La Sfinge di Vulci |
Il Museo Archeologico Giovannangelo Camporeale di Massa Marittima (Gr)
offre in visione al pubblico un reperto archeologico fantastico, degno, per
raffinatezza, di ammirazione. Un unico reperto, una sfinge etrusca risalente al
VI secolo a. C, ritrovata nel 2012, durante
una campagna di scavo, proveniente dalla necropoli dell’Osteria a Vulci
(Vt), uno dei più importanti centri dell’Etruria. La Sfinge era collocata
nella tomba 14, detta “Tomba della
Sfinge”. Il dromos, un lungo
corridoio di 28 metri,
che conduceva all’ingresso del monumentale ipogeo funerario, da cui si accedeva
al vestibolo e alle camere funerarie, databili in un arco di tempo compreso tra
la metà del VI e l'inizio del V sec. a.
C, testimoniava con la sua
grandezza, l’appartenenza della tomba a
una nobile famiglia che l’aveva destinata alla sepoltura dei suoi membri. A
vederla, la Sfinge,
animale mitologico, si ammanta di mistero e di curiosità, che affascinano il visitatore ed è bellissima
nella perfetta fattura dove l’umano e il fantastico si incrociano in una
perfezione che si acuisce
nell’acconciatura. Si solleva la tenda che la cela e si viene introdotti in un mondo antico e leggendario. La Sfinge di Vulci, statua funeraria, scolpita nel nenfro, roccia tufacea di
origine vulcanica, ha testa di donna,
corpo di leone, coda di serpente e ali d’aquila. Un tempo teneva lontani dai
morti gli spiriti maligni ma poi ha assunto il ruolo di “guardiana” per proteggere i defunti e
accompagnarli nell’Aldilà. L’esposizione è accompagnata da pannelli grafici e
informativi in cui è raccontato il
contesto del ritrovamento, il rituale funebre e approfondimenti sull’origine e
il significato della Sfinge."In seguito ad un'attenta opera di pulitura
delle superfici, sono state evidenziate tracce di pigmento di colore ocra
rossa, ad occhio nudo non sempre percettibili ed in contrasto con il colore
grigio della ruvida pietra vulcanica in cui è stata scolpita l'immagine
- racconta l'archeologo della società Mastarna Carlo Casi - Le
tracce di pigmento sono riconoscibili in corrispondenza del collo, sotto il
mento e accanto all'occhio destro. La prosecuzione dello studio consentirà di
stabilire la relazione con la pratica, assai frequente nel mondo antico, di
ricoprire le superfici delle sculture e degli apparati decorativi
architettonici con colori a forti tinte, oggi in gran parte scomparsi". «Questa
è una raffinata testimonianza – spiega ancora il direttore scientifico di
Fondazione Vulci, Carlo Casi - di quella che fu una tradizione propria della
produzione artistica vulcente del VI secolo a.C. In questo periodo botteghe
vulcenti scolpirono sfingi, leoni, pantere, arieti, centauri e mostri marini,
vigili guardiani della quiete eterna dei morti. Ma già intorno al 520 a.C. la produzione di
queste statue venne a cessare, forse nel tentativo di porre un limite alle
ostentazioni di lusso ormai ritenute inopportune».Tutto il Museo è degno di una
visita, perché ogni reperto parla di un
passato che reca le orme della storia che un accurato lavoro rende tangibili.
La mostra sarà aperta al pubblico fino al 31 agosto tutti i giorni dalle ore 11 alle ore 13 e dalle 15 alle 18. Dal 1 settembre al 3 novembre con gli stessi orari ma chiusa il lunedì. L’accesso è compreso nel prezzo del biglietto del Museo Archeologico Etrusco Giovannangelo Camporeale. Info: 0566906366,
email: museimassam@coopzoe.it.
La mostra sarà aperta al pubblico fino al 31 agosto tutti i giorni dalle ore 11 alle ore 13 e dalle 15 alle 18. Dal 1 settembre al 3 novembre con gli stessi orari ma chiusa il lunedì. L’accesso è compreso nel prezzo del biglietto del Museo Archeologico Etrusco Giovannangelo Camporeale. Info: 0566906366,
email: museimassam@coopzoe.it.