Catacombe |
La Sanità è un quartiere che,
grazie ai giovani, sta riscoprendo le
proprie origini, per allontanare da
sé una nomea negativa
che per troppo tempo l’ha segnato. La Chiesa è diventata il cardine di questo progetto
non facile ma possibile vista la volontà e la passione con cui i giovani
lavorano con competenza e responsabilità. La
rinascita del Rione si deve infatti alla tenacia di un sacerdote che ha saputo
circondarsi di giovani, la forza migliore del territorio. Padre
Loffredo, nel libro Noi del Rione Sanità, racconta la volontà dei ragazzi che lo hanno
seguito, ne elogia l’impegno ed è convinto che per riuscire nel progetto bisogna
allontanare i figli dai malavitosi e creare un modello socio-economico
alternativo a quello fondato sull’illegalità. I giovani che si sono
organizzati in “cooperative”, tra cui “La Paranza”, forti della
propria volontà e armati di cultura, loro strumento fondamentale, si
impegnano nella riscoperta e valorizzazione dei tesori del proprio quartiere, per lungo tempo
dimenticati. È grazie alla volontà di
questi giovani e al loro impegno che il Rione
si arricchisce sempre di nuove energie, diventando un centro di aggregazione per molti ragazzi,
motivati ai diversi progetti, mirati al recupero, alla formazione, alla
valorizzazione della cultura, strumenti capaci di combattere la dispersione
scolastica, per un futuro diverso dal presente.
È bellissimo
vedere con quanto amore e con quanta
passione i giovani lavorano, coinvolgendo con perizia i visitatori con visite guidate a luoghi per
lunghi periodi abbandonati anche per le frane di fango che li avevano
interamente ricoperti. Sono così ritornati alla luce luoghi dimenticati come le “Catacombe di San Gennaro”, antiche sepolture dei primi cristiani
napoletani e dei vescovi della città e le “Catacombe di San Gaudioso”, in cui
sono visibili rituali macabri e misteriosi che si dice ispirassero Totò per scrivere 'A Livella.
Nei cunicoli delle catacombe è infatti collocato un affresco di Giovanni
Balducci raffigurante uno scheletro, che
simboleggia la natura effimera della ricchezza che cessa di avere senso
di fronte alla morte. Spazi enormi che occupano il sottosuolo delle chiese e ci
riportano indietro ad una storia antica e affascinante che tra scheletri e
colature, danno un’immagine palpabile di una realtà per troppo tempo ignorata ma affascinante
dove spesso si sono mescolate realtà e fantasia.
Grazie all’impegno di Padre Loffredo, dei giovani e delle
associazioni di volontariato, culturali e sociali che si sono costituite in
Rete, si stanno creando le premesse per
organizzare condizioni di vita diverse
con l’acquisizione del senso civico e della legalità.
Ogni luogo parla
dello spirito napoletano come “Il Cimitero delle Fontanelle” -‘O camposanto de’ Funtanelle situato in via Fontanelle. Un
luogo di forte attrazione che custodisce una parte di storia fatta di dedizione
e semplicità. Occupa enormi cavità tufacee e tra il sacro e il profano,
riti e credenze, descrive il sentimento di pietà che il popolo napoletano ha
sempre nutrito. Ospita i resti di chi non poteva permettersi una degna
sepoltura, le vittime della grande peste del 1656, morti di altre epoche come quelli del colera
del 1836 e di altre epidemie che hanno più volte colpito la città e nel tempo
le ossa provenienti dalle cosiddette "terresante", sepolture ipogee delle chiese che furono
bonificate dopo l'arrivo dei francesi di Gioacchino Murat e quelle provenienti da altri scavi. Enorme è il
numero di crani e di ossa che raccoglie, risalenti a varie epoche e le molte leggende che vi si raccontano, danno vita
al connubio tra il mondo dei vivi
e quello dei morti, attraverso il sogno, come l’abitudine di adottare una
“capuzzella”ossia un’anima “pezzentella”, un cranio che in
cambio di sistemazione prometteva
protezione. A chi si meravigliava un tempo di tali credenze, così
si rivolgeva Matilde Serao:« Questo
guazzabuglio di fede e di errore, di misticismo e di sensualità, questo culto
esterno così pagano, questa idolatria, vi spaventano? Vi dolete di queste cose,
degne dei selvaggi? E chi ha fatto nulla per la coscienza del popolo
napoletano? Quali ammaestramenti, quali parole, quali esempi, si è pensato di
dare a questa gente così espansiva, così facile a conquidere, così naturalmente
entusiasta? In verità, dalla miseria profonda della sua vita reale, essa non ha
avuto altro conforto che nelle illusioni della propria fantasia: e altro
rifugio che in Dio ».
Un luogo dove
magia e mistero si mescolano per racconti apparentemente inverosimili ma che
sono parte integrante di un popolo
legato a valori ancestrali e a una religiosità palpabile testimoniata
anche dai molti tabernacoli che si
trovano in vari punti del rione.
La storia del
quartiere si legge e si costruisce attraverso le targhe, i luoghi, i
simboli che ricordano personaggi
illustri che un tempo lo popolavano: il principe della risata, Totò, nacque
al 109 di via Santa Maria Antesaecula: «Sono
nato nel Rione Sanità, il più famoso di Napoli.», così diceva e qui visse fino all'età di 24 anni, quando si trasferì a
Roma con la famiglia. Grande cuore il suo, legato al territorio e all’indigenza
degli abitanti, di notte usava, accompagnato dal suo autista, lasciare dei soldi sotto le porte delle
famiglie più bisognose. La casa oggi appartiene a privati ma il luogo, benché
spoglio, ricordando il grande Totò (che
meriterebbe ben altro), suscita
emozioni. In via Santa Teresa degli Scalzi, al 12, nacque Bernardo
Celentano, pittore del XIX secolo e una lapide lo ricorda.
Il Rione
Sanità è ricordato dal cinema, dal
teatro, dalla canzone. Eduardo de Filippo vi ambientò alcune delle sue commedie
più famose: Il sindaco del Rione Sanità e Il cilindro. Vittorio de
Sica girò qui L’oro di Napoli e qui girò una delle scene indimenticabili di
Ieri oggi e domani dove si vede una Sophia Loren col pancione che percorre al contrario la Salita Cinesi.
Salvatore di Giacomo fu ispirato dal codice d’onore che vigeva nei vicoli del Rione, quando scrisse Lo
sfregio, storia di una donna che protegge il suo protettore-fidanzato
camorrista che l’ha sfregiata con il rasoio: «Ha tagliata la faccia a
Peppenella/ Gennariello de la
Sanità;/ che rasulata! Mo la puverella/ mo proprio è stata a
farse mmedecà./ Pò ll’hanno misa ‘int’ a na carruzzella,/ è ghiuta a
ll’Ispezzione a dichiarà,/ e ‘o delicato, don Ciccio Pacella,/ll’ha ditto:
-Iammo! Dì la verità./ Ch’è stato, nu rasulo, nu curtiello?/ Giura primma, llà
sta nu crucefisso/ (e s’ha tuccato mpont’a lu cappiello)./ Dì, nun
t’ammenacciava spisso spisso?/ Chi? – rispuost’essa – Chi? Gennariello!/ No!…
V’o giuro, signò! Nun è stat’isso!». Il ponte, che sovrastando il rione
Sanità, consente l’accesso al centro della città è stato intitolato a Maddalena
Cerasuolo detta Lenuccia, perché lo salvò dalla rovina delle mine naziste durante le “Quattro giornate di Napoli”.
Libero Bovio, autore di Reginella,
abitò per un periodo di tempo in via Antonio Villari e Tina Pica in un palazzo
di via Santa Teresa al numero 118. Nella
Chiesa di Santa Maria dei Vergini
fu battezzato Alfonso Maria
de’Liguori: il più santo dei napoletani e il più napoletano dei santi, e questo solo per citarne alcuni. Nel
settembre 1833, Giacomo Leopardi invitato da Antonio Ranieri si trasferì a
Napoli e per un breve periodo alloggiò
nella sua casa sita in vico Pero n. 2. In questa casa, ritornato dalla Villa delle
Ginestre a Torre del Greco, il poeta morì il 14 giugno 1837. Oggi è visibile da
via Santa Teresa una lapide che ricorda la casa in cui Leopardì visse e morì.
Ho tracciato le linee essenziali di un
quartiere che sta sgomitando con forza, e che grazie ai giovani, cerca di togliersi di dosso il pesante fardello che ha
rischiato di schiacciarlo.
Come sappiamo sono sempre i giovani a
intervenire, a operare, a rimboccarsi le maniche per amore del proprio paese,
del proprio territorio. I giovani vanno seguiti, i loro sforzi vanno sostenuti
e incoraggiati con ogni mezzo. I giovani sono nel Rione Sanità esempi di vita,
di impegno e di lavoro che tutti dovremmo sostenere e specialmente chi è
deputato a tale compito.
Dopo anni di
abbandono, nel 2006 le Catacombe sono state affidate ai giovani della Cooperativa “La Paranza”, grazie
all'intercessione dell'Arcidiocesi di Napoli e del Parroco della Basilica di
Santa Maria della Sanità e in pochi anni sono diventate una delle principali attrazioni di
Napoli, come io stessa ho potuto constatare nella visita al luogo, accompagnata
da guide della “Paranza” che con competenza e dovizia di particolari, indice di
una preparazione ampia e accurata di chi crede nel proprio lavoro e ama il
luogo, sono stata resa partecipe della storia del territorio e della sua
evoluzione. Un impegno da lodare, da ammirare, da considerare strumento di
lavoro per chi il lavoro non ce l’ha ma che come questi giovani, esempio per
noi tutti, credono in un futuro diverso. A loro il nostro plauso e tutto il
sostegno possibile perché questi progetti possano sempre più proliferare.
Interno delle catacombe