venerdì 8 ottobre 2010

Insegnare con l'arte: La guerra? No, grazie



Prof, l’elmo dice tutto. È la guerra! E mi viene in mente Ungaretti, e la sua poesia “Veglia” torna perfettamente…è la grande guerra.
Cosa vi colpisce ? Le figure contorte nell’abbandono, nello spasimo della morte, della morte sopravvenuta.
Mi colpisce la figura in primo piano…l’uomo è mezzo nudo come se la guerra gli avesse portato via anche l’anima.
Io guardo i colori, è come se fossero aggrovigliati, indistinti, è il colore che crea la forma e con essa un sovrapporsi di realtà indistinte.
Sembra una scena infernale ma non distinguo bene quella figura che sembra sorreggere i morti.
Certo che la guerra è spietata e a pensare che se ne combattono ancora tante e che i nostri connazionali  muoiono! Che tristezza ci trasmette tutto ciò.
Ho paura di questa follia. Ci penso spesso! E sogno un mondo in cui al posto di queste figure ci siano fiori, tanti fiori profumati. Li immagino gialli e azzurri, rispose il ragazzo che sedeva in fondo, sono i miei colori preferiti.
Se ci fermassimo un po’ più spesso a osservare e a meditare, diventeremmo tutti più buoni.
Un’intera lezione trascorsa davanti a quell’opera che avevamo trasformato in tante pagine: la lettera dal fronte che qualcuno rammentava nel racconto, la recente notizia di giovani morti in un’esplosione e commemorati, quella pagina di Rigoni Stern e la poesia di Ungaretti “Veglia” che commentavamo con quel quadro:

Un'intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d'amore

Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita
Cima Quattro il 23 dicembre 1915

Siamo ragazzi. Alla nostra età non dovremmo pensare alla morte e ci sentiamo sopraffatti da questa follia. Vorremmo sentire notizie di vita e ci sentiamo sovrastati dall’insicurezza del vivere quotidiano. Attentati, morti e rivendicazioni stanno diventando la norma e ciò che fino a poco tempo fa ci terrorizzava ora sembra prassi.
La vista del Presidente della Repubblica che pone le sue mani sulle bare appena arrivate da lontano, una volta sconvolgeva, ora quasi passa sottosilenzio e con essa il dolore delle madri, delle mogli, dei figli.
E noi che pensavamo che nulla di tutto ciò si sarebbe ripetuto.
Che tristezza è la vita! A volte pensiamo! Una tristezza che ci viene da qualcosa che purtroppo noi non comprendiamo e  rifiutiamo con tutto il nostro vigore.

Pietro Dodero, 1882-1967

                                                                           Anna Lanzetta
                                                                      annalanzetta@libero.it