venerdì 13 novembre 2015

“Bellezza divina tra Van Gogh, Chagall e Fontana”. Un filtro per riflettere.



Vincent van Gogh, Pietà , 1890, Musei Vaticani




Bellezza divina tra Van Gogh, Chagall e Fontana”, a livello didattico-educativo, è un filtro efficace  per aprire un dialogo  interculturale. Se letta e guidata attentamente, la mostra  può diventare  un ottimo strumento per riflessioni sul senso dell’arte nelle diverse culture comparate, anche in relazione a quelle presenti nelle nostre scuole; un insegnamento utilissimo specialmente nell’infanzia quando  il  campo di apprendimento, scevro da ogni convenzione, è fertile.  I bambini sono pronti a recepire qualsiasi messaggio basti che l’educatore adotti le strategie adeguate, affinché sia preservata la loro sfera sensibile ed emotiva.
Bellezza divina” non è solo una mostra ma un’opportunità per gli studenti di ogni ordine e grado, per una riflessione sul mistero dell’esistenza e sui mali che affliggono l’umanità.

L’arte, in qualsiasi forma si manifesti non può essere altro che ricchezza, una ricchezza per lo spirito, tale è Bellezza divina”, un libro aperto che di pagina in pagina rivela attraverso forme, linee e colori, il senso puro della bellezza in una visione storico-temporale.
Il senso del sacro che colpisce come primo elemento viene immediatamente assorbito da altri valori e da altre valenze  in una prospettiva globale.
L’arte  può essere indice di turbamento quando, e in positivo,  scuote le coscienze ma  è uno dei mezzi più efficaci per coinvolgere l’individuo e indurlo a pensare, e nel caso della mostra, alla realtà sociale e alle varie problematiche  che sconvolgono il mondo.
La mostra è un percorso in cui ogni artista, con un linguaggio diverso ci comunica  attraverso  l’elemento sacro un proprio  messaggio che ci invita  a riflettere sulla condizione dell’uomo al di là di ogni credo religioso. Leviganti sono le opere dalle quali spira la purezza dei sentimenti: Maria dà luce ai pargoli cristiani di Adolf Wild, la delicatezza dei pensieri: Madonna col Bambino di Libero Andreotti, l’eleganza espressiva: Annunciazione di Vittorio Colcos, la  semplicità degli elementi: il Presepio di Arturo Martini, la poesia nella Natività di Pietro Bugiani, Il grido di dolore, la passione e il dramma della morte riconducibili  all’intera umanità  toccano profondamente, come: Ecce Homo di Georges Rouault, una rappresentazione pungente della sofferenza prodotta dall’ingiustizia e dalla violenza, Cristo e la Veronica di Otto Dix nel cui espressionismo  è palese il suo dissenso dalla guerra e dal regime nazista; temi, figure e personaggi, ognuno portatore di  verità  e di  bellezza nel linguaggio più  raffinato dell’arte.  
Poche opere ho citato in modo esemplificativo, ma la bellezza dell’intera mostra si può godere soltanto visitandola.
 





Jean François Millet, L’Angelus, 1857-1859, Musée d’Orsay



L’esposizione ha la prerogativa di renderci complici degli artisti e di coglierne con un intimo rapporto emozionale gli aspetti più peculiari che caratterizzano il cambiamento epocale dell’arte.

Le opere  suscitano emozioni, sensazioni, afflati per il senso di “bellezza” che vi si coglie e invitano a una pausa per essere decodificate nei messaggi che intendono comunicare.

L’arte infatti è comunicazione e trasmissione di suggestioni, di pensieri, un traslato per guardare in noi stessi, una pausa  per volgere lo sguardo al mondo.

Il rapporto tra arte e sacro è l’elemento che appare subito leggibile nel percorso della mostra, ma nel complesso le opere sono espressione del cammino dell’umanità e della complessità dell’esistenza in un rapporto stretto con la storia.



Ogni opera cattura e invita a riflettere ma una in particolare ha fermato il mio passo, un’opera non grande nelle dimensioni ma immensa nel significato: L’Angelus di Millet.

Un quadro che mi trasporta nell’atmosfera della mia infanzia, alla serenità della vita campestre, alla semplicità degli affetti, a una spiritualità legata alle cose semplici della vita, due figure che nell’umiltà del gesto  trasmettono nella più pura intimità  pace e amore al mio cuore. L’Angelus si muta  in una speranza, nell’Annunciazione di un nuovo giorno di pace per l’intera umanità che superi ogni diversità e annulli  ogni disumana violenza che mai come in questi giorni tocca così profondamente il mondo.

 


martedì 3 novembre 2015

Pier Paolo Pasolini. Un ricordo



Pier Paolo Pasolini

Pasolini nasce a Bologna il 5 marzo 1922. Muore assassinato a Ostia il 2 novembre 1975.
Ci hanno defraudato del suo pensiero, forse perché troppo scomodo  per il suo tempo ma anche  per oggi. Qualcosa di importante fu spento nel suo corpo, una ricchezza  fu spenta per le nostre menti. Un furto ideologico e un assassinio tra i più efferati che nessun tempo potrà mai giustificare.
Resta la sua eredità, di intellettuale che seppe guardare oltre il suo tempo, che anticipò verità del nostro tempo. Nel ricordo l’invito a rileggerlo e a riscoprirlo attraverso i suoi molteplici linguaggi di poeta, scrittore, regista, sceneggiatore, drammaturgo, giornalista ed editorialista italiano.
La sua morte prematura è per tutti coloro che credono nel valore della cultura, una perdita incolmabile.

Pier Paolo Pasolini, uno dei maggiori artisti e intellettuali italiani del XX secolo, ci ha insegnato con le sue opere a guardare oltre le cose con piena  libertà di pensiero.

Si può assassinare l’uomo ma non l’idea dell’uomo e di Pasolini  resterà in ognuno di noicome ricchezza dello spirito, il suo pensiero, la sua poesia, il suo essere libero.
A 40 anni dalla morte i suoi scritti riflettono una realtà di oggi sconvolgente.

Incipit di alcune opere di Pasolini:
Intorno ai quarant’anni, mi accorsi di trovarmi in un momento molto oscuro della mia vita. Qualunque cosa facessi, nella «Selva» della realtà del 1963, anno in cui ero giunto, assurdamente impreparato a quell'esclusione dalla vita degli altri che è la ripetizione della propria, c'era un senso di oscurità. Non direi di nausea, o di angoscia: anzi, in quell'oscurità, per dire il vero, c'era qualcosa di terribilmente luminoso: la luce della vecchia verità, se vogliamo, quella davanti a cui non c'è più niente da dire. (La Divina Mimesis)

Era una caldissima giornata di luglio. Il Riccetto che doveva farsi la prima comunione e la cresima, s'era alzato già alle cinque; ma mentre scendeva giù per via Donna Olimpia coi calzoni lunghi grigi e la camicetta bianca, piuttosto che un comunicando o un soldato di Gesù pareva un pischello quando se ne va acchittato pei lungoteveri a rimorchiare. (Ragazzi di vita)

Tommaso, Lello, il Zuccabbo e gli altri ragazzini che abitavano nel villaggio di baracche sulla Via dei Monti di Pietralata, come sempre dopo mangiato, arrivarono davanti alla scuola una mezzoretta prima. (Una vita violenta)
Sono passati molti anni dalle mie prime letture, e per ricordarlo ho ripreso in mano i suoi libri per rileggerli e capirne fino in fondo il senso, alla luce della verità.
Ho rivisto il film “Mamma Roma” e mi ha colpito il senso di malinconia che è poi diventato mio.