domenica 28 aprile 2013


Quale Italia! Quali valori!



Ho vissuto e vivo con ansia questo momento politico, il peggiore a memoria, che ha reso l’Italia un gioco pubblico, meschino e disonorevole di complotti e di inciuci.

Ricordo, quando anni fa, accompagnai i miei studenti di quinta in visita a Palazzo Montecitorio, sede della Camera dei Deputati. Eravamo elettrizzati al pensiero di visitare un’ala del Parlamento e di incontrare le “Istituzioni”. Che si vestisse secondo i convenevoli: giacca e cravatta!. Che ogni comportamento fosse consono al luogo. Così ci avevano raccomandato e ci sedemmo in cima.

La Camera dei Deputati appariva in tutta la sua imponenza e il Liberty colpiva in tutta la sua bellezza ma non altrettanto apparivano i componenti i seggi. La vista non mi entusiasmò. È questa un’altra Italia! Poche presenze, non sufficiente attenzione a chi parlava, più le letture dei giornali. Forte la delusione per il poco rispetto al luogo, da noi in classe esaltato e decantato come qualcosa di profondamente importante da rispettare. Gli studenti erano composti. Nè una parola, nè un gesto, nè un commento. Ma fu difficile al rientro in classe spiegare che purtroppo il Parlamento era diventato altro da come ognuno l’aveva immaginato, che non sempre è lo specchio di una realtà che dovrebbe rappresentare il Paese.

A fronte di quanto è successo, quel giorno mi ritorna in mente. Era già l’inizio di quel disfacimento che oggi si è concretizzato? In questi anni tutto è cambiato specialmente nel rapporto interpersonale di chi dovrebbe rappresentarci e governarci. Gesti e comportamenti disdicevoli annullano la parola “rispetto”. Ogni parola pronunciata in modo inconsulto svilisce la lingua stessa.

Siamo alla deriva e ancora le parole sovrastano i fatti. Il Paese muore affogato nei suicidi, nelle intolleranze, nelle richieste vane, nel cumulo di ricchezze di chi ha preso a piene mani a fronte di una miseria che ci ingoia nella sua disperazione. Non sono più tra i banchi ma ne sento ancora la responsabilità. Che sia stata  un’illusione o una favola antica insegnare i valori nei quali abbiamo creduto e che abbiamo trasmesso? Altri hanno operato per distruggerli e lo strappo lo abbiamo sentito nel cuore in cui pulsa la storia di ciò che siamo stati e il dolore-rancore per ciò che siamo diventati. Mi resta impressa l’immagine dello spumante e della mortadella. Mi resta l’ignominia delle risse e l’esultanza del vendersi e comprare come merce scaduta.  Ci hanno derubato di tutto e calpestato la nostra dignità e mentre il Paese grida di correre ai ripari ancora si complotta, ancora si agisce e solo per vendetta o per il “potere”. A fronte di simili modelli e comportamenti che segnano la nostra vergogna non è più possibile prendere a testimone la Storia e spiegare che l’Italia è un paese nato da lotte, da sacrifici e da ideologie.

 



Lo spettacolo angosciante di questi giorni mi riporta quella visita al Parlamento quando di fronte a una realtà che già si profilava tale quale si è rivelata, non ci rendemmo conto del pericolo in cui stavamo cadendo: una ragnatela che ha soffocato ideologie e aspirazioni e che non consente per gli esempi sbagliati che ci offre di educare e di formare le nuove generazioni. Un' irresponsabilità che non trova nessuna giustificazione.

A distanza di anni il “ragno” ha tessuto l’ordito per un cambiamento che ci ha posti sull’orlo di un baratro senza che nessuno ponesse ripari; un baratro che si allarga e inghiotte ogni speranza di cambiare la rotta in mancanza di un ormeggio che non ha più agganci e che pone  il Paese alla deriva.