giovedì 15 settembre 2011

Viaggiando con artisti e letterati 3, La Locride





«La regione più misteriosa ed inesplorata d’Italia», così Corrado Alvaro definiva la Calabria, tale è la Locride, terra di misteri, di tradizioni, di arte e di storia.

La Locride o “Riviera dei gelsomini”,  così denominata per la produzione del profumatissimo fiore che veniva coltivato nel tratto di costa compreso tra Brancaleone e Siderno, è situata lungo l’alto Jonio della provincia di Reggio Calabria e comprende 42 comuni che vanno da Palazzi a Monasterace.
La Locride,  luogo affascinante e suggestivo, posto tra l’Aspromonte e il mare Ionio, è per il visitatore un tuffo nella Magna Grecia. I resti di palazzi gentilizi, le chiese restaurate, i mosaici, i reperti archeologici, il bellissimo museo di Locri testimoniano la storia di città una volta fiorenti per il commercio, l’artigianato, ma i palazzi abbandonati testimoniano oggi un mutamento molto triste.
Il territorio montuoso, a tratti brullo, a tratti nudo, a tratti verdeggiante, si apre tra i monti e il mare Ionio, con un paesaggio bellissimo in cui distese di fichi d’india coprono i versanti dei monti a perdita d’occhio.

Tra questi monti, la natura appare incontaminata e rara è la presenza umana.



Le guglie, denominate le “Dolomiti del Sud”, dominano un territorio impervio ma stupendo, in cui si trova Canolo, da Kanalos-canale, circondato da cave di pietra rossastra. Territorio antichissimo con un’interessante zona archeologica dove sono stati rinvenuti reperti risalenti al neolitico, tra cui ceramiche e armi rudimentali di pietra levigata.



Le fiumare solcano il territorio come un lungo sentiero fino al mare.


«La furia delle acque sul versante più spoglio, lo Ionio, allarga i letti dei torrenti di anno in anno, divorando ettari di colture ricche, e questi fenomeni si registrano fino a quando le alluvioni grandiose non compiono l’opera creando un cataclisma e mutano addirittura la configurazione del terreno, spianano monti, preparano il crollo dei paesi sulle pendici dei monti».

«Non è bella la vita dei pastori in Aspromonte, l’inverno, quando i torbidi torrenti corrono al mare, e la terra sembra navigare sulle acque». È l’inizio di "Gente in Aspromonte", il romanzo in cui lo scrittore Corrado Alvaro così descrive quelle ampie vallate riempite di ghiaia e ciottolate che solcano il territorio più meridionale della Calabria. Le fiumare danno un colore particolare al paesaggio, come striature-scorticature bianche fatte sul verde della campagna o sul bruno delle montagne. Le fiumare rappresentarono nel passato le prime vie di penetrazione verso l’interno. (Alfonso Picone Chiodo)


 

Nel territorio di Bivongi, si trova la maggiore attrazione del luogo: la piccola basilica di San Giovanni Therestys dell’XI sec., dedicata al santo che operò nella vallata dello Stilaro, oggi ripristinata all’antico culto dei monaci ortodossi provenienti dal Monte Athos in Grecia.

Il monastero si sviluppò nel periodo normanno e divenne uno dei più importanti monasteri basiliani del Meridione d'Italia, mantenendo splendore e ricchezza sino al XV secolo. I suoi monaci erano molto dotti e possedeva  ricchi tesori e una vasta biblioteca.

La basilica si presenta come chiesa bizantina, ma con dimensioni normanne.
L'interno oggi è nuovamente adornato di icone, pitture, affreschi e preziosi arredi sacri come l'iconostasi e lo splendido e grandissimo lampadario in oro nella navata centrale, con una grande base di dodici lati, su ognuno dei quali è raffigurato un apostolo.

Sino agli inizi dell'XI secolo, la Calabria fu sotto il dominio bizantino il quale  consentì  che la regione   conservasse la cultura e la lingua greca e che nel territorio si sviluppasse il cristianesimo di rito bizantino. Pertanto l'Italia meridionale divenne in quei secoli una delle principali mete dei monaci ortodossi provenienti dall'oriente, soprattutto a partire dal VII secolo, dopo la lotta degli iconoclasti. In Aspromonte sorsero molti monasteri, e vi furono parecchi santi italogreci.

continua
Foto di Anna Lanzetta