Edvard Munch
(1863-1944), Disperazione
La morte di un giovane ci lascia
sgomenti e ci assale il dubbio se possiamo definirci un paese che ha superato i
pregiudizi, restio a emettere giudizi, a condannare e a discriminare. Purtroppo
mi assale il dubbio che amiamo troppo le parole e poco i fatti, che la
selezione è ancora troppo parte del nostro vissuto, che persi dietro un falso
perbenismo non guardiamo attentamente
ciò che accade fuori di noi, intorno a noi, troppo chiusi in una cultura
retrograda che lascia ai margini coloro che vengono frettolosamente etichettati
come “diversi”. Dimentichi del dramma umano di chi lo vive direttamente e delle
famiglie che lo subiscono, solo di fronte alla morte ci mostriamo quali
dovremmo essere sempre: aperti, disponibili, rispettosi verso chi etichettiamo.
È in famiglia che devono essere posti i valori di una vita comunitaria dove il
rispetto indistinto per tutti ne sia il fondamento. È la scuola il luogo dove
in continuità e insieme con la famiglia va affrontato il problema di ciò che
chiamiamo “diverso”. Il tempo speso con gli studenti di ogni età, per parlare e
per confrontarsi su problemi sociali, è il cardine di ogni educazione che miri
a una crescita basata sui veri valori della vita quali la comunanza e la
comunicazione corretta, per realizzare cambiamenti e per una crescita sociale.
Ma punto forte in tale contesto devono essere anche e in eguale misura la
politica e i mezzi di informazione che possono e che devono essere di sostegno
a un’educazione che altrimenti, troppo spesso rischia di essere fuorviante.
Sono stata insegnante, ancora mi sento in tale ruolo, e come tale
rivolgo a tutti un appello accorato.
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