Jean Auguste Dominique Ingres Il sogno di Ossian |
Il
testo sottostante è frutto del lavoro dei ragazzi del biennio ITIS Meucci, anno
2000, all’interno del progetto “Interazioni”
Il Fantastico ha lontane origini in celebri opere letterarie:
dall’epopea babilonese di Gilgamesh, alle “Mille e una notte”; dall’Odissea
alle Metamorfosi di Ovidio e di Apuleio; dal ciclo della Tavola
Rotonda alla leggenda del Santo Graal. È fantastico tutto ciò che è popolato da
personaggi irreali, come unicorni o centauri, che è frutto della nostra
immaginazione o che scaturisce dal
nostro inconscio. Il Fantastico è nei miti, nelle leggende, nell’epica. Spesso
i protagonisti sono dei o creature mostruose. I racconti più conosciuti sono
l’Odissea e l’Iliade di Omero e l’Eneide di Virgilio. L’Epica è ricca di
elementi fantastici e mostruosi: Scilla e Cariddi, Polifemo, Briareo, Caco,
Cerbero, Chimera, Gerione e Humbaba. È
magico, tutto ciò che rende la narrazione più emozionante e
coinvolgente: specchi delle brame, bacchette magiche, scope volanti, cappelli
parlanti; mappe misteriose, elfi e folletti, quadri che si animano, pietre
miracolose. Esempi di romanzi magico-fantastici sono: 'Harry Potter'di
Bowling; “Il signore degli anelli” di Tolkien e “Il cavaliere inesistente” di
Calvino. Fantastico è un
qualcosa che ci incute timore e paura,
ma che ci attrae e ci spinge a
conoscerlo;un mondo popolato da mostri, spettri, demoni, fantasmi, vampiri, dragoni, alieni, cavalieri, foreste
tetre,luoghi sperduti e castelli abbandonati; la risposta
data dall’uomo ai fenomeni che non
riesce a spiegarsi razionalmente. L’uomo
ha inventato storie di maghi e di folletti per potersi divertire evadendo dalla
realtà e si è immaginato mostri e fantasmi per potersi spiegare il terrore, ma
anche il piacere verso il buio, l’oscurità e tutto ciò che è incubo. Il
Fantastico è caratterizzato da scenari pittoreschi, evocativi e inquietanti e
da una concezione della vita dominata da forze superiori e oscure; è un
mondo dove succedono cose che non si realizzeranno mai nella realtà. I nostri
sogni fanno parte del Fantastico. Ci creano inquietudine e disagio, perché
rappresentano una realtà diversa dalla nostra. Il sogno e la fantasia intesi come forme di percezione di una
realtà invisibile, rappresentano la trasgressione a tutto ciò che è razionale e
una propensione all’angoscia, al
terrore, all’indefinito e all’ignoto. La nostra mente a volte non può
capire i pensieri inconsci e nascosti
che ciascuno di noi ha ed ha paura, perché non sa spiegarseli ma chiudendo gli
occhi possiamo entrare nel regno del fantastico, dove tutto è concesso; se
restiamo in silenzio possiamo percepire un’insolita sensazione che dà vita ad
un meraviglioso giardino pieno di orchidee e di gelsomini, al centro del quale
galoppa un cavallo bianco alato che repentino spicca un volo con un abile
balzo. Quando riapriamo gli occhi non resta altro che un ricordo vano ed
incompreso che potremmo rivivere solo richiudendo nuovamente le palpebre. Il
fantastico dunque è qualcosa di
meraviglioso che ci incanta, ci travolge e ci spaventa. Fantastico è il regno
di Ossian, l’Omero del Nord, il leggendario guerriero e bardo gaelico,
figlio di Fingal.“Daura e Arindal” tratto dai poemi di Ossian parla
dell’amore di Armiro e Daura e dell’odio fra lo stesso Armiro, promesso sposo
alla bella Daura dal padre di lei Armino, e il suo nemico Erath. L’inganno che
Erath provocherà alla povera Daura porterà alla morte sia Arindal che la
giovane sposa. Ambientazioni epiche ed oniriche e descrizioni fantastiche e
sublimi caratterizzano l’opera: “Oh
sorgete, soffiate impetuosi,/ venti d’autunno, su la negra vetta;/ nembi, o nembi, affollatevi, crollate/
l’annose querce; tu torrente, muggi/
per la montagna, e tu passeggia, o
Luna,/ per torbid’aere, e
fuor tra nube e nube/ mostra
pallido raggio…”. L’uomo nel suo piccolo invoca la natura e le chiede aiuto: “O Daura , o figlia, eri tu bella, bella /
come la luna sul colle di Fura, / bianca di neve e più che auretta dolce. /
Forte, Arindallo, era il tuo arco, e l’asta / veloce in campo; era a vapor
sull’onda / simil l’irato sguardo, e negra nube/ parea lo scudo in procelloso
nembo”. Il rapporto uomo-natura è strettissimo. La bellezza della donna è
rapportata alla bianca luna e la forza dell’uomo è quasi superiore ad una nube
tempestosa. Poi l’atmosfera cambia totalmente, non più la bellezza e la
magnificenza della natura, ma l’uomo perfido e cattivo che non perde tempo a
trarre in inganno un suo simile:“Cangiò
sembianze e ci comparve innanzi/ come un figlio dell’onda…/ O più vezzosa tra
le donne-, ei disse/ bella figlia d’ Armin, di qua non lunge/ sporge rupe nel
mar, che sopra il dorso / porta arbuscel di rosseggianti frutta./ Ivi t’attende
Armiro; ed io men venni/ per condurgli il suo amor sul mare ondoso…”. Paesaggi
nordici, cupi e tempestosi e apparizioni di spettri caratterizzano il brano “La
guerra contro Swaran e la morte di Morna” tratto da “I canti di Ossian”
dove le espressioni di amore e morte rivelano una situazione tragica: come i
venti tempestosi della landa, come un raggio di sole prima della
tempesta, fulmine di guerra, oscurità della battaglia, onde cupe esprimono
in sinergia le emozioni dei
protagonisti. La natura si trasforma, assume aspetti cupi, e le parole rendono
efficacemente l’idea del paesaggio desolato, arido e nebbioso. “I canti di Ossian” sono dunque un tipico esempio di
letteratura fantastica e ad essi
s’ispirò Ingres per “Il sogno di
Ossian”. Nel dipinto si trovano tutti gli elementi
caratteristici dell’epica classica: la cetra, gli scudi, le armature e le spade
dei guerrieri: in primo piano Ossian addormentato sulla sua cetra, sullo sfondo
le figure dei guerrieri
e di altri personaggi invocati dal bardo con il suono della sua cetra. Gli
spiriti sono immersi in un paesaggio nordico, fantastico e nebbioso. In sogno Ossian vede il
figlio Oscar (a destra con l’elmo e lo scudo), la vedova di questi, Malediva,
(la figura statuaria a sinistra), l’immagine del padre Fingal, re di Morev,
Starno re delle nevi (la grottesca figura al centro), le figlie che suonano
l’arpa e una lunga fila di guerrieri della mitologia ossianica. Ingres rappresenta con i
colori la differenza tra il sogno e la realtà: il mondo reale è esaltato da
colori accesi, quali il rosso, il verde e il blu notte, mentre gli spiriti sono
collocati in un ambiente indistinto, in una luce abbagliante e irreale. Alla leggendaria immagine di Fingal, protagonista dei Canti di Ossian di J.Macpherson, s’ispirò il compositore tedesco J. L. F.
Mendelssohn, per comporre
l’ouverture “La grotta di Fingal”.
William Blake Gli angeli del bene e del male |
In un mondo fantastico il poeta tedesco W. Goethe ambientò la lirica “Il
re degli elfi”. Gli Elfi sono creature notturne che danzano con grazia al
chiaro di luna. In questa lirica rappresentano una forza misteriosa che
esercita un influsso negativo sul bambino: Chi
cavalca a quest’ora per la notte e il vento?/ È il padre con il suo
figlioletto;/ se l’è stretto forte in braccio,/ lo regge sicuro,
lo tiene al canto. “Figlio, perché hai paura e il volto ti celi?”/ “Non
vedi, padre, il re degli Elfi?”/ Il re degli Elfi con la corona e lo
strascico?/ “Figlio, è una lingua di nebbia, nient’altro…” “Caro bambino, su, vieni, con me!/ Vedrai i
bei giochi che farò con te;/ tanti fiori diversi sulla riva ci sono;/ “Padre
mio, padre mio, la promessa non senti,/ che mi sussurra il re degli Elfi?”
“Stai buono, stai buono, è il vento, bambino mio,/ tra le foglie secche, con il
suo fruscio.”Il re degli Elfi minaccia di portarsi via il bimbo con la
forza. Preso da orrore il padre
veloce cavalca,/ il bimbo che geme, stringe fra le sue braccia,/ raggiunge il
palazzo con stento e con sforzo,/ nelle sue braccia il bambino era morto.
Questo tema richiama il dipinto di W. Blake “Gli angeli del Bene e del male” in
cui il fantastico coincide con l’irrazionale, ma ci dà anche una percezione del
reale; nel dipinto, come nei versi, prevalgono gli elementi maligni che
vogliono portarsi via il bambino dalle braccia del padre che galoppa su un
cavallo; a capo degli elfi c’è il re che può essere paragonato all’angelo del
male che appare nel quadro di Blake mentre il padre, che nell’opera di Goethe
non ha nessun riscontro fantastico, si può identificare con l’angelo del bene
che anche nel quadro ha in braccio un bambino. Fantastica è anche l’atmosfera
con cui il pittore H.Vernet ha
rappresentato “La leggenda di Mazeppa”: giovane polacco, punito per una storia
d’amore con la regina, ad essere legato nudo a un cavallo selvaggio in corsa
verso la foresta. L’artista esprime molto bene
l’idea di un destino tragico, che coinvolge sia l’uomo che l’animale. Il
paesaggio di questo quadro è spaventoso e irreale: una foresta scura, un
selvaggio cavallo bianco illuminato dalla luce del sole che tramonta, Mazeppa
nudo legato al cavallo con un drappo rosso, i lupi feroci che lo rincorrono
affamati. Il paesaggio incute timore: in lontananza il sole che tramonta
illumina l’ambiente e in particolare
Mazeppa e il cavallo; nella cupa e tetra foresta giace a terra il tronco di un albero sradicato sul quale
salta il cavallo con un balzo. I lupi inferociti in agguato della preda e il
cavallo imbizzarrito dimostrano che
l’uomo di fronte alla natura non può fare niente tranne che sperare che questa non si scateni.