lunedì 28 febbraio 2011
giovedì 24 febbraio 2011
Per gridare con forza "NO" allo sterminio, in nome della "libertà".
Caspar David Friedrich (1774-1840), Viandante in un mare di nebbia
“…forse non siamo soli in questo
mondo, forse al di là del mare e
delle montagne c’è qualcuno,
uguale a noi oppure diverso,
qualcuno che condivide i miei
ideali, che crede in ciò che è giusto.
O forse un essere che nega i
concetti di libertà e fraternità e che
non conosce il significato di amore
ma solo quello di odio.
Forse non c’è nessuno o forse egli
In questo momento si sta logorando
Con le stesse mie domande e si
Chiede chi mai potrà esserci oltre
Questo mare di nebbia…”
( C. D. Friedrich)
Non possiamo leggere ciò che esprime il volto del viandante, ma immaginarne il disgusto possiamo.
Fermo sul dirupo, l’uomo assiste al profondo smarrimento dell’umanità in cui l'uomo come lui è solo e disperato.
Ogni opera d’arte può essere letta in relazione al tempo e in rapporto al nostro tempo Friedrich realizza appieno il tema del “Sublime” come catastrofe, in una nebbia che, ingrossandosi, sembra voler avvolgere il mondo in un groviglio inestricabile.
Honoré Daumier (1808-1879), La Rivolta
Cosa si sta consumando al di là del nostro mare? Di questo Mare nostrum solcato da secoli e secoli di storia. Luogo di vittorie, di sconfitte, di viaggi, di poemi. Alcova di relitti, di profughi, di rifugiati; un ponte per sottrarsi alla morte, al dolore, alla sofferenza.
Al di là del mare il mondo è in fibrillazione in nome di un cambiamento che si chiama “libertà”. Aspirazione difficile da condividere dai governanti e sedata anche con crudeltà.
Si ripete dunque lo spettacolo dello sterminio, delle fosse comuni, di inermi trafitti, di tante donne e di bambini trucidati che ci gridano il loro orrore?.
Nessun despota può essere accolto senza offendere i nostri valori. Mai! La nostra dignità grida il proprio rifiuto. Mai! E specialmente quando si sa cosa pullula sotto la sua pelle.
martedì 22 febbraio 2011
Addio mia bella addio…La Libertà guida il popolo
Eugène Delacroix ( 1798-1863) La Libertà guida il popolo
Eugène Delacroix, Autoritratto
Basta guardare nella storia per capire che la Libertà è un diritto inalienabile di ogni uomo e di ogni popolo e che da sempre ogni popolo oppresso si ribella all’oppressore e lotta per il respiro della Libertà.
Nel quadro, La Libertà guida il popolo, Eugene Delacroix rappresenta un momento storico, pilastro di ogni rivoluzione, la rivoluzione scoppiata in Francia nel 1830. La scena, tra realismo e idealismo, si svolge a Parigi, come dimostra la cattedrale di Notre-Dame. Il popolo è in tumulto, si è ribellato e ha eretto barricate contro la politica reazionaria di Carlo X. Protagonista è la donna in vesti discinte, simbolo della Libertà, che avanza vigorosa tra la folla seguita dal popolo rappresentato, come si evince dagli abiti, da diversi ceti sociali. Si coglie nei personaggi la presenza dello stesso artista che si ritrae e simbolicamente la fede negli ideali, la violenza, il coraggio e la morte. Il quadro rievoca nei corpi riversi a terra La zattera della Medusa di Géricault con la differenza che Delacroix non esprime la deriva della vita e la sconfitta dell'uomo ma la lotta per la Libertà e il titolo mutato in La Libertà guida i popoli , si estende a tutti i popoli il cui motto diventa “Risorgimento”.
Jean-Louis Théodore Géricault (1791-1824) La zattera della Medusa
domenica 20 febbraio 2011
Addio mia bella addio…e la pittura di storia: La cacciata del duca d’Atene
Stefano Ussi (1822-1901), La cacciata del duca d’Atene
Stefano Ussi, Autoritratto
L’opera di Stefano Ussi, La cacciata del duca d’Atene, esposta alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, non passa inosservata al visitatore sia per le sue dimensioni (cm. 320x452) sia per il tema che rappresenta.
Gualtieri di Brienne (1302-1356), duca d’Atene fu chiamato a reggere la Signoria di Firenze nel 1342, per
far fronte alla grave crisi economica che aveva colpito la città sconvolta anche dalle lotte civili tra guelfi e ghibellini. Ma quando a distanza di venti mesi, il duca si dimostrò inadeguato a ottemperare le attese di coloro che lo avevano eletto, fu scacciato.
Ussi rappresenta il momento più cruciale della vicenda. Il popolo è in tumulto e dai vetri rotti, arriva il rumore assordante della folla. Gualtieri è ritratto perplesso se firmare o no la rinuncia al governo della città. La fisionomia dei volti esprime in alcuni preoccupazione, in altri attesa, in altri perplessità come nel crudele Cerrettieri Visdomini. A sinistra sono rappresentati i capi delle congiure, tra i quali è riconoscibile l’arcivescovo Acciaioli. Un soldato ferito sollecita il duca a firmare perché sono in gioco le loro vite.
Fu il popolo dunque a costringere Gualtieri di Brienne a rinunciare alla Signoria perchè la Libertà va difesa; ogni popolo e ogni individuo che ama questo “valore” è chiamato a difenderlo come la storia ci dimostra dall’antichità ad oggi.
Firenze ne è stata l’esempio in molte circostanze, ogn’uom di Ferruccio ha il core e la mano, dice Mameli nel suo Inno “Fratelli d’Italia”, a ricordo dell’assedio di Firenze e della battaglia di Gavinana.
Le Arti ci guidarono nel Risorgimento verso l’Unità, sono le Arti e la nostra coscienza a dirci ancora oggi che non siamo servi di nessun padrone.
Il libro Addio mia bella addio…La storia del Risorgimento tra parole, immagini e musica, lo dimostra.
Quando colui che eletto dal popolo, non fa gli interessi del paese e pensa soltanto al proprio tornaconto, quando affossa la cultura serrando il cuore di un intero popolo e con esso le sue emozioni, quando fa retrocedere il popolo e non ne valorizza adeguatamente la dignità, la personalità e il genio, il popolo deve sostituirlo, è la storia che lo richiede, sono i nostri valori ad imporlo.
Anna Lanzetta
mercoledì 16 febbraio 2011
Addio mia bella addio…e la pittura di storia: Il giuramento degli Orazi
Jacques-Luis David, Il giuramento degli Orazi, 1784
J. L. David (1748-1825), Autoritratto, 1794
David realizza l’opera nel 1784 e come tema da rappresentare sceglie un episodio di storia romana in cui emergono le virtù patrie. Nell’età del re Tullio Ostilio (VII sec. a. C.), come racconta Tito Livio, Roma era impegnata in una guerra contro Albalonga. Come porre fine a una guerra che già si protraeva da lungo tempo? Si pensa di affidarne le sorti a tre fratelli romani gli “Orazi” e a tre fratelli di Albalonga, i “Curiazi”.
David coglie il momento che precede lo scontro e ne esalta le virtù guerriere con il “giuramento” dei figli sulle spade che il padre gli offre. Colloca i protagonisti in una scena teatrale. Nella struttura geometrica riserva al padre la posizione centrale e fa convergere, anche con un gioco di luci, lo sguardo sulle spade, simbolo di riscatto della Patria. La posizione affidata a corpi vigorosi e spostata sulla sinistra pone in risalto il motto : “O Patria o morte” in un –memento- di virtù civili.
Sulla destra e in secondo piano, pone le donne affrante; forse la madre, le sorelle, la futura sposa di una dei Curiazi, cui era stata promessa.
Che valore avevano allora la famiglia e gli affetti? Tutto è posposto alla Patria, di cui David voleva esplicitare l’attaccamento e la funzione centrale nel contesto educativo.
L’arte educa il popolo e fondamentale è il contributo che le Arti danno al progresso sociale in un contesto sociologico.
Le Arti interagiscono e un quadro può ispirare anche la musica; è questo il caso del compositore Bernardo Porta, amico di David che compose l’opera Les Horaces, sul testo di Pierre Corneille.
Jacques-Luis David, Il giuramento degli Orazi, part.
Il libro Addio mia bella addio…La storia del Risorgimento tra parole, immagini e musica, pone in tal senso le Arti come strumento educativo per sensibilizzare il popolo nell’ambito dell’Unità d’Italia.
Il Giuramento degli Orazi di David apre dunque una lettura su altre opere, presenti nel libro, il cui tema è l’Amor Patrio.
Il libro, Addio mia bella addio…La storia del Risorgimento tra parole, immagini e musica edito da Morgana Edizioni, è in distribuzione da gennaio 2011 nelle migliori librerie.
Per informazioni: annalanzetta@libero.it
Si può ordinare, scrivendo un fax allo 055 244739 o una mail a morgana.ed@tin.it
Il costo del libro è di 10 euro.
Anna Lanzetta
domenica 13 febbraio 2011
Se non ora, quando? Firenze in festa
Oggi 13 febbraio siamo stati in tanti a sfilare, tanti uomini, tante donne e bambini, tanti a testimoniare il desiderio di cambiamento.
Strade e piazze di Firenze stracolme di una folla briosa, esultante, felice di esserci, fiduciosa di dipanare questo buio soffocante.
Tanti, a formare un corteo lunghissimo che non trovava più spazi per fermarsi, mentre affluivano di continuo nuovi gruppi tra slogan, suoni e rumori festosi. Dall'alto lo spettacolo era bellissimo!
Incontri raggianti, saluti felici e speranzosi.
Tanti, come non si raggruppavano da tempo, un risveglio generale.
Tanti, come un fiume in piena, ma senza scossoni.
Tanti, uniti nella speranza che qualcosa si muova e che ognuno ritorni a ricollocarsi, a riappropriarsi, a credere in un domani diverso.
Anna Lanzetta
sabato 12 febbraio 2011
Per l’Italia, cantando Mameli
È triste! È molto triste vedere a cosa stiamo riducendo l’Italia.
È sempre più evidente lo scollamento che si acuisce di giorno in giorno.
È palese che il disamore si va sempre più sostituendo all’affetto e che la logica del denaro sta prevalendo su tutto, mettendo in secondo piano anche questa ricorrenza così importante.
Ma quanti amano ancora la nostra Unità? Quanti ne conoscono l’iter? Quanti sanno veramente quanto costò questa nostra Unità a tanti nostri giovani? Quanti vogliono ricordare e tramandare? Purtroppo la Storia non è patrimonio di tutti e pochi sanno, pochi ricordano le tappe che hanno segnato il cammino dell’Italia verso l’Unità. Una stasi mentale forse voluta da coloro che non amano l’Italia, dimentichi che ne risponderanno alla Storia.
E siamo ancora una volta noi adulti, con le nostre insensate diatribe, a svestire di bellezza questa ricorrenza e a limitarne l’importanza, dimentichi che è nostro dovere tramandare integro il nostro passato perché senza di esso non c’è presente.
Lo spettacolo che stiamo offrendo è squallido e deprimente e non ci fa onore.
Ma per fortuna ci sono i giovani che rappresentano la parte migliore del nostro paese e che sanno riconoscerne i valori.
Ero con cinquanta studenti per presentare il mio libro Addio mia bella addio…La storia del Risorgimento tra parole, immagini e musica. Per due ore hanno seguito con attenzione, ascoltando, forse per la prima volta, la musica di Verdi e di Bellini e leggendo quadri di Hayez e di pittura di storia. Mancava poco al suono della campana e pensavo di non concludere ma un ragazzo, con gesto spontaneo e repentino, ha inserito l’Inno di Mameli. Sono scattati tutti in piedi e insieme hanno cantato:
Fratelli d’Italia
Fratelli d'Italia,
l'Italia s'è desta,
dell'elmo di Scipio
s'è cinta la testa.
Dov'è la Vittoria?
Le porga la chioma,
che schiava di Roma
Iddio la creò. Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò.
l'Italia s'è desta,
dell'elmo di Scipio
s'è cinta la testa.
Dov'è la Vittoria?
Le porga la chioma,
che schiava di Roma
Iddio la creò. Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò.
Goffredo Mameli, 1827-1849
Noi siamo da secoli
calpesti, derisi,
perché non siam popolo,
perché siam divisi.
Raccolgaci un'unica
bandiera, una speme:
di fonderci insieme
già l'ora suonò.Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò.
calpesti, derisi,
perché non siam popolo,
perché siam divisi.
Raccolgaci un'unica
bandiera, una speme:
di fonderci insieme
già l'ora suonò.Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò.
Uniamoci, amiamoci,
l'unione e l'amore
rivelano ai popoli
le vie del Signore.
Giuriamo far libero
il suolo natio:
uniti, per Dio,
chi vincer ci può?Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
l'unione e l'amore
rivelano ai popoli
le vie del Signore.
Giuriamo far libero
il suolo natio:
uniti, per Dio,
chi vincer ci può?Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò.
l'Italia chiamò.
Dall'Alpe a Sicilia,
dovunque è Legnano;...
dovunque è Legnano;...
E hanno cantato l’intero Inno, mentre li guardavo con emozione.
Quale lezione stavano impartendo a noi adulti! Ci stavano educando a conservare per loro la memoria dell’Italia Unita con il suo Inno e il suo tricolore.
Abbiamo parlato di Cultura che non deve essere tradita, delle Arti, nostra vera ricchezza. E più ricca sono uscita da quell’incontro, pensando che sono i giovani la nostra forza e che possiamo ancora sperare in un futuro migliore.
Anna Lanzetta
lunedì 7 febbraio 2011
Contro ogni forma di demenza
Käthe Kollwitz (1867-1945)
Ti vien voglia di pensare che siamo tutti dementi, che il vortice della tracotanza ci ha inghiottito, che ci fa fatica girare la testa a destra e a manca, perché siamo diventati insensibili alle necessità del vicino.
Per fortuna la demenza riguarda pochi!.
Nuovi mostri si aggirano strisciando e incutono terrore.
La bimba non deve mangiare e nessuno può aiutarla.
Quella bimba ha fame, guarda, desidera, si avvicina…No! Non può mangiare. È la regola!
Tristi immagini di bimbi violentati, segregati, rifiutati, impediti, bruciati si sovrappongono e scuotono le nostre coscienze. La vergogna diventa insopportabile. Non si può tradire l’infanzia! È un peccato contro l’umanità.
Poveri, coloro che tradiscono l’infanzia, perché privi di quel senso di umanità che ci rende uomini.
William Blake (1757-1827) Il grande drago rosso
Chi opera contro l’infanzia è un involucro vuoto di ogni sentimento, è uno stelo sterile nel disordine del proprio essere; è un mostro della nostra società.
La nostra coscienza ci richiama al senso del dovere, a reagire in massa contro lo spettro di tali mostruosità perché nulla si ripeta di tali atti, perché nessun bambino debba più guardare nella scodella altrui e restarne senza.
Nessuna regola può giustificare un atto di privazione a un bambino se non la propria negligenza.
Anna Lanzetta
domenica 6 febbraio 2011
Leggere per confrontarsi: Quintino Sella
Quintino Sella
Non il colore di appartenenza ma l’onestà degli intenti legittima la volontà di essere e rappresentare.
Mentre cercavo, sulla mia solita bancarella del mercato, vecchi libri di teatro per mio figlio, mi è capitato tra le mani questo libro, piccolo ma essenziale, quale io l’ho trovato, leggendolo: L’Italia dal 1870 al 1915 (Fatti e figure) Edizioni Radio Italiana di Alberto M. Ghisalberti.
Sono stata molto colpita da alcune espressioni nel leggere le notizie su Quintino Sella, che mi piace riportare, perché sollecitano un confronto con la realtà di oggi:
<< Quanto a me, dichiaro che non tengo punto alla popolarità: per me, prima di tutto, credo che bisogna fare il proprio dovere e l’interesse dello Stato. E poi, se si vuole avere la stima pubblica, che naturalmente ogni uomo desidera, son d’avviso che principalmente è da aspirare a quella delle persone assennate e ragionevoli. Anche in fatto di popolarità, non è la quantità, ma la qualità che deve aversi in mira >>.
-L’uomo, che, a trentacinque anni, manifestava un così severo disdegno per la popolarità, da lui nettamente distinta dalla stima, anteponendovi il senso del dovere e l’interesse dello Stato, fu uno dei più degni e dei più significativi rappresentanti della vecchia Destra-.
Nato a Mosso nel 1827 e morto a Biella nel 1884, Quintino Sella fu ministro delle finanze nei governi Rattazzi, La Marmora e Lanza. Ricoprì la carica di presidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Fu il primo alpinista italiano a raggiungere, nel 1863, la vetta del Monviso e fondò nello stesso anno il C.A.I. (Club Alpino Italiano). Fu professore universitario, ingegnere minerario, deputato, ministro, segretario generale (oggi diremmo sottosegretario di Stato), alla Pubblica Istruzione, essendo ministro Francesco De Sanctis. Le sue scelte in politica finanziaria, non sempre e da tutti condivisibili, erano da lui finalizzate al bene dello Stato, come egli sosteneva.
-A chi gli rammentava la durezza del peso fiscale, rispondeva, nel 1867:<< Sì, il contribuente italiano ha tasse enormi, ma l’italiano che tanto operò per darsi una patria, avrà virtù sufficienti per mantenerla a costo dei più duri sacrifici…>>.
Torino, Palazzo Carignano, Museo del Risorgimento
- Noi Italiani dobbiamo al Sella gratitudine per aver difeso sul terreno economico i risultati del Risorgimento, ma anche per essere stato colui che impose, nel 1870, l’azione risolutiva per la conquista di Roma.
Uomo di scienza, di grande cultura e di altissima coscienza morale, Quintino Sella ci ha lasciato un prezioso insegnamento: << Nelle circostanze difficili della nostra vita vi parrà di essere a una difficile salita. Un istante di viltà, di imprevidenza, perde tutto. Il coraggio, la previdenza, la costanza, la lealtà può farvi vincere ogni cosa>>.
Conoscere per rispettare
Viaggiò moltissimo anche per studio e cercò di comprendere lo spirito degli altri paesi e il significato degli avvenimenti dei quali era testimone. Non cessava di studiare, di riflettere, di prepararsi per un domani migliore, per << la ricerca della verità e l’utile del mio paese>>, come egli stesso diceva.
Considerazioni sui connazionali
<< La maggior parte degli Italiani che ho fin qui conosciuto hanno in loro una presunzione ed ignoranza (che non fanno sovente che una cosa sola) accompagnate per lo più da tale fiacchezza d’animo, che quando ci penso mi sento il rossore montare alla faccia e il dolore e la rabbia al cuore>>.
Palazzo Carignano, Aula del Parlamento Subalpino
Al di là del proprio colore politico, oggi è necessario riaprire i libri di storia e onorare la cultura, l’unica capace, nelle sue molteplici forme, di costruire nell’uomo il senso della dignità, dell’ etica, del rispetto e della responsabilità.
Questo lo dobbiamo all'Italia per i suoi centocinquant'anni e all'Italia è dedicato il libro:
Addio mia bella addio…La storia del Risorgimento tra parole, immagini e musica
Il libro, edito da Morgana Edizioni, sarà in distribuzione nelle migliori librerie da gennaio 2011.
Per informazioni: annalanzetta@libero.it
Per informazioni: annalanzetta@libero.it
Si può ordinare, scrivendo un fax allo 055 244739 o una mail a morgana.ed@tin.it
Il costo del libro è di 10 euro.
Anna Lanzetta
giovedì 3 febbraio 2011
Una condanna senza appello
Il Cimitero delle Fontanelle, Interno
Quest’estate, trovandomi a Napoli, ho visitato il Cimitero delle Fontanelle, un luogo molto particolare, cosiddetto per la presenza di sorgenti e fonti d’acqua, nel cuore del Rione Sanità.
È un luogo straordinariamente suggestivo che richiama altri luoghi, altri tempi; lo diresti una sorta di paganesimo aperto a riti e a rituali, ma niente di tutto ciò. Scavato nel tufo è un antro enorme, altissimo, diviso in più ambienti; lo diresti l’Antro delle Sibilla e tale mi sembrò avendo visitato precedentemente questo e per tale lo scambiò in una foto da me spedita un mio amico, ma più ti addentri, più ne scopri la religiosità tipica dei territori di origine greca di cui conserva in parte lo spirito.
L’altare per le funzioni religiose dice chiaramente che il luogo è sacro; l’aria che si respira in questo ambiente quasi monocolore, se non fosse per qualche sprazzo di luce diversa, ti obbliga al silenzio, ti invita a una prece, al più profondo rispetto, al rispetto che si deve a un luogo dove è palpabile il cuore di Napoli.
Il luogo dimostra lo spirito di carità di chi abita questa città. Ci troviamo in un ossario, aperto in una cava di tufo.
Accumulate lungo le pareti dove ardono ceri e lumini, ben ripulite e sistemate per la pace eterna, si trovano migliaia e migliaia di ossa, alcune inscatolate nelle teche con nomi forse attribuiti. Teschi, infiniti teschi, sono posti l’uno accanto all’altro come a sostenersi, a tenersi compagnia, a raccontarsi le vicende e le vicissitudini che Napoli ha vissuto e che vive, quasi a ringraziare il buon cuore di chi ha avuto pietà, compassione, amore verso chi era stato abbandonato, martoriato, dimenticato tra mille casi compresi la peste e il colera, verso chi non poteva permettersi una degna sepoltura e ora posto in questo luogo, adibito all’uso, poi abbandonato, poi risistemato, poi chiuso ma che per volontà del popolo ora è aperto a testimoniare il cuore di Napoli e la sua capacità di adoprarsi per gli altri anche dopo la morte.
Cimitero delle Fontanelle, Interno
Oggi si contano quarantamila resti ma si dice che sotto il pavimento, per quattro metri si trovi un numero infinito di ossa.
Cimitero delle Fontanelle, Interno
Cosa direbbero oggi quelle ossa a sentire lo scempio che stanno facendo di questa città, unica, per bellezze e cultura? Guardo, sospiro e mi chiedo: ospiterebbero queste ossa, un giorno, tra loro, i resti di chi oggi oltraggia e deturpa la città così rovinosamente?
Leggo in quelle cavità disgusto e rifiuto a fare posto a chi si macchia di tali e tante nefandezze.
La risposta che percepisco è perentoria e fa rabbrividire: anche gli antenati si ribellano e la loro è una condanna senza appello. In nessun luogo di Napoli c'è posto per chi non ama e rispetta questa città.
Foto scattate nella suggestione del luogo.
Anna Lanzetta
Iscriviti a:
Post (Atom)