Timothée Chalamet nella
parte di Elio Perlman
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Un film eccellente, il cui filo conduttore si
dipana, senza mai spezzarsi tra luoghi dove la fotografia diventa parte
integrante di una bellezza a dir poco divina mentre si diventa tutt’uno con i
paesaggi in cui l’arte del raccontare, espressione pura del sentimento, traccia
senza risparmio luoghi, tempi e personaggi in una confluenza dove
si entra in sintonia con l’interiorità di ogni personaggio; un gioco di
psicologie che coinvolge ad ogni dialogo, ad ogni sequenza senza mai
stravolgere, con un gusto raffinato, apparentemente leggero e sofisticato, ma
in realtà profondo, denso di sentimenti, di malinconie, di ricerca del proprio
essere, di scoperta del proprio io, delle proprie pulsioni, dei propri desideri.
Una storia pregna di stati d'animo del protagonista che attraverso la
parola e gli sguardi rivela sensazioni mai provate, pulsioni a volte
cercate, a volte indefinibili che per traslato, catturano ognuno. Ci si
interroga, ma scevri da giudizi o da contaminazioni e si resta
presi nel groviglio dei sentimenti.
“Chiamami col tuo nome” è un film che parla della
diversità, dell'amore tra Elio e Oliver, attraverso i sentimenti e pone una serie di interrogativi sui
giudizi spesso espressi, dove predomina il non senso. Un film che riconcilia
l’individuo con se stesso, che supera ogni pregiudizio, che accomuna attraverso
la bellezza sentimenti ed emozioni, un incontro generazionale dove
lontano è il dramma nello scoprire qualcosa di poco consono, tranne che in
qualche frase “mio padre mi avrebbe mandato al riformatorio”. Tutto
concorre a fare di questo film un capolavoro, sceneggiatura e interpretazioni,
memorabile quella di Elio dove la fisionomia del volto, interpreta,
anticipa, comunica, in un susseguirsi di atti, le scene che si mutano nel
pensiero stesso, una fisionomia che si trasforma come la sua
interiorità e che permane anche nello scorrere ultimo dei nomi. È verso la fine che
si recupera l’intera trama che diventa chiara e leggibile nell’ “addio”
dei protagonisti, nel pianto e nell’infinita tristezza e solitudine di Elio,
nella posizione che assumono i genitori di appoggio e di comprensione. Resta
memorabile il discorso del padre al giovane Elio, su ciò che ha vissuto, che ha
provato, nella scoperta del senso della vita, espresso con parole misurate
senza mai travalicare, dette con un’ apparente leggerezza, ma traslate
fino a noi attraverso la bellezza del discorso, parole che fermano,
inchiodano, insegnano, destabilizzano ma che lasciano nel cuore un faro che
nessun tempo potrà spegnere.