venerdì 7 marzo 2014

8 marzo. La donna non chiede di essere festeggiata ma rispettata.




Nel 2013 si contano 134 donne, vittime di una violenza cieca e assurda ma la cifra è approssimativa e tante sono coloro che non denunciano e che lacrimano nel buio. 
Ogni anno si celebra la festa della donna come se la donna dovesse vivere un solo giorno dimentichi che da sempre la donna è il punto forte della società e che merita una considerazione ben diversa.
Tutte le iniziative sono elogiabili  per parlare della violenza a cui quotidianamente le donne sono  esposte ma  i risultati non sono incoraggianti. Perché allora la violenza  non diminuisce?.
Non basta un giorno per parlare di violenza!. La società  può reagire  alla violenza  perpetrata a danno di donne di ogni età e che ci relega nel gradino  più basso della scala sociale, solo attraverso  l’educazione che  può preparare i bambini ad affrontare da grandi tale problema con la giusta  consapevolezza. Un’educazione che deve iniziare fondamentalmente in famiglia con giusti esempi e comportamenti adeguati, per espandersi poi nella scuola e nella società tutta.
Troppi esempi ci dicono che la donna è in ogni angolo e in vari modi offesa e violentata fisicamente e psicologicamente perché la violenza non è solo una lama di coltello ma è ingiuria, privazione, intimidazione, offesa. La donna non si è mai arresa e ha cominciato a reagire e a denunciare, superando paura e diffidenza, ma sta agli uomini  darle con intelligenza la sicurezza di cui necessita.  Le donne dimostrano coraggio e dignità ma sta a noi tutti acquisire coscienza di un problema che ci coinvolge e ci umilia come esseri umani.
L’8  marzo deve essere un giorno di riflessione. La donna non chiede di essere festeggiata ma rispettata per il ruolo che da sempre le compete nella società contro ogni forma di sopruso perpetrato contro di lei sia  in casa che fuori casa. L’ “uomo” deve capire che la non violenza è quel passo verso una società che vuole definirsi civile. Che si levi unanime il grido di dolore verso questa barbarie che da sempre incancrenisce l’umanità. 
Penso a questo giorno come l’occasione per riflettere  e interrogarci  in silenzio, per guardare dentro di noi e capire come sconfiggere questo mostro, per agire insieme uomini e donne perché l’”uomo” desista per sempre da comportamenti che nulla hanno di umano. Insieme si può con l’educazione in ogni contesto sociale perché i bambini ci guardano e spetta a noi non insegnargli la violenza ma il rispetto e l’amore.
Tutto è possibile se impariamo ad operare il miracolo che da troppo tempo attendiamo, il solo che può risolvere il problema: la sua grossa mano tesa verso quella piccola e forte di lei in un atto reciproco di intesa, di rispetto, di amore.
Solo allora  la mimosa potrà  inondare il mondo della sua essenza e della sua apparente fragilità. La mimosa  è simbolo della donna che apparentemente fragile,  riesce a crescere anche su terreni difficili.