giovedì 23 giugno 2011

Il libretto ricevuto in dono




Ore 9,30 di stamattina una piacevole sorpresa per me. Ho ricevuto in dono da Adolfo il libretto “I vespri siciliani”.
Adolfo e Lucia avevano partecipato alla presentazione del mio libro Addio mia bella addio. La storia del Risorgimento tra parole, immagini e musica.

Adolfo mi ha detto:- Siamo andati alla Fortezza, e cercando, abbiamo trovato questo libretto; memori di quanto ascoltato durante la presentazione, io e Lucia abbiamo pensato a te-.
Quale dono più bello? Quale pensiero più gradito?

Per il dono inaspettato e gratificante, ringrazio commossa e dedico a  Lucia e Adolfo queste pagine, tratte dal testo:
Il suon d’ogni squilla I Vespri suonò… Così Mameli richiama nel suo “Inno” un episodio di storia medievale, periodo a cui fece ricorso il Risorgimento per parlare di Libertà e di Amor Patrio.

Il 13 giugno 1855, andò in scena all’Opéra di Parigi, l’opera “I Vespri siciliani”, composta in Francia da Giuseppe Verdi, su libretto di Eugène Scribe e Charles Duveyrier. Il libretto parla della lotta sostenuta dai siciliani contro i francesi.

Si inserisce nel contesto la storia amorosa  di Elena, nobildonna patriota siciliana e di Arrigo, che simpatizza per i siciliani, ma che scopre di essere figlio di Manforte, governatore francese. Tutto però sembra risolversi in un’apparente pacificazione, quando Giovanni da Procida (1210-1298), capo dei ribelli, dà inizio alla rivolta. Nel clima di euforia che investiva l’Italia, i patrioti si identificarono nella vicenda e la trama dell’opera diventò manifesto delle loro aspirazioni:

Elena :
Coraggio, su coraggio, / del mare audaci figli; /si sprezzino i perigli; /è il gemere viltà! / Al ciel fa grave offesa chi manca di coraggio; /osate! e l’alta impresa /Iddio proteggerà! E perché sol preci ascolto? /Perché pallido è ogni volto? /Nel più forte del cimento Voi tremate di spavento? /Su, su, forti! al mugghiare dell'onda /e agli scrosci del tuono risponda, /si desti il vostro ardor, /invitti cor!
Coro di siciliani:
A quel dir ogni ardor / si destò, nel mio cor / sospirar è viltà!/ L’onta ria vendichiam, / il servir disprezziam, / e con noi Dio sarà.
(Atto primo, Scena III).



Giovanni da Procida: O patria, o cara patria, alfin ti veggo! / L’esule ti saluta /dopo sì lunga assenza; /il tuo fiorente suolo /bacio, e ripien d'amore /reco il mio voto a te, col braccio e il core! /O tu, Palermo, terra adorata, /de' miei verdi anni riso d’amor, / alza la fronte tanto oltraggiata, /il tuo ripiglia primier splendor! / Chiesi aita a straniere nazioni, /ramingai per castella e città: /ma, insensibili ai fervidi sproni, rispondeano con vana pietà! / Siciliani! Ov’è il prisco valor? Su, sorgete a vittoria, all'onor!
(Atto secondo, Scena I).

La guerra del Vespro
La guerra del Vespro fu una rivolta popolare scoppiata a Palermo nel 1282. In Sicilia dominavano, dal 1266, gli Angioini, dinastia francese subentrata agli Svevi, dopo la sconfitta di Manfredi (di Svevia) da parte di Carlo d’Angiò. I soldati francesi, all’ora vespertina del 31 marzo 1282, arrecarono offesa a una donna mentre andava in chiesa. Questa, (come si narra), fu la causa che fece scoppiare la rivolta popolare nei confronti degli Angioini e che sfociò in una guerra che durò vent’anni. I siciliani furono aiutati da Pietro III d’Aragona e nel 1302, con la pace di Caltabellotta, la Sicilia passava dalla dominazione angioina a quella aragonese.
L’episodio dei Vespri, nell’ottica risorgimentale, acquistava il significato simbolico di rivolta contro lo straniero dato che l’Italia, nell’Ottocento, era ancora suddivisa in tanti stati e staterelli, dominati da dinastie o potenze straniere.

La rivolta di Palermo
Era la mattina del 9 gennaio 1848 quando apparve sui muri della città di Palermo un Manifesto che invitava il popolo alla rivolta: Siciliani! - diceva- il tempo delle preghiere inutilmente passò. Inutili le proteste, le suppliche, le pacifiche dimostrazioni. Ferdinando tutto ha sprezzato. E noi popolo nato libero, ridotto fra catene e miseria, tarderemo ancora a riconquistare i legittimi diritti? All’armi, figli della Sicilia!.



Francesco Hayez, I vespri siciliani, 1822

Andava in chiesa una giovane avvenente - scrive Michele Amari - e di aspetto signorile coi parenti e col marito. Droetto, familiare del giustiziere, le si fa incontro per cercare armi, le caccia la mano in petto: secondo Niccolò Speciale l’insulto fu più grave. A tanto oltraggio la donna stava per svenire e la sostenne il marito, mentre in un baleno un giovanotto, strappata dal fianco di Droetto la spada gliela immerse nel ventre. I presenti urlarono “Muoiano i francesi” e il grido, come voce di Dio, dice uno scritto di allora, tuonò per tutta la campagna. Con sassi, coltelli, bastoni si buttano addosso ai francesi.

( Michele Amari (1806-1889), da Il racconto popolare del Vespro siciliano, 1882 ).



Retro del libretto

Anna Lanzetta