cenci come i primi giorni, dove vive con una indistinzione orribile di sesso, età e condizione la gente povera. Ho rivisto anche la nostra casa dove vidi, con gli occhi esausti di piangere, estrarre la nostra madre, cerea, disfatta. Ora il suo cadavere è seppellito eppure anche là mi pare uscisse una voce. Forse l'ombra di nostra madre ora abita quelle macerie inconscia della nostra sorte pare che ci chiami a stringerci nel suo seno. Ho rivisto il luogo dove tu fortunatamente fosti scavato. Ho rivisto tutto... »

Silone muore a Ginevra nel 1978 e due giorni dopo le sue ceneri vengono trasportate a Pescina per essere poste nella tomba di famiglia e adempiere alla sua richiesta: « Mi piacerebbe di esser sepolto così, ai piedi del vecchio campanile di San Berardo, a Pescina, con una croce di ferro appoggiata al muro e la vista del Fucino, in lontananza. »





Il mio viaggio continua e mentre la bellezza delle Cattedrali appaga ogni mio desiderio di vedere, di sapere, di estasiarmi e di perdermi nella spazialità di San Giovanni in Venere, mi sento emotivamente vicina a quanti hanno conosciuto le disfatte del terremoto, e mi ritrovo, con mia meraviglia a pregare, perché per volontà umana o per cataclisma non si debbano contare mai più tanti morti.

A tutti i ragazzi

A tutti coloro che amano conoscere

Anna Lanzetta

Responsabile Sezione didattica

Associazione Multimedia91

Foto di Ale