venerdì 24 febbraio 2012

Volevano solo vivere





Navighiamo a stento tra i mille problemi che attanagliano il nostro paese in tutti i settori, e tra censure, chiacchiericci vari, violenze e sciagure la mannaia della vergogna si è abbattuta sulla nostra testa con la Sentenza della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo per i respingimenti degli immigrati. Noi, proclamatori di democrazia, di libertà e di diritti, abbiamo violato l’articolo 3 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo “che proibisce trattamenti inumani e degradanti”.

Nessuna giustificazione, in termini di sicurezza, può salvare da una condanna degradante chi si è macchiato di un tale crimine, trascinandoci in una tale e turpe azione, né mette al riparo le coscienze di coloro che dimentichi di “che cosa è un uomo”, ci ha fatto retrocedere nei periodi più bui, quando la presunzione troneggiava sui più deboli, sui diseredati e sugli oppressi. Mi chiedo se abbia ancora un senso insegnare la Storia come maestra di vita, dato che è impotente a insegnarci il vivere umano.



L'elogio della pazzia

C’erano donne e bambini tra quei disperati e chi li ha condannati alla tortura e allo sterminio ne senta il peso per sempre. Solo così forse, chi ha operato nell'insania follia,  potrà sentirsi di nuovo un uomo.

Anna Lanzetta

lunedì 20 febbraio 2012

Quando il teatro emoziona. L'arte di Giovanni Esposito





Giovanni Esposito

Grandi emozioni il pomeriggio del 19-febbraio, al teatro Le Spiagge, con la Compagnia Teatri d’Imbarco.

Alle 16.30, alla presenza di un folto pubblico, è andato in scena uno spettacolo per il Giorno della Memoria dal titolo "Due amici in guerra", liberamente tratto da “Destinatario sconosciuto”.

Sullo sfondo della Germania degli anni 30, si assiste al rapporto di amicizia, tema fondante del testo, tra i due protagonisti, diversi per appartenenza: uno tedesco, l’altro ebreo, ignari che la Storia ne avrebbe cambiato il senso e il valore, inconsapevoli di ciò che la follia di Hitler avrebbe scatenato.
Un legame di amicizia, di fiducia, di collaborazione consolidato anche attraverso l’arte, in cui ambedue sono impegnati come lavoro.

Ma il potere, il potere nazista, capace di distruggere ogni valore, s’intrufola implacabile tra loro, ne distrugge i sentimenti, l’amore e l’amicizia e su tutto s’instaura il timore, il terrore, la paura, la negazione di quel sentimento fraterno che li aveva uniti. Nessun ricordo prevale di fronte a un terribile momento che inaridisce ogni pulsione e tutto viene dimenticato e occultato. Anche l’amore, un tempo nutrito dal giovane tedesco per la sorella del giovane ebreo viene frantumato dal presente e forte echeggia il grido di dolore di Max quando Martin gli comunica che la sorella aveva bussato alla sua porta ma che lui non l’aveva soccorsa, che era andata via e che nel parco a un tratto le urla si erano smorzate.




Gli attori sono bravissimi e Giovanni Esposito offre del personaggio, un’interpretazione emozionante e coinvolgente. Con la voce modulata su ritmi ora accesi, ora passionali, ora carichi di accenti emotivi, offre insieme con la gestualità e l’espressione fisionomica una performance del giovane ebreo che tocca il pubblico nel proprio intimo che non può non sentirsi unitamente stretto in quel dolore e in quella sofferenza che distrusse tante vite.

Il lungo e ripetuto applauso convalida chiaramente la resa recitativa dei personaggi: un ebreo, un tedesco, un gerarca tedesco.

Nessun vincitore ma tutti vinti dal “potere”

Notevole l’afflusso delle scuole, perché il teatro è uno dei linguaggi più vicini ai ragazzi, che con la sua apparente semplicità, insegna la Storia con l’uso proprio della parola.

Anna Lanzetta

Impareremo insieme a conoscere Giovanni, parlando prossimamente di lui, intanto visitate il blog di scrittura creativa, pigiando il primo dei link di questo blog o www.annalanzetta1.blogspot.com e ritroveremo Giovanni che ci parlerà di teatro e insieme tante storie create da bambini che divertono con la loro semplicità grandi e piccini.

lunedì 13 febbraio 2012

Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende. Identità poetiche



“Ti ho amato di un amore sconfinato…La mia anima non era con me  ma con te,
e se non era con te non era in nessun luogo…” ( Abelardo-Eloisa)




Gustav Klimt, Amore, part.1895

Uocchie de suonno, nire, appassiunate,
ca de lu mmèle la ducezza avite,
pecché, cu sti gguardate ca facite,
vuje nu vrasiero 'mpietto mm'appicciate?...

Ve manca la parola e mme parlate,
pare ca senza lacreme chiagnite,
de 'sta faccella janca ánema site,
uocchie belle, uocchie doce, uocchie affatate!...

Vuje ca 'nziem'a li sciure v'arapite
e 'nzieme cu li sciure ve 'nzerráte,
sciure de passione mme parite.

Vuje, sentimento de li 'nnammurate,
mm'avite fatto male e lu ssapite...
Uocchie de suonno, nire, appassiunate!...

Di Giacomo-Costa, Napulitanata,1884



Gaetano Previati,  Paolo e Francesca, 1901

«Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende, Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
Amor condusse noi ad una morte.» (Inf. V)

Voi che per li occhi mi passaste ‘l core
E destaste la mente che dormia,
guardate a l’angosciosa vita mia,
che sospirando la distrugge Amore.

E’ vèn tagliando di sì gran valore,
che’ deboletti spiriti van via:
riman figura sol en segnoria
e voce alquanta, che parla dolore.

Questa vertù d’amor che m’ha disfatto
da’ vostr'occhi gentil’ presta si mosse:
un dardo mi gittò dentro dal fianco.

Sì giunse ritto ’l colpo al primo tratto
che l’anima tremando si riscosse
veggendo morto ’l cor nel lato manco.

Guido Cavalcanti

Col pretesto delle lezioni ci abbandonammo completamente all’amore, lo studio delle lettere ci offriva quegli angoli segreti che la passione predilige. Aperti i libri, le parole si affannavano di più intorno ad argomenti d’amore che di studio, erano più numerosi i baci che le frasi, la mano correva più spesso al seno che ai libri. E ciò che si rifletteva nei nostri occhi era molto più spesso l’amore che non la pagina scritta oggetto della lezione…(Da Lettere di Abelardo ed Eloisa)














venerdì 10 febbraio 2012

Cara gioventù





Ho trattato spesso e in altri ambiti il problema dei giovani e mi sento ancora una volta coinvolta.

Le vicende e i detti di questi ultimi giorni nei loro confronti sono una panacea di veleni.
Pensi al tuo passato, ci ripensi e ti chiedi se sia stato un caso nascere in quel luogo o se è stato il destino a collocarti lì, perché tu potessi sperimentare il sacrificio di chi privo di mezzi è costretto ad arrancare, per realizzare il proprio progetto di vita e dover poi partire per cercare un posto dove lavorare e realizzare i tuoi sogni.
Parte da lontano la necessità di allontanarsi per lavoro e nessuno che io sappia si è mai rifiutato di farlo e chi l’ha provato, e sono in  tanti, sa quanto costi andare via dal “paese” ma mai si è detto “no” al desiderio di avere un lavoro che ti consentisse l’autonomia e l’alleggerimento della propria famiglia, tale è oggi la risposta dei giovani.
Tutto cambia nel tempo e non certamente in meglio, lo dimostra la situazione in cui il Paese stava precipitando. I giovani, attenti osservatori, chiedono di essere presenti nel contesto socio-politico-culturale e fanno sentire la propria voce anche col dissenso. Chiedono di partecipare attivamente alla vita del Paese e una giusta collocazione li vedrebbe compartecipi attivi. Purtroppo la realtà è diversa e genera malcontenti con ripercussioni rischiose anche a livello psicologico. Vorrebbero crearsi una famiglia, avere figli e vedere il frutto del proprio lavoro ma a farcela sono in pochi e la disoccupazione lo dimostra. Il giovane che ha un aiuto alle spalle arranca meno, forse ce la fa quando trova un angolo in cui fermarsi e si accontenta, pur di lavorare e sgravare di un peso la famiglia ma molti sono coloro che per necessità di lavorare sono costretti a diluire i tempi di studio. Chi ha vissuto con ragazzi e giovani una gran parte della propria vita ne conosce le sane ambizioni e ciò che sono pronti ad affrontare pur di inserirsi nel tessuto sociale. È innegabile che il prezzo più alto del “disastro” in cui era stato ridotto il paese lo pagano le categorie più deboli e quindi i giovani con la loro precarietà e le famiglie chiamate a ogni sorta di sacrifici. Come si possono dunque dire parole e frasi che suonano negativamente in questo contesto e rischiano di accendere polemiche e malcontenti?. Solo chi vive certe situazioni è in condizione di capirle!. L’invito quindi è quello di evitare espressioni occasionali, chiunque sia a pronunciarle, perché oltre che lesive rischiano di essere strumentalizzate e di innescare polemiche che il Paese risorgente non può permettersi.

Convogliamo le forze contro il malaffare che da ogni direzione investe ancora il Paese. La priorità avvertita essenzialmente da chi ancora una volta è chiamato a pagare con rinunce e sacrifici è quella che siano tutti a farlo, e che rientrino da ogni parte e da chiunque le ingenti somme atte a sanare la crisi del Paese.
Spendiamo dunque le parole per quella credibilità da tempo agognata e che stiamo finalmente guadagnando.
L’Italia, grazie a chi sovrintende al suo governo, sta uscendo da un baratro e tutti ci auguriamo che ciò avvenga. Guardiamo con rispetto ai giovani, la prima e vera forza del Paese, la cui situazione è solo frutto delle nostre inadempienze. Si pensi innanzitutto al lavoro dei giovani e non solo, perché il lavoro equivale a dignità e senza lavoro l’individuo muore psicologicamente e materialmente e insieme il Paese.

In relazione pagine che ci aiutano a riflettere:

http://www.tellusfolio.it/  > Scuola > Manuale Tellus
L’ascesa al monte Ventoso nelle impressioni di Francesco Petrarca. A cura di Anna Lanzetta
15 novembre 2009

http://www.tellusfolio.it/    > Scuola > Laboratorio
Anna Lanzetta: Sulle Lettere a Lucilio di Seneca, sulla mia lettera a Silvia Biancalani
12 aprile 2008


Anna Lanzetta


venerdì 3 febbraio 2012

Cara Italia




Joseph Turner, Eruzione del Vesuvio, 1817


Mai come ora l’Italia è così devastata nei suoi valori e nella sua realtà che di giorno in giorno crolla come i muri del nostro passato.
Non si fa in tempo a raccoglierne un pezzo che un altro si stacca dal suo corpo devastato e smembrato come in un’ eruzione.
A memoria non si ricorda un altro momento così nefasto con così scarse possibilità di ripresa: essere sull’orlo di un abisso e sprofondarvi senza rimedio e senza difesa.
E tutto avviene a spese di chi ha poco, di chi ormai non ha più nulla, di chi rinuncia alla vita, dei giovani bistrattati, delusi, umiliati e sfiduciati.
L’Italia è un battello ebbro che in preda ai flutti affonda senza speranza di riemergere.
Chi ha ridotto l’Italia in questo stato? L’ignoranza di chi l’ha guidata, dicono alcuni. La sete di potere e di ricchezza, dicono altri. Il legame a un facile guadagno e la difesa dei propri interessi, dicono in molti.
Oggi sappiamo che sono tanti i colpevoli, all’apparenza salvifici, che hanno manovrato in maniera subdola solo per il proprio tornaconto.
Quale futuro si prospetta per l’Italia e per noi formati in ben altri istituti?. Quali menti possiamo istruire  in una tempesta di pensiero in cui le certezze si assottigliano sempre di più?. Si possono ancora  formare le nuove generazioni nel rispetto di principi e di regole ormai contaminati e storpiati?.
Sembriamo sospesi sulla bocca di un cratere, pronti a precipitare se non si avvera il miracolo della ragionevolezza che ci fa finalmente capire il pericolo del presente e dove indirizzare le nostre scelte in futuro.
Tutto è precario ed è sempre più difficile operare in una società in cui si allarga a dismisura la forbice tra chi ha tanto, tantissimo e può progettare la propria vita senza sforzo in termini di studio e di lavoro e chi ne è impossibilitato e non per incapacità.
Attenti a parlare! Le parole hanno un peso, importantissimo nella comunicazione, e nella nostra situazione si mutano in gravi offese.
Siamo poveri! Una povertà che rischia di nutrire oltre ogni limite la delinquenza.
Chi siede nei seggi socialmente alti non vede e non comprende lo stato di necessità o non vuole, per indifferenza o per volontà.
Ma questo non è più il tempo della tolleranza. Il disagio è palese e nessuno può far finta di non sapere, di non vedere o di negare.
La disuguaglianza genera conflitti. In un momento così grave, è offensivo per il Paese, sentire che c’è chi naviga nei compensi, negli averi, chi compie illeciti, chi sottrae ingenti somme o le colloca altrove. Forse è colpa di un certo tipo di cultura a cui ci siamo assuefatti; certo è che non siamo più il Bel Paese, impoveriti materialmente e culturalmente.
È tempo di ravvedersi su ciò che siamo e su ciò che siamo stati per recuperare la nostra identità e rimettere insieme i cocci della nostra storia e della nostra immagine nel mondo. Non basta correre ai ripari, apponendo una toppa ai ripetuti errori, bisogna rigenerarsi e uscire dalla bestia immonda che in questi anni ci ha defraudato.
È tempo che i malfattori sprofondino nelle bolge assegnate loro da Dante, qualsiasi siano le loro fila di militanza; che si sottraggano alla nostra vista coloro che in ogni forma hanno offeso l’Italia e che si vergognino, se ne sono capaci, quelli che con tracotanza si appropriano, intascano e mercanteggiano ciò che non gli appartiene.

Cadono i muri della nostra storia, emblemi di un Paese che deve ritrovarsi nella memoria del suo passato per scacciare i mistificatori e creare un rapporto generazionale che guardi con speranza al futuro.
Si abbassa il livello delle nascite e non si appongono i dovuti ripari mentre abbiamo sempre più bisogno del sorriso dei nostri bimbi. Diventiamo un paese di vecchi, senza possibilità di riciclo, tutti  ne parlano, e a volte in modo provocatorio e strumentale, ma ad oggi nessuno ci dice come uscire da questa situazione che giorno dopo giorno nutre il nostro animo di un sordo rancore.

Anna Lanzetta